«Se fosse confermato che il video pubblicato da Salvini è materiale proveniente dagli uffici della polizia di stato ci troveremmo di fronte a un caso di rilevante gravità». È uno dei passaggi dell’esposto presentato alla magistratura dai deputati Angelo Bonelli e Filiberto Zaratti, gruppo Alleanza verdi-sinistra, che chiedono alla procura della Repubblica di Roma di indagare e valutare l’eventuale violazione dell’articolo 326 che punisce la rivelazione di atti coperti da segreto d’ufficio. Lo stesso reato per il quale è finito sotto inchiesta il sottosegretario Andrea Delmastro dopo aver passato documenti sensibili sul caso dell’anarchico Alfredo Cospito all’amico e collega di partito Giovanni Donzelli, il quale li ha usati in aula per colpire l’opposizione.

I deputati nell’esposto si chiedono se esista o meno una banca dati in grado di catalogare i cittadini, anche incensurati, che partecipano alle manifestazioni e chi ha accesso a questi dati. In pratica vogliono sapere se esiste una centrale di schedatura all’interno del Viminale. Ora i magistrati, guidati dal procuratore Franco Lo Voi, dovranno aprire un fascicolo oppure inviare gli atti ai colleghi catanesi. A questo punto i pm potrebbero chiedere alla polizia di effettuare verifiche interne e sentire i testimoni coinvolti in questa vicenda a partire da Matteo Salvini e dal leghista catanese, l’ex carabiniere Anastasio Carrà, il primo a fare il nome della magistrata Iolanda Apostolico commentando il video pubblicato dal suo leader. Non solo, più fonti qualificate, spiegano che con la denuncia e un’indagine aperta sarà possibile controllare gli accessi fatti negli archivi informatici della questura per verificare se e quando qualcuno ha estratto il video o materiale inerente la manifestazione del 25 agosto 2018.

La versione della polizia

In tarda serata è arrivata la nota della polizia che comunica che «il video pubblicato non risulta tra gli atti d’Ufficio relativi all’evento in questione. Inoltre, negli atti redatti non risulta menzionata la presenza della dottoressa Iolanda Apostolico né del marito». Di certo non è semplice né per il questore di Catania né per i vertici del corpo gestire la situazione innescata dal ministro dei Trasporti.

Il video diffuso, finora inedito, è stato realizzato durante una manifestazione contro lo stesso Salvini, all’epoca ministro dell’Interno che bloccava i migranti a bordo delle navi impedendogli di sbarcare. Tra i presenti il giudice Iolanda Apostolico, ai tempi lavorava alla misure di prevenzione, oggi nemica numero uno del governo dopo aver bocciato i decreti immigrazione attraverso una serie di ordinanze che hanno liberato i migranti tunisini dai Centri di permanenza. Chi ha ripreso con lo zoom il volto del giudice? E chi ha ritirato fuori il video proprio quando serviva colpire la firmataria delle frasi che hanno messo in difficoltà l’esecutivo? La filiera potrà essere ricostruita con l’apertura dell’indagine a seguito dell’esposto, che potrebbe dare impulso a una verifica approfondita interna alla polizia.

L’ex carabiniere Carrà

Qui iniziano le difese d’ufficio. Ambienti leghisti, naturalmente, escludono provenga dalla polizia. Alcuni sono certi che sia stato qualche locale leghista a fare le riprese. Così fosse, sarebbe curioso perché si tratterebbe dell’unico civile nel quadrante blindato dalle camionette inaccessibili persino alla stampa. «Certo che sarebbe gravissimo se fosse uscito dagli archivi della polizia», ammette Carrà, deputato leghista, catanese ed ex carabiniere, che dunque conosce bene il mondo delle forze dell’ordine: «Ho fatto il carabiniere a Catania, ero luogotenente mica uno cos , ho prestato servizio puro in tribunale e perciò conosco il giudice Apostolico, per questo l’ho riconosciuta nel video pubblicato dal mio leader, Salvini».

Carrà è stato tra i primi a commentare il post del ministro e, soprattutto, è stato il primo a fare il nome di Apostolico. Salvini si era infatti limitato a scrivere a corredo del video che nelle immagini «riconosceva volti familiari». Carrà, dopo aver diffuso il nome in aula, ha chiesto un’informativa del ministro della Giustizia: «È Apostolico, il magistrato può smentire?» Tempismo perfetto, insomma. «Voi però vi state concentrando sulla fonte del video e non sul fatto grave che un giudice è a una manifestazione in cui gridano assassini alla polizia ea Salvini», torna sulla difensiva il deputato.

Resta il mistero della provenienza delle immagini e di chi le abbia girate. Uno dei primi indiziati è stato un uomo calvo, dietro i poliziotti in tenuta antisommossa, che è certamente un poliziotto perché in un frame di uno dei video di quella giornata, trasmessi da Gedi, si vede addirittura sul paraurti della camionetta per riprendere le cariche in corso. Nessun giornalista potrebbe farlo, verrebbe immediatamente fatto scendere. Quindi ecco la prima certezza: lui è il poliziotto deputato a riprendere i momenti della protesta così da analizzarli in un secondo momento.

È l’unico a riprendere nella zona presidiata da tutti i lati dalle camionette, che avevano così formato una sorta di zona rossa. Tanto che l’emittente Local Team, sempre in prima linea durante i cortei, quella sera ha fatto riprese solo da lontano, che permettono comunque di individuare il tizio calvo incollato agli agenti con casco e manganelli. Non c’erano giornalisti, nessun’altra telecamera. Ma se anche non fosse lui l’autore, ma un altro in borghese che si avvicina alla scena con il cellulare in mano, può essere stato solo qualcuno autorizzato a stare lì nell’area di sicurezza. Si torna dunque all’esposto presentato in procura a Roma: un atto che potrebbe portare all’apertura di un fascicolo di indagine e quindi autorizzare un controllo interno.

Salvini ha chiesto le dimissioni di Apostolico. Dallo staff del ministro preferiscono ironizzare e non rispondere nel merito alle domande di Domani. Ironia che in realtà maschera il nervosismo interno al partito, che non sa e non può dire altro di ufficiale.

Ma sono intervenuti anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, e la premier Giorgia Meloni. Per entrambi il problema non è come sia uscito il filmato, «nessun dossieraggio», è la difesa del premier, cui dà manforte La Russa: «Chi ha dato il filmato a Salvini? Il problema non è quello, ma valutare l’opportunità o meno di quel comportamento e quindi della partecipazione a quella manifestazione del giudice». Non è chiaro però perché la seconda carica dello stato si senta in dovere di intervenire su una questione, quella dell’origine del video, che potrebbe avere risvolti imbarazzanti per le istituzioni.

© Riproduzione riservata