Napoli e Firenze ma anche sedi più piccole, come Imperia, Pavia e Trento. Da settimane la nomina dei prefetti di alcune città italiane è bloccata per questioni politiche. L’attesa dei risultati delle elezioni amministrative e il conflitto tra il leader della Lega, Matteo Salvini, e la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, hanno creato le condizioni per rimandare la sostituzione di chi è andato in pensione. Un blocco che crea instabilità nelle prefetture e che rischia di complicare la gestione dell’ordine pubblico.

Aspettando i ballottaggi

Il problema delle sedi prefettizie vuote non è nuovo. L’abitudine di non coprire le sedi all’atto del pensionamento del prefetto si è diffusa da tempo e va ricondotta a «una deriva personalistica», dice un’autorevole fonte del Viminale. In vista del pensionamento di un prefetto si risvegliano «una serie di appetiti politici, sia a livello locale che nazionale», che impediscono di programmare per tempo la sostituzione. È quello che è successo dopo il pensionamento del prefetto di Napoli, Marco Valentini. Lamorgese ha fatto sapere che il suo sostituto sarà Claudio Palomba, attuale prefetto a Torino.

Una designazione che ha innescato un effetto a cascata, in tutto dovrebbero essere una decina gli interessati. Lamorgese ha preparato un pacchetto che deve essere approvato in Consiglio dei ministri, ma la coincidenza con la campagna elettorale in alcune delle città coinvolte ha consigliato prudenza e il rinvio della questione. Il nodo più intricato è quello del capoluogo piemontese, dove si deve ancora votare per il ballottaggio e la Lega «vorrebbe una golden share sulla nomina», scriveva La Stampa lo scorso 4 ottobre. Così si preferisce aspettare e calibrare la scelta del nuovo prefetto in base al responso delle urne.

L’ordine pubblico

Questa situazione di incertezza rischia di avere effetti concreti sulla gestione dell’ordine pubblico. Il punto più fragile riguarda gli equilibri tra il prefetto, che dà gli indirizzi in materia, e il questore, a cui spetta il compito di attuarli. Emblematico è il caso di Firenze, altra città che attende un nuovo prefetto. Il candidato favorito sarebbe l’attuale prefetto di Trieste, Valerio Valenti, inviso ad alcuni ambienti politici e amministrativi locali. In questo momento nel capoluogo toscano mancano sia il prefetto che il suo vicario. Se domattina una manifestazione dovesse degenerare, chi ne risponderebbe? A rappresentare lo stato sarebbe il questore, vale a dire l’organo tecnico?

Se manca la figura apicale rischia di andare in crisi l’intero sistema. Al prefetto, infatti, spetta anche il compito di convocare – una volta a settimana – il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. In caso di sua assenza, l’incombenza passa al vicario. Ma se dal punto di vista formale la cosa è lecita, un meccanismo di questo tipo influisce negativamente sulla catena di comando: a lungo andare, il fatto che le decisioni siano prese dal vicario anziché dal prefetto trasmette un segnale negativo ai sottoposti. La credibilità dei due ruoli non può essere la stessa.

La piazza di Roma

L’incertezza alimenta anche una certa opacità sui rapporti tra prefettura e questura e favorisce lo scarico di responsabilità quando la situazione degenera. Alcune scelte in materia di ordine pubblico appaiono così discutibili. È il caso della manifestazione No-green pass di sabato scorso, con l’assalto alla sede della Cgil e l’arresto di 12 persone, tra cui i leader di Forza nuova. E delle accuse di inadeguatezza al piano di gestione della piazza elaborato dalla prefettura.

Domenica il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto di Salvini al ministero dell’Interno, ha spiegato la scelta della linea morbida con i manifestanti di piazza del Popolo. «Abbiamo analizzato la protesta nella riunione settimanale del Comitato per l’ordine e la sicurezza, svoltasi il venerdì precedente. Solo nelle ultime ore prima dell’evento abbiamo rilevato un livello della partecipazione molto elevato, con l’arrivo di gruppi organizzati di facinorosi», si legge in una nota della prefettura.

Un’ammissione che le adunate dei violenti non erano state previste: l’accerchiamento a palazzo Chigi ha colto di sorpresa l’apparato di sicurezza. In questi casi il prefetto decide la strategia in base alle informazioni che gli vengono fornite dai servizi e dai reparti operativi dei carabinieri, e nella riunione dell’8 ottobre Piantedosi ha ricevuto numeri molto diversi rispetto a quelli del giorno seguente.

«Se ti dicono che ci saranno 2mila persone è una cosa, se ti dicono 10mila è un’altra. Se ti dicono che ci sono gli autonomi è una storia, se c’è CasaPound un’altra ancora», spiega una fonte dell’ambiente prefettizio. In sede di Comitato c’è stato un deficit informativo che ha avuto conseguenze gravi. Da quel momento la gestione dell’evento è passata al questore di Roma, Mario Della Cioppa, che ha scelto come muoversi sul campo. Cercando di limitare i danni.

 

© Riproduzione riservata