Nonostante Matteo Renzi sia spesso considerato un politico abile e le sue capacità tattiche siano riconosciute anche dai detrattori, attualmente sta vivendo un periodo in cui la sua proposta politica (così come la sua persona) è sottoposta a forti critiche, e che lo vede quindi in difficoltà.

Molto probabilmente, infatti, le recenti vicende (la questione dei rapporti con l’Arabia Saudita, così come le critiche da parte di Report) hanno indebolito la sua forza politica e – insieme alla caduta del governo Conte II, causata dal ritiro dei ministri renziani e che ha messo Italia viva in condizioni di non essere più decisiva per la maggioranza in parlamento – hanno contribuito alla discesa del partito nei sondaggi. Secondo l’ultima Supermedia elaborata da YouTrend per Agi, Italia viva si attesta su un laconico 2,3 per cento, che rappresenta il picco più basso della formazione renziana dal giorno della sua fondazione (settembre 2019).

Like e consenso

Ma c’è un altro aspetto che, forse, il senatore di Scandicci dovrebbe prendere in considerazione: il crollo che sta investendo i suoi canali social personali. Sgombriamo subito il campo da un equivoco: i like non sono voti. Il consenso politico è spesso derivato da processi ben più profondi e complessi di ciò che comporta la lettura di un post su Facebook. Del resto, l’Italia ha votato per settant’anni allo stesso modo anche grazie al legame solido tra informazione e appartenenza politica e culturale.

Anche di fronte alla grande volatilità elettorale a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, rimangono solide le motivazioni culturali che portano a preferire una fazione politica rispetto a un’altra. Contemporaneamente, è ben nota la rilevanza che, non da oggi, hanno acquisito i social media nella formazione del dibattito pubblico e nelle innovazioni che offrono in campi come l’informazione, la partecipazione politica e la comunicazione.

Non a caso, lo stesso Matteo Renzi ha sempre riservato un’attenzione particolare ai propri social media, diventando il primo leader ad aver sperimentato forme di “dialogo connesso” tra cittadini e istituzioni (ad esempio tramite dirette Facebook, come nel caso di #matteorisponde) e uno dei primi ad aver compreso l’importanza dei social media nella costruzione, formazione e mantenimento della leadership politica.

Primato perso

Eppure, da qualche tempo, il meccanismo sembra essersi inceppato. Come ha mostrato un lavoro svolto da alcuni studenti del laboratorio di Analisi dei media del corso di laurea in Scienze sociologiche dell’Università degli studi di Padova, analizzando i dati relativi alla pagina Facebook del leader di Italia viva si può notare come questa non incontri, da tempo, il favore degli utenti: il suo seguito è in calo costante fin dall’inizio della pandemia.

Da marzo 2020 si contano oltre 50mila utenti in meno tra i fan su Facebook. Se nel 2015 il leader di Italia viva (allora presidente del Consiglio) era il politico italiano più seguito su Facebook, a oggi è “solo” in quarta posizione, alle spalle di Matteo Salvini, Giuseppe Conte e Giorgia Meloni (e tallonato da Silvio Berlusconi).

Oggi, pur attestandosi a quota un milione circa di like, Renzi è inoltre l’unico leader politico italiano che perde fan invece di accumularli, arrivando a registrare un picco negativo di 4.800 utenti che, nel giorno del ritiro dei ministri renziani dal governo Conte II, decidono di togliere il proprio like alla pagina.

Un gesto probabilmente in contrasto con una scelta che, ancora oggi, il leader prova a rivendicare intestandosi il merito della nomina di Mario Draghi a palazzo Chigi, e che denota un calo preoccupante per chi ha sempre puntato, nella costruzione della propria leadership, sulla personalizzazione, fino ad arrivare alla fondazione di quello che molti esperti hanno definito un partito personale.

Il tracollo delle leadership

Una personalità che, però, non incontra il favore degli elettori: da tempo la figura di Matteo Renzi è in discesa nel gradimento degli italiani fermandosi, secondo i dati Demos&Pi, al 19 per cento di gradimento personale. Anche qui, ben alle spalle di Matteo Salvini, Giuseppe Conte e Giorgia Meloni, ma anche di Enrico Letta.

Il tracollo della leadership renziana è quindi forse la principale spiegazione della flessione che ha colpito il seguito del leader di Italia viva su Facebook. E questo tracollo dovrebbe indurre alcune riflessioni: la pagina è infatti un canale con cui Matteo Renzi condivide quotidianamente aggiornamenti sulle sue attività e dichiarazioni, e su cui continua a investire anche economicamente. Secondo la Libreria inserzioni di Facebook, infatti, Renzi ha speso 220.000 euro negli ultimi 24 mesi (cioè da maggio 2019) per propagare il messaggio a più utenti possibili, avvalendosi anche della collaborazione di professionisti del settore (tra cui Alessio De Giorgi, consulente storico del leader di Italia viva).

La strategia di Matteo Renzi continua quindi a prendere in considerazione gli elementi che sono sotto gli occhi di chi osserva la sua parabola politica da anni: la centralità del suo ruolo e della sua persona, la dicotomia con quelli che lui stesso definisce “populismi”, i linguaggi mediatici vicini alla cultura popolare, la grande attenzione alla propagazione dei propri messaggi, che deve essere più ampia possibile per provare in qualche modo ad incidere nel dibattito pubblico e nell’agenda politica. Insomma, se non fosse per i numeri poco incoraggianti, a oggi dal fronte renziano non sembra esserci niente di nuovo sotto al sole.

 

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