Povertà alimentare non è semplice assenza di cibo in quantità sufficiente, ma è un fenomeno che intreccia «economia, spazi di vita, salute e legami sociali». È questo il contenuto del rapporto “Quando il cibo non basta - Vivere la povertà alimentare al Tufello (Roma) tra cura, solitudine e rinunce” realizzato dall’associazione ambientalista Terra!, che prova a raccontare – tramite le testimonianze della cittadinanza – l’evoluzione del concetto di povertà alimentare nei paesi ad alto reddito.

Il report viene pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione e sottolinea come la povertà alimentare non significa solo non avere la possibilità di accedere a un’alimentazione sana, sicura e culturalmente appropriata.

Come racconta il report di Terra!, vuol dire anche «non avere lo spazio per cucinare insieme, non poter invitare un amico a cena, non poter festeggiare un compleanno con una torta». Nei paesi ad alto reddito, infatti, la povertà alimentare non si manifesta come fame estrema ma può tradursi in «stress cronico, isolamento, interiorizzazione dello stigma e perdita di autonomia».

«Affrontare la povertà alimentare vuol dire ripensare il modo in cui produciamo, distribuiamo e viviamo il cibo» - dichiara Eleonora Cavallari, condirettrice di Terra! - «Ecco perché un’associazione ambientalista impegnata nella transizione ecologica del cibo deve occuparsene». La povertà alimentare è infatti spesso il riflesso di una condizione di precarietà più ampia che riguarda i bassi salari, i prezzi alti del cibo e le debolezze del welfare.

Lo studio

Il report è diviso in due parti. La prima è dedicata a un’analisi della povertà alimentare da un punto di vista concettuale, che dimostra come «nei paesi ad alto reddito si sia passati da un approccio sulla produzione di cibo a uno di tipo multidimensionale, che unisce accesso, utilizzo, stabilità, sostenibilità e dignità».

La seconda raccoglie invece le testimonianze di donne, anziani e adolescenti che vivono sulla loro pelle le conseguenze della povertà alimentare. I loro racconti servono a mettere in luce come quella condizione non sia solo una forma di esclusione dal cibo ma, in senso lato, dalla partecipazione sociale e dalla dignità.

Gli intervistati risiedono nel quartiere Tufello, terzo municipio di Roma, tra i territori più vulnerabili della città da un punto di vista sociale.

I due aspetti valutati da Terra! sono, secondo Cavallari, «due assi fondamentali per comprendere che la povertà alimentare non è solo scarsità di cibo, ma privazione dei diritti, di un’identità, di una vita e di relazioni».

Perciò, come ribadisce la condirettrice: «Occuparsene significa intrecciare due piani che il più delle volte restano separati: trasformare il modello agroindustriale e tutelare i diritti delle persone, riconoscendo che il cibo non è solo merce, ma relazione, cultura e possibilità di futuro».

Cambiamenti

Con un focus sull’Italia, il report mette in luce come la percezione e la gestione della povertà alimentare siano cambiate negli ultimi decenni, in particolare evidenziando due momenti chiave: la crisi economica del 2007-08 e la pandemia da Covid-19.

Con la crisi finanziaria, nel nostro paese sono emersi i «nuovi poveri», cioè famiglie monoreddito, lavoratori precari o con salari insufficienti, migranti regolari. Ma è a partire dalla pandemia che finalmente si è iniziato a definire il cibo come un diritto, e non più solo come un bisogno. Un cambio di approccio che, tuttavia, non è andato di pari passo con l’azione delle istituzioni, il cui sistema si basa ancora sull’approvvigionamento delle risorse, quindi sulle donazioni di eccedenze alimentari, ignorando tutto ciò che riguarda la prevenzione delle cause del fenomeno. Per questo motivo servono nuove strategie di intervento per contrastare la povertà.

Vissuti dal Tufello

In Italia la povertà alimentare è un fenomeno molto più diffuso di quanto si pensi e spesso invisibile. Non si manifesta come fame estrema, ma come «fragilità quotidiana fatta di compromessi», che può significare rinunciare a un pasto per pagare le bollette o non invitare un amico o un’amica a cena per senso di imbarazzo. Questo è quello che emerge anche dall’indagine condotta sul territorio nel quartiere Tufello di Roma. Un municipio con numerose criticità, dalla precarietà economica alla mancanza di reti di supporto, nonostante il territorio goda di una buona capacità di risposta comunitaria come il servizio del portierato sociale che intercetta bisogni sommersi e orienta ai servizi, o le reti solidali come l’Emporio solidale del centro sociale Astra e le iniziative parrocchiali o l’emporio della Croce Rossa.

Le testimonianze

Ai partecipanti è stato chiesto della loro organizzazione domestica legata al cibo e alla cura della famiglia, ma anche delle difficoltà ad acquistare cibo e degli strumenti messi in atto per superarle.

Come racconta Monica Palladino, tra le autrici del report, «le loro voci raccontano come la povertà alimentare attraversi la vita quotidiana, generando vergogna, preoccupazione e isolamento». Una condizione complicata per tutte le categorie sociali, perché per le donne, si tramuta spesso in «fatica e responsabilità, ma anche memoria e identità» e nel caso degli anziani povertà alimentare significa anche senso di solitudine e dover scegliere tra il cibo e le altre spese. Per gli adolescenti, invece, «può significare esclusione sociale, in bilico tra desideri e possibilità».

«Io rinuncio a tutto per mio figlio», «ho rinunciato al cioccolato per comprare i noodles a mia figlia», raccontano alcune donne intervistate. «Quando si è soli, passa la voglia di mangiare» dice un anziano. «Mia madre ha scoperto la Lidl e usa anche l’app per le offerte», dice un altro intervistato. «Usiamo Too Good To Go. Una volta ci siamo fatti la cena con 5 euro», dichiarano, invece, alcuni giovani intervistati.

La povertà alimentare, quindi, non è solo scarsità di cibo, ma anche l’impossibilità di vivere una vita piena. Non è un fenomeno che può ridursi a una logica caritatevole ma deve ampliarsi a un «orizzonte di giustizia alimentare» affinché «dignità e accesso equo siano parte integrante delle politiche pubbliche».

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