È ufficiale, Marko Rupnik non fa più parte della Compagnia di Gesù. Lo ha confermato il suo ex superiore, padre Johan Verschueren, delegato per le Case e Opere Internazionali Romane della Compagnia di Gesù in una lettera aperta pubblicata oggi, 24 luglio, sul sito della Compagnia.

Rupnik, accusato di abusi da almeno quindici religiose, era stato dimesso il 14 giugno scorso a causa – recitava il comunicato ufficiale – «del suo rifiuto ostinato di osservare il voto di obbedienza» e «di dare un segnale chiaro alle numerose persone lese che testimoniavano contro di lui».

Trascorso il mese previsto dal diritto canonico per la presentazione di un eventuale ricorso contro la decisione, oggi il famoso artista è soltanto un sacerdote secolare in cerca di un vescovo che lo incardini nella sua diocesi.

Dove andrà Rupnik

In risposta a quanti chiedevano un processo che portasse alla dimissione dello stato clericale di Rupnik, Verschueren ha ricordato che questo non compete ai gesuiti ma alla Santa Sede.

Così, ai tanti interrogativi che circondano questa vicenda si aggiunge ora una nuova domanda: chi accetterà di incardinarlo, in totale disprezzo della sofferenza delle vittime e delle consapevolezze emerse in questi mesi, tra cui una scomunica latae sententiae (poi rimessa dalla Santa Sede) per “assoluzione del complice in confessione”?

Alcune fonti sostengono che Rupnik stia cercando riparo in Croazia, dove è stato visto il mese scorso fra Spalato e l'isola di Hvar, come abbiamo scritto su Domani il 9 giugno.

Il Centro Aletti

Certo è che anche al Centro Aletti di Roma da settimane si registra un gran fermento per ridefinire gli statuti e sancire anche formalmente la separazione dai gesuiti.

Lo attesta anche padre Verschueren quando sostiene che «è fermo desiderio della Compagnia di Gesù prendere distanza anche giuridica dal Centro Aletti, uscendo formalmente dall’Associazione Pubblica di Fedeli che porta lo stesso nome e trovando il modo migliore di rescindere rapporti di partnership con il Centro».

Problema non semplice, visto che il palazzo di via Paolina dove ha sede il centro è di proprietà dei gesuiti. «Stiamo cercando il modo migliore per poterlo fare, anche in collaborazione con il Vicariato di Roma, da cui dipende oggi il Centro Aletti», scrive ancora il padre gesuita nella lettera, sottolineando «che non c’è più una comunità di gesuiti residenti al Centro Aletti».

Padre Milan Žust e gli altri confratelli del Centro hanno infatti fatto domanda per uscire a loro volta dalla Compagnia dopo l'espulsione di Rupnik. Secondo quanto conferma una fonte interna alla Compagnia di Gesù, Žust, docente di missiologia alla Pontificia Università Gregoriana, è stato anche esonerato dal suo corso (almeno) per il prossimo anno accademico.

Le dimissioni

Un clima incandescente, che non smette di generare polemiche. La direttrice del Centro Aletti, Maria Campatelli, aveva puntualizzato in una “lettera agli amici” del 23 giugno scorso che era stato lo stesso Rupnik, già a gennaio, a presentare istanza per uscire dall'ordine dei gesuiti, «essendo in toto venuta meno la fiducia verso i propri superiori una volta che questi hanno purtroppo dato ripetuta prova di favorire una campagna mediatica basata su accuse diffamanti e non provate».

Verschueren ha risposto pubblicamente che questo non dava a Rupnik alcun diritto a sottrarsi alle restrizioni e alle direttive imposte dai suoi superiori «dato che i voti da lui emessi un giorno nella Compagnia di Gesù lo vincolavano a un impegno a vita di obbedienza».

Un divorzio annunciato, quello fra il Centro Aletti, da sempre schierato in strenua difesa del suo fondatore, e i gesuiti, che ora alzano le mani dicendo che il problematico artista e la comunità di preti e religiose di via Paolina non è più affar loro.

«Ho sempre desiderato come Superiore Maggiore poter avviare un processo che potesse garantire l’accertamento giudiziale dei fatti, il diritto alla difesa e le pene sanzionatorie conseguenti (o la possibile assoluzione), ma diversi motivi, tra cui gli attuali limiti delle normative relative a situazioni simili, non lo hanno permesso», precisa infatti Verschueren.

Le vittime dimenticate

Con buona pace delle vittime, che ancora una volta non vengono considerate: non da Campatelli, che mai le ha nominate, e per ora nemmeno da Verschueren, che non chiarisce se e come si procederà al dovuto risarcimento, pur mostrandosi disponibile «a nuovi percorsi che potremo studiare insieme».

La patata bollente è ora tutta nelle mani del vicario di Roma, il cardinale Angelo De Donatis, e in ultima istanza del papa. Francesco, in un videomessaggio a un convegno brasiliano di mariologia di inizio giugno, aveva descritto con dovizia di particolari proprio un quadro di Rupnik, lasciando intendere che i mosaici dell'ex confratello non si toccano.

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