Continua con la sua 22esima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.

Tredici consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose anche nel 2021, per un totale di 364 decreti di scioglimento emanati dal 1991, anno dell’introduzione nel nostro ordinamento della normativa, oggi compiutamente disciplinata dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali (Tuel).

La media è inquietante: da 30 anni le organizzazioni criminali provocano lo scioglimento di (almeno) un Ente locale al mese. Non solo Comuni – tra cui due capoluoghi di provincia come Reggio Calabria (2012) e Foggia (2021) – ma anche sette Aziende sanitarie locali ed ospedaliere.

Nel 2021 sono stati colpiti da provvedimento dissolutorio i Comuni di Squinzano (Lecce), Guardavalle (Catanzaro), Carovigno (Brindisi), Barrafranca (Enna), Marano di Napoli (Napoli), San Giuseppe Jato (Palermo), Villaricca (Napoli), Foggia, Nocera Terinese (Catanzaro), Simeri Crichi (Catanzaro), Rosarno (Reggio Calabria), Calatabiano (Catania) e Bolognetta (Palermo).

Nella lista sono presenti Enti locali già sciolti per mafia in passato come Guardavalle (2003), Villaricca (1994), Rosarno (1992 e 2008), Calatabiano (2000), fino ad arrivare al caso estremo di Marano di Napoli, giunto al quarto scioglimento dopo quelli del 1991, 2004 e 2016.

Ad oggi il 96 per cento degli scioglimenti si è verificato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa - nell’ordine Calabria, Campania, Sicilia e Puglia -, ma il fenomeno è da tempo emerso su scala nazionale, avendo coinvolto altri 13 Enti locali in 7 regioni (Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Lazio e Basilicata), sia in epoca recente - Saint Pierre, in provincia di Aosta, sciolto nel 2020 - che nei primi anni di applicazione della legge (Bardonecchia, in provincia di Torino, sciolto nel 1995).

Dopo la mafia, il dissesto

Il riflesso di queste infiltrazioni è drammatico: non solo una lunga sospensione del processo democratico, dovendo l’Ente locale passare da una gestione commissariale straordinaria che può protrarsi fino a 24 mesi, ma il condizionamento mafioso fa sentire i suoi devastanti effetti per anni.

«La verifica disposta sui consigli comunali sciolti ha messo in luce che circa un terzo dei Comuni destinatari del provvedimento versa in condizioni di deficit finanziario e ha dichiarato il dissesto o si è avvalso della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, dato tanto più significativo se si considera che, tra tutti i comuni italiani, quelli che nel 2020 risultano essere in dissesto o in riequilibrio finanziario rappresentano circa il 5 per cento del totale» scriveva lo scorso mese di maggio il ministero dell’Interno nella Relazione sull’attività svolta dalle Commissioni per la gestione straordinaria degli Enti sciolti per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso.

Dissesto che finisce per ripercuotersi sulla qualità di vita dei cittadini: uno studio realizzato dagli economisti Marco di Cataldo e Nicola Mastrorocco dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dimostra come le amministrazioni condizionate dalle organizzazioni criminali spendano maggiormente nei settori edilizia e rifiuti – non a caso due settori particolarmente appetibili per le mafie nostrane - e investano meno in trasporto pubblico, polizia municipale, illuminazione pubblica. Inoltre incassano meno tasse comunali.

Se poi spostiamo l’attenzione sulla salute pubblica, lo scenario è ancora più preoccupante. In Calabria, la cui sanità è commissariata da oltre un decennio, ben due Aziende Sanitarie Provinciali sono da poco uscite da altrettante gestioni commissariali, seguite a riconosciute infiltrazioni criminali.

Le due Asp - Reggio Calabria e Catanzaro - che coprono complessivamente 177 Comuni per quasi un milione di abitanti, versavano in condizioni disastrose: a Reggio Calabria i soli interessi legali e moratori, legati alla gestione scomposta ammontavano a circa 400 milioni di euro, mentre a Catanzaro la commissione straordinaria aveva segnalato i presupposti per la dichiarazione di dissesto finanziario.

Proposte per riformare la legge

Tali conseguenze si amplificano in territori ad alta densità mafiosa, in cui l’Ente locale finisce talvolta per entrare in un circolo vizioso, di scioglimento in scioglimento. Sono infatti 71 le Amministrazioni locali che hanno subito più di un provvedimento dissolutorio nel corso di 30 anni di applicazione della legge.

Un dato che riflette una criticità legata all’attuale normativa. Da diversi anni infatti si parla di una riforma, annunciata ma mai approvata.

Nel corso dell’attuale legislatura, la I Commissione Affari costituzionali della Camera aveva avviato nel settembre 2019 l’esame delle proposte di legge volte a modificare alcune disposizioni del Testo unico degli enti locali (Tuel), di cui al D.Lgs. 267/2000. Dopo un avvio promettente, l’iter si è arenato e non risultano attività parlamentari in merito da un anno. Nel corso dei lavori condotti nel 2019, Avviso Pubblico era stata audita dalla Commissione, presentando alcune proposte in merito, di seguito sintetizzate:

  • Un ampliamento delle attuali forme di trasparenza relative all’iter che porta allo scioglimento di un ente locale. Assieme alle relazioni del Ministro dell’Interno e del Prefetto, dovrebbero essere accessibili all’opinione pubblica anche quelle redatte dalle Commissioni di accesso. E ciò anche nell’eventualità in cui non si proceda allo scioglimento, in modo tale da esplicitare le ragioni che hanno determinato l’archiviazione e sollecitare le forze politiche a rivolgere maggiori attenzioni alle zone d’ombra comunque emerse.
  • Dare risalto alle concrete misure di risanamento adottate dalle commissioni straordinarie, consentendo così di chiarire alla cittadinanza le tappe del processo di ripristino della legalità nei differenti contesti.
     
  • Prevedere una forma di comunicazione ufficiale dell’avvio della procedura di accesso, anche per mezzo del semplice invio di un’apposita comunicazione alle Camere e concedendo al Sindaco la facoltà di inviare una memoria scritta contenente possibili controdeduzioni.
     
  • Adottare misure tese a dotare i commissari di personale aggiuntivo e/o sostitutivo, ipotizzando un sistema di rotazione da applicare non all’interno di un singolo ente, bensì tra enti diversi.
     
  • Estendere la fattispecie dello scioglimento alle società partecipate da Regioni ed Enti locali e ai consorzi pubblici anche a partecipazione privata.
     
  • Riprendere gli spunti elaborati dalla Commissione Antimafia, nella relazione conclusiva della precedente legislatura, in cui viene proposto di inserire nell’ordinamento la cosiddetta “terza via”, un’alternativa per i casi meno gravi di condizionamento mafioso dell’ente locale e che si situa nel mezzo tra l’archiviazione - quando la commissione d’accesso, pur ravvisando alcuni elementi critici, ritiene che non siano sufficienti per decretare il provvedimento dissolutorio - e lo scioglimento.

Il tutto anche alla luce della sentenza 195/2019 della Corte Costituzionale che ha fissato dei paletti all’interno del quale il legislatore può muoversi, senza incidere sull’autonomia degli Enti locali.

Oggi più che mai, anche in previsione dei fondi del pnrr che saranno destinati agli Enti locali, diventa necessario agire per dotare i Comuni di strumenti aggiornati per prevenire le aggressioni mafiose. Lasciare terminare l’attuale legislatura senza aver discusso la riforma sopra citata è un rischio che non possiamo permetterci di correre.

Sul sito di Avviso Pubblico, nell’apposita sezione dedicata al tema, sono disponibili mappe interattive, graficitabelle e statistiche sempre aggiornate. Il prossimo mese di gennaio l’Associazione pubblicherà un dossier di approfondimento relativo agli scioglimenti decretati nel 2021. 

© Riproduzione riservata