Il business dei rifiuti è tutta questione di codici. EER 191204 sta per «plastica e gomma», da riciclare. EER 191212 indica la categoria «altri rifiuti», da smaltire o bruciare, quindi più economici da gestire. Lo sanno molto bene i dirigenti de Il Truciolo, azienda a conduzione familiare con sede ad Albavilla, provincia di Como.

La società è accusata dalla Procura della Repubblica di Milano di aver guadagnato illecitamente 4 milioni di euro utilizzando questo trucco. Gli inquirenti scrivono di aver trovato prove di almeno due esportazioni illecite di rifiuti: una, diretta in Bulgaria; l'altra, organizzata insieme al colosso Iren, che nel 2023 ha segnato un utile di 135 milioni di euro. Il processo, con imputate 16 persone e 3 società, è ora in fase di udienza preliminare.

Tutto inizia il 29 novembre 2019. I carabinieri Nucleo operativo ecologico di Milano vengono avvisati dall'Agenzia dei Monopoli: Il Truciolo sta cercando di inviare in Bulgaria un carro merci pieno di rifiuti etichettati come EER 191204, ossia plastica raccolta per il riciclaggio: 815.000 kg. All'interno di balle di rifiuti pronte per essere spostate, i carabinieri trovano davvero della plastica, ma anche tanti «rifiuti tessili, schiuma, tetra pak, legno, pantofole, ceramica, ferro, telefoni». Il carico avrebbe dovuto essere etichettato come «altri rifiuti», codice EER 191212. E ciò avrebbe aumentato il costo della spedizione, oltre ad avere l'autorizzazione di Regione Lombardia.

Secondo i documenti, il carico doveva raggiungere il piccolo villaggio di Golemo Selo, un'ora di macchina da Sofia, vicino alla centrale termoelettrica di Bobov Dol. Destinataria della spedizione: la Heat Enerdji Eood.

Insieme alle testate De fapt (Romania) e 24Chasa (Bulgaria), Domani ha analizzato chi gestisce la società e chi ne tira le fila, arrivando ad individuare collegamenti con Hristo Kovacki, un'istituzione nell'imprenditoria del paese. Sessantuno anni, tra i più ricchi uomini d’affari bulgari nel campo dell'energia, si presenta come un “consulente per le procedure energetiche” di varie aziende, ma molti media locali gli attribuiscono quote di alcuni dei più grandi impianti di smaltimento del Paese.

La Heat Enerji è una di queste. Negli ultimi anni è stata al centro di proteste per l’inquinamento prodotti dai suoi siti. Fondata nel 2009 a Pernik, si occupa ufficialmente del commercio di carburanti. Il 100 per cento delle quote appartengono al veicolo E-Consult, i cui azionisti sono registrati nei paradisi fiscali del Belize e delle Seychelles. Non è chiaro dunque chi stesse ritirando i rifiuti spediti da Il Truciolo.

Secondo l'inchiesta della magistratura italiana, guidata dal pm Francesco De Tommasi, l'export in Bulgaria avrebbe dovuto seguire tre passaggi. Il carico di rifiuti con le etichette sbagliate viene preparato da Il Truciolo. È poi un intermediario, Cube Ecologia, a esportarlo in Bulgaria a Heat Enerdji. Cube Ecologia è una società italiana, ma la maggioranza delle azioni al momento del tentativo di spedizione era di proprietà di un'altra società bulgara denominata Trade Shipping.

Anche Trade Shipping è nota per una serie di proteste e scandali legati allo smaltimento dei rifiuti. A gennaio 2020, un'ispezione delle autorità bulgare ha portato alla luce 400 tonnellate di rifiuti depositati illegalmente nel comune di Mizia, nel nord del Paese. Socio unico e amministratore della Trade Shipping è Stoeslava Landzeva, che era anche amministratore della società quando prese il controllo dell'italiana Cube Ecologia. Lanzheva è coinvolta in diverse altre società in Bulgaria. Alcune di queste sono considerate tra quelle legate a Kovacki.

Le indagini italiane

Gli investigatori italiani hanno scoperto che Heat Enerdji Eood era un cliente fidato di Il Truciolo. Da aprile a novembre 2019 Il Truciolo ha spedito alla società quasi 5.000 tonnellate di rifiuti. Sempre con codice “plastica e gomma”. Il Truciolo è di proprietà della famiglia Zavarise-Giacomazzi, di Mariano Comense (Como).

Si occupa di smaltimento rifiuti di varie tipologie, ha un fatturato annuo di circa 20 milioni di euro. Negli atti dell'indagine si dice che, in un altro procedimento, le autorità italiane hanno scoperto che aveva ricevuto rifiuti anche da Mario Accarino. L'uomo è stato condannato a 2 anni e 6 mesi nel novembre 2021 dal Tribunale di Busto Arsizio per smaltimento illecito di rifiuti.

Nato a Torre Annunziata, Accarino è molto conosciuto nel settore. Anche suo fratello maggiore, Salvatore, è stato condannato per traffico illecito di rifiuti dall'Italia. È latitante, l'ultima volta è stato identificato in Tunisia nel 2015. Mario invece è ancora attivo. Chasa24 e L'Espresso nel marzo 2021 hanno scritto che Accarino possedeva un'azienda a Plovdiv, la Akar Eko, di cui condivideva la proprietà con Museine Kadir.

È la sorella di Krasimir Zlatanski, condannato in Italia traffico di stupefacenti (4,5 kg di cocaina). In un'intervista, Zlatanski aveva detto di aver presentato personalmente la sorella al suo amico Mario Accarino, e di averli aiutati a diventare soci.

Domani ora può rivelare che esiste una nuova società a Bulgaria di proprietà di un italiano di nome Accarino: Giovanni, 77 anni, nato a Castel San Lorenzo, residente a Napoli. L'azienda si chiama Bigz Srl, con sede a Sofia. Giovanni Accarino ha acquistato il 100 per cento delle azioni il 23 febbraio 2021. In Italia l'uomo è attualmente socio unico di cinque aziende che si occupano di commercio all'ingrosso di prodotti tessili, elettrodomestici, computer, carta e altro.

Online abbiamo trovato il sito internet di solo una di queste, la House Srl, società di Napoli che vende e-bike e ha una seconda sede a Dubai. Contattato attraverso la società, Giovanni Accarino non ha risposto alle nostre domande.

A una richiesta di commento sui reati contestati dalla direzione distrettuale antimafia di Milano, invece, Il Truciolo ci ha scritto di ritenere «del tutto infondate le accuse», ha ricordato che le richieste di «misure cautelari interdittive e commissariamento» dell'azienda chieste dai pm sono state «rigettate dal gip e dal Tribunale del Riesame», e ha sottolineato di avere «piena fiducia nell'autorità giudiziaria».

Inchiesta realizzata grazie al contributo di Journalismfund Europe

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