Le rivelazioni dell’inchiesta di “Spotlight” in onda da stasera su Rainews24, sulle vittime della sommossa del carcere di Modena realizzata dalle giornaliste Rai Giulia Bondi e Maria Elena Scandaliato.

«Il procuratore ci ha detto che è stata aperta un’indagine, il primo dicembre». A parlare è Najet, la moglie di Lotfi ben Mesmia, uno dei 9 detenuti morti nella rivolta del carcere di Modena l’8 marzo 2020. Siamo a Tunisi, all’ingresso del tribunale di prima istanza. In mano Najet ha un documento, che protocolla la sua richiesta di accesso agli atti.

Sarebbe la prova che anche la procura di Tunisi ha avviato un’indagine per omicidio, per far luce sulle morti di tre cittadini tunisini in quella che è stata la più sanguinosa delle rivolte carcerarie italiane. «Morte sospetta», recita il capo d’imputazione.

Questa sera, su Rainews24, nell’inchiesta di Spotlight “Anatomia di una rivolta” verrà raccontato in esclusiva quanto abbiamo scoperto di questa nuova indagine, attraverso le voci di Najet e ad altri parenti delle vittime.

La storia

Dei nove, i primi tre morirono la sera dell’8 marzo, a poche ore dall’inizio della rivolta. Altre quattro morti vengono constatate a partire dalle prime ore del 9 marzo: si tratta di detenuti trasferiti nei penitenziari di Verona, Alessandria, Parma e Ascoli Piceno. Gli ultimi due vengono trovati morti a Modena, nelle loro celle, nel primo pomeriggio del 10 marzo, quando la sommossa iniziata quarantotto ore prima è ormai sostanzialmente sedata.

Per otto di quei nove morti la procura modenese, già lo scorso giugno, chiese e ottenne l’archiviazione. Tutti, ha scritto il gip, sono morti per avere ingerito volontariamente metadone e farmaci razziati dall’infermeria nelle ore della rivolta. Nessuna responsabilità, dunque, si può imputare all’amministrazione penitenziaria né alla macchina dei soccorsi. Soltanto per la nona vittima, Salvatore Piscitelli, l’unico italiano, le indagini sono ancora aperte ad Ascoli Piceno. A sollevare diversi dubbi su quella morte un esposto presentato da 5 detenuti, che da Modena avevano viaggiato fino ad Ascoli insieme a Piscitelli. Denunciavano percosse e omissioni di soccorso.

Anche a Modena altri due fascicoli sono ancora aperti, dopo una nuova proroga delle indagini: quello per individuare i detenuti responsabili della rivolta, che ha quasi distrutto il penitenziario, e quello partito da altri esposti di diversi detenuti, che hanno denunciato di aver subito pestaggi da parte degli agenti, nonostante si fossero arresi e consegnati spontaneamente. Su questi presunti pestaggi abbiamo trovato nuove testimonianze, documenti e referti medici. Tra le ipotesi di reato al vaglio della procura di Modena c’è anche la tortura.

Sul piano giudiziario, Il garante nazionale dei detenuti e l’associazione Antigone si erano opposti all’archiviazione dell’inchiesta sui morti, ma il gip di Modena ha dichiarato inammissibili le loro istanze, senza esaminarle nel merito. Ha invece respinto quella della famiglia di una delle vittime, Hafedh Chouchane, anche lui tunisino. «È chiaro che con un’archiviazione nella fase delle indagini noi non abbiamo avuto la possibilità di controesaminare tutte le persone che sono state invece interrogate dalla procura», chiarisce l’avvocato Luca Sebastiani. «Mi riferisco a chi ha operato in quel momento, al medico che ha provato a curare Hafedh, ai detenuti stessi che hanno rilasciato delle dichiarazioni. Sarebbe stato importantissimo poter sentire quelle persone, per chiedere cose che non sono state chieste dalla procura». Insieme al presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida, l’avvocato Sebastiani sta preparando un ricorso da presentare a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Per altre tre famiglie, invece, la sete di giustizia potrebbe trovare nuove risposte in Tunisia. I familiari di Ghazi Hadidi, Lotfi ben Mesmia e Bilel Methnani si erano battuti fin dai primissimi giorni per poter rimpatriare, nonostante le difficoltà legate all’emergenza Covid, le salme dei loro cari. La svolta per loro è arrivata proprio all’aeroporto di Tunisi, nei primi giorni di maggio del 2020. È davanti a quei corpi che la polizia di frontiera tunisina ha ritenuto fossero necessari nuovi accertamenti, prima di procedere alla sepoltura.

Abbiamo accertato che ci sono almeno due nuove autopsie: sul corpo di Methnani è stata ripetuta, su quello di Hadidi è stata fatta per la prima volta. Hadidi era stato dichiarato morto al carcere di Verona e la procura scaligera, che aveva la competenza prima che il fascicolo fosse riaccorpato a quelli di Modena, non aveva ritenuto necessario disporre che il corpo e la testa fossero sezionati. Questo nonostante il cadavere mostrasse segni di lesioni e dalla bocca fossero saltati due denti.

Sappiamo che in Tunisia sono stati disposti altri esami, su sangue e tessuti prelevati da quei corpi, ma non abbiamo potuto leggerne gli esiti. La speranza dei parenti dei detenuti è che questi nuovi approfondimenti possano chiarire una volta per tutte come sono morti i loro cari, e se oltre all’overdose di metadone - accertata in Italia da tutti gli esami tossicologici - si possano ipotizzare carenze nei soccorsi, o addirittura percosse e pestaggi.

“Anatomia di una rivolta. I 9 morti del carcere Sant’Anna di Modena”, di Maria Elena Scandaliato e Giulia Bondi con Raffaella Cosentino, andrà in onda su Rainews24 in due puntate, venerdì 17 dicembre alle 21.30 e sabato 18 dicembre alle 18.30. È un’inchiesta di Spotlight, il programma curato da Valerio Cataldi. Queste due puntate sono presentate da Rainews24 e Testata giornalistica regionale della Rai.

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