Il “professore Scaglione” può stare tranquillo. E continuare a fare il governatore della Sicilia senza che qualcuno, di tanto in tanto, gli ricordi in quale brutto giro di spioni era finito. Tanto fra un po’ se la farà franca, deve avere solo pazienza sino a novembre perché a Caltanissetta i giudici (naturalmente senza volerlo) gli hanno fatto un grande favore. Diciamo che sono stati pasticcioni e non si sono tirati bene i conti.

Cominciamo a spiegare chi è il fortunatissimo imputato, alla sbarra da cinque anni e oramai sul filo della salvifica prescrizione. Per chi ancora non lo sapesse il “professore Scaglione” è il nome in codice – così viene menzionato nelle agende di uno 007 e in alcune intercettazioni – dell’ex presidente del Senato Renato Schifani, accusato di concorso in associazione a delinquere semplice e rivelazioni di notizie riservate per avere provato, in combutta con l’ex direttore del servizio segreto interno Arturo Esposito e un paio di altri misteriosissimi personaggi, a rubare informazioni segrete custodite in una procura della repubblica. Niente male per uno che poi è stato eletto a furor di popolo presidente della regione siciliana.

L’intelligence clandestina

Il processo è quello contro Antonio Calogero Montante detto Antonello, l’ex vicepresidente di Confindustria che aveva messo su una centrale clandestina di intelligence ricattando amici e nemici, un imprenditore double face adorato dai magistrati delle procure anche se nel suo passato era stato “nel cuore” di un consigliori della Cupola. Misteri dell’antimafia.

Il “professore Scaglione” era in mezzo a questa brodaglia con Angelo Cuva, stimatissimo tributarista palermitano legato a generali dell’Arma dei carabinieri e della Finanza, gente che dopo lo scandalo Montante, condannato in primo grado a 14 anni con rito abbreviato e 8 in appello, invece di finire in un sottoscala di qualche caserma per non nuocere più ha fatto incredibilmente carriera. Puzza di club molto esclusivi.

I miracolati

Torniamo però al “professore Scaglione” e alla prescrizione che lo salverà. La legge è legge anche per lui, il dibattimento dove è imputato è andato avanti al rallenty nonostante il peso dei rinviati a giudizio, una trentina, la crema della burocrazia regionale, l’ex governatore Rosario Crocetta con un paio di suoi assessori, funzionari del ministero dell’Interno, imprenditori. Risultato: prescrizioni a raffica. Gli ultimi beneficiati sono stati l’ex direttore della Direzione investigativa antimafia Arturo De Felice e il colonnello della Finanza Gaetano Scillia, la lista dei miracolati però è molto più lunga e comprende per alcuni capi di imputazione lo stesso Montante, la sua amica Linda Vancheri, un paio di dirigenti siciliani di Confindustria e un maggiore dei carabinieri che però ha rinunciato al bonus.

È il fallimento della giustizia. Dopo un’indagine lunghissima e complicatissima tutto si è perso nei labirinti del tribunale di Caltanissetta. Dibattimento esasperatamente lento, due tronconi riunificati «per ragioni di economia processuale», un calendario delle udienze riveduto quando era troppo tardi.

La colpa non se la prenderà nessuno e non la daranno a nessuno. Si sa, sono magistrati e la giustizia per loro è a volte un po’ più giusta che per gli altri. Ma “ammazzare” pubblicamente un processo non è cosa da poco, soprattutto se alla sbarra ci sono quegli imputati. Tutto è avvenuto quasi sotto silenzio. Resta comunque una sgradevole sensazione, un piccolo fastidioso dubbio. Perché, pur avendo tempo e modi per prevederne il finale, a Caltanissetta è andata in scena la prescrizione di massa? Non sappiamo se ci sono agli atti “note interne” fra i capi degli uffici del tribunale per segnalare la mancanza di magistrati o di sezioni per giudicare i favoreggiatori di Montante, non sappiamo se c’è stata una corrispondenza con il ministero della Giustizia per rappresentare la situazione di sofferenza, sappiamo che a Caltanissetta questo processo è stato svuotato e svilito.

Solo un colpevole

Con le responsabilità di ogni nefandezza scaricate addosso al singolo, in questo caso al pittoresco e sguaiato Calogero Antonello Montante, al momento unico protagonista e unico condannato di una vicenda di intrighi ad altissimo livello. È la narrazione di un uomo solo al comando, si sente ormai dire in giro: «Ad un certo punto Antonello è uscito pazzo e ha fatto quello che ha fatto». Non c’era nessun “sistema”, solo la sua rapacità. Certi procuratori passavano alla sua corte per caso, come alcuni questori o alcuni ministri dell’Interno, come un paio di presidenti del consiglio, reucci della monnezza e della grande distribuzione.

È la solita Italia, quella dei capri espiatori. Il cattivo Salvatore Buzzi perfetto per Mafia capitale, Luca Palamara per le vergogne dei giudici, il cattivissimo Calogero Montante perfetto per l’Anonima ricatti.

Fra non molto ci toccherà pure difendere un pescecane siciliano dall’ignavia dei suoi vecchi amici, quelli che c’erano ma che ora fanno finta di niente.

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