Egregio Direttore,

in riferimento all'articolo dal titolo "Gli affari d'oro (nero) tra i Moratti ed Erdogan - La rotta nera che lega Erdogan agli affari della Saras", pubblicato in data 12 aprile 2021 sul quotidiano "Domani", in qualità di legale della società Petraco Oil Company SA (in seguito, Petraco ), nel contestare in toto la veridicità.

della ricostruzione presente nell'articolo desidero fornire alcune precisazioni al fine di una doverosa rettifica dei contenuti pubblicati.

Nonostante la perdurante inattingibilità, da parte della difesa, degli atti d'indagine raccolti dagli "inquirenti" (presumibilmente, la Procura di Cagliari), la Petraco e i suoi dirigenti coinvolti nell'indagine hanno già svolto attività difensiva, riversata nel fascicolo della Procura di Cagliari, che avrebbero volentieri esposto anche a codesta testata, se solo fossero stati invitati a farlo, in conformità alle usuali prassi

giornalistiche.

Se così fosse stato, avrebbero potuto, ad esempio, segnalare che è completamente destituita di fondamento - tra le altre - l'affermazione secondo cui il Kurdistan iracheno, da cui proveniva il greggio di cui si parla nell'articolo, è stato ''fino al 2017 occupato dalle milizie dei terroristi dell 'Isis" e che, pertanto, parte del denaro relativo alla commercializzazione del petrolio Curdo abbia finanziato le milizie

dello stato islamico. È infatti sufficiente effettuare una ricerca minimamente approfondita su fonti aperte per avvedersi di come plurime inchieste indipendenti, realizzate da autorevoli esperti a livello internazionale (Financial Times, World Bank Group, ecc ... ), escludano categoricamente che in qualsiasi momento storico vi sia stata una anche parziale occupazione da parte dell'Isis del territorio controllato dal Governo Regionale del Kurdistan iracheno che anzi - come è a tutti noto - si è distinto proprio per l'efficace difesa della propria nazione e per il contrasto alle milizie del Daesh.

Allo stesso modo, l'ipotesi dell'illiceità dell'acquisto di petrolio curdo senza l'autorizzazione del governo centrale iracheno è, a sua volta, smentita da autorevoli pareri di esperti di diritto internazionale (si tratta, infatti, di una questione di interpretazione del diritto costituzionale e della legislazione di altri Paesi). 

Ancora, sono imprecise e acritiche - tra le altre - le affermazioni sulle supposte anomalie legate ai prezzi di acquisto del petrolio e all'assenza di "certificati validi di origine del greggio": anche in questo caso sarebbe bastato effettuare una rapida attività di approfondimento per verificare che, tanto per cominciare, il Kurdistan esporta dal 2014 a oggi tra i 500-700mila barili al giorno, vendendolo in tutto il mondo a prezzi di mercato (che dipendono esclusivamente dalla qualità del greggio) e coinvolgendo in tale attività le più importanti compagnie petrolifere, senza che in nessun altro Paese ne sia mai stata messa in dubbio la legittimazione (né dall'Autorità Giudiziaria, né dalla stampa).

Le circostanze di cui sopra, unitamente a tante altre riguardanti aspetti di dettaglio delle operazioni di importazione 'sospette', sono già state portate all'attenzione della Procura di Cagliari, ma il "Domani" ha preferito attingere a dati ed informazioni ( o meglio, ipotesi) ritenute idonee a supportare un ricostruzione sensazionalistica, che sarà compiutamente smentita non appena anche gli interessati - buoni ultimi - saranno finalmente in grado di avere un quadro completo degli atti d'indagine, tuttora "coperti", come suol dirsi, dal c.d. "segreto investigativo".

Nel frattempo, riservandoci opportune iniziative giudiziarie a tutela dell'onorabilità della società Petraco e a ristoro degli ingenti danni di immagine e reputazionali derivanti dall'articolo in questione, si richiede di rettificare urgentemente e con effetto immediato quanto riportato nell'articolo "Gli affari d'oro (nero) tra i Moratti ed Erdogan - La rotta nera che lega Erdogan agli affari della Sa ras" del 12 aprile 2021.

Distinti saluti,

Milano, 12 aprile 2021

Prof. Luigi Fomari

Risposta

Gentile avvocato Fornari,

ospitiamo le vostre posizioni sull’inchiesta che abbiamo ricostruito. Tuttavia quelle qui descritte non sono puntuali rispetto a quanto da noi scritto: l’equazione che il commercio di petrolio dal Kurdistan significa che provenga da pozzi controllati dalle milizie dell’Isis è vostra, non nostra. Noi diamo conto di una delle varie ipotesi di indagine, presentandola come tale.

Allo stesso modo contro argomentare sulla mancanza di certificati con i numeri delle esportazioni svia il punto: non abbiamo descritto una condizione generale, ma anomalie riferite a un certo numero di operazioni documentate.

Non si può fingere di non conoscere la complessità della situazione del Kurdistan iracheno negli anni in cui l’Isis ha temporaneamente controllato parte del territorio del Nord Iraq, incluso quello conteso dai curdi, seppure non controllato originariamente dal governo regionale curdo. Aggiungiamo che c’è una vasta letteratura sul conflitto sui diritti sul petrolio tra l’autorità regionale e quella centrale, ma non solo su quella. La necessità di un maggiore controllo della filiera del petrolio, ma anche del suo commercio per contrastare il contrabbando è stata anche al centro di iniziative diplomatiche. 

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