Per più di due mesi i piani delle regioni per riorganizzare gli ospedali sono rimasti a prendere polvere nelle mani della struttura del commissario all’emergenza Domenico Arcuri. Due mesi che erano anche il periodo migliore per rinnovare le strutture ospedaliere svuotate grazie al rallentamento estivo dei contagi e disporre nuove sale di terapia intensiva e sub intensiva. Le gare per i lavori di ristrutturazione sono partite solo a ottobre. Le regioni che si sono attrezzate riorganizzando gli ospedali lo hanno fatto con fondi propri o cercando di adeguare vecchie strutture non utilizzate, improvvisando nuovi posti letto in vista della seconda ondata.

Il 19 maggio si era appena concluso il periodo più duro delle misure restrittive imposte dal governo. E con queste l’onda lunga del contagio che ha messo sotto pressione gli ospedali e saturato le strutture delle regioni più colpite dalla pandemia. Il governo decide allora di intervenire.

Il decreto legge 34 dà 30 giorni di tempo alle amministrazioni regionali per riorganizzare il numero di posti letto in terapia intensiva. L’obiettivo è portarli in tutta Italia a 14 ogni 100 mila abitanti. L’ultimo obiettivo fissato per legge nel 2015 era sette. Per alcune regioni significa raddoppiare i posti a disposizione per affrontare l’emergenza. Il governo stanzia 1,1 miliardi per i piani di riorganizzazione e quasi tutte le venti regioni rispondono alla chiamata nei tempi previsti.

Al ministero della Salute hanno appuntato tutte le date con precisione. I documenti interni che abbiamo consultato provano che diciotto regioni hanno progettato la riorganizzazione degli ospedali nel giro di un mese e consegnato il programma al governo entro la scadenza. Il ministero chiede però ad alcune amministrazioni regionali di integrare i progetti. Entro il 17 luglio, a meno di due mesi dal decreto del governo, tutti e venti i piani regionali sono integrati e aggiornati ed entro il 24 luglio sono tutti approvati. Poi viene avviata la seconda parte dell’iter burocratico: i progetti vengono inviati da una parte agli uffici centrali di bilancio e alla Corte dei conti, dall’altra alla struttura del Commissario Domenico Arcuri.

Il manager riceve già il 3 luglio i piani di sei regioni e cioè di Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Marche e Umbria, del Veneto e delle due province di Trento e Bolzano. L’ultimo piano, quello della Campania, gli viene trasmesso il 24 luglio. Intanto il 29 luglio la Corte dei conti termina la sua parte. Secondo i documenti del ministero della Salute, a fine mese le regioni vengono informate dell’avvenuta bollinatura.

Alcune regioni che abbiamo contattato dicono di aver avuto notizia dell’approvazione del piano entro la prima metà di agosto. A questo punto sarebbero potuti partire i lavori. Invece i piani restano fermi. Dalla presidenza della regione Abruzzo spiegano che le amministrazioni locali hanno sollevato più volte la proposta di avere la delega dal commissario all’emergenza per poter gestire autonomamente la riorganizzazione e iniziare i lavori. All’Abruzzo spettavano 19 milioni di euro.

Alcuni cantieri erano stati già avviati dalle Asl prima della presentazione del piano e quindi hanno potuto accedere ai rimborsi. Per avviare le nuove gare il presidente della regione Marco Marsilio ha atteso la delega del commissario all’emergenza.

Giovanni Monchiero, coordinatore della task force che ha messo a punto il piano del Piemonte conferma: «Il nostro piano è stato approvato dal ministero della Salute il 13 luglio e tutte le procedure sono state fatte entro la scadenza, poi chi doveva agire era il commissario straordinario».

Solo il 9 ottobre, cioè due mesi e dieci giorni dopo la data in cui la corte dei conti ha registrato l’ultimo progetto, il commissario che pure stava distribuendo i ventilatori, ha firmato le ordinanze di delega ai presidenti di regione che come Marsilio hanno chiesto di gestire in prima persona i progetti di adeguamento degli ospedali. Lo stesso giorno, Arcuri ha firmato le nomine per le regioni che non avevano chiesto la delega come il Piemonte, affidando la gestione alle aziende sanitarie locali e alle aziende ospedaliere interessate dai lavori.

L’Abruzzo ha oggi 123 posti di terapia intensiva in totale. Le gare legate alle ristrutturazioni si sono concluse il 15 ottobre e sono stati creati sette nuovi posti.

L’Emilia Romagna è vicinissima all’obiettivo indicato dal governo, ma si era mossa in anticipo, già ad aprile infatti il presidente Bonaccini inaugurava un nuovo hub delle terapie intensive da 146 posti dedicati alla cura dei malati di covid, grazie a fondi regionali, più una quota di fondi governativi destinati alla creazione di strutture sanitarie provvisorie.

In Piemonte in attesa dell’avvio dell’intervento commissariale si sono arrangiati con quello che avevano. Il piano presentato al ministero della Salute prevedeva 299 posti in più in terapia intensiva. Ma in primavera gli ospedali erano riusciti a raddoppiare la loro capacità di accoglienza passando da 300 a 600 posti per le cure intensive. I nuovi letti sono stati ricavati in locali vuoti, camere operatorie, con pareti e condizioni provvisorie. «Ora è difficile svuotare questi reparti per sistemare le cose, avremmo potuto andare al di là della legge», dice Monchiero «ma non avevamo alcun interesse a non rispettare la legge».

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