Il segretario della Lega Matto Salvini è stato contestato al suo arrivo alla stazione ferroviaria di Przemysl, cittadina polacca a poco più di dieci chilometri dalla frontiera, dal sindaco della città, Wojciech Bakun.

LE PAROLE DEL SINDACO

Davanti ai giornalisti il sindaco ha ringraziato l’Italia e ha mostrato, di fronte a Salvini, una maglietta con l’immagine del presidente russo e la scritta «esercito di Putin». 

Nel video, pubblicato dal sito polacco Nowiny24, il sindaco ha detto in polacco: «L’iniziativa dell’incontro odierno è nata da Salvini. Stamattina ho ricevuto l'informazione che avrebbe visitato Przemysl. Lo ritengo insolente da parte sua, così ho deciso di regalargli una maglietta con l'immagine del suo amico Putin e invitarlo a visitare un centro con i rifugiati in cui ci sono migliaia di vittime di questa guerra. Solo l'ultimo giorno la Polonia ha accolto 150mila rifugiati, di cui solo Przemysl circa 43mila».

Alle parole di Bakun, riportate dal sito polacco, Salvini ha cercato di reagire, ripetendo con calma in inglese che loro erano lì per portare aiuto ai bambini, alle mamme e ai papà. Poi si è allontano dal punto stampa, mentre alcuni italiani presenti tra i cronisti, gli urlavano: «sei un pagliaccio» e «buffone». 

«Il primo politico a venire qui? Spero c'è ne siano altri, – ha poi dichiarato Salvini a Rainews – se ciascuno fa il suo e aiuta una famiglia... La Polonia sta facendo tantissimo, un milione di rifugiati, l'Europa dovrebbe fare di più. La Polonia è lasciata un po' da sola».

LA MAGLIETTA

La maglietta della discordia sventolata con fare polemico dal sindaco di Przemysl era una pubblica accusa contro l’amicizia e il sostegno manifestato da Salvini a Putin fino al momento dell’invasione dell’Ucraina. Dopo l’inizio della guerra Salvini è stato titubante prima di arrivare all’aperta condanna dell’offensiva militare russa. La provocazione della maglietta riprendeva degli episodi precedenti in cui Salvini aveva indossato una t-shirt come quella. 

Quando a Przemysl i cronisti gli hanno chiesto se condannasse Putin, la sua pronta risposta è stata «Certamente». Putin «l’hanno incontrato tutti: Prodi, Obama, Clinton, Berlusconi, tutti. Io non vado in Russia da 5-6 anni», ha sottolineato Salvini.

LA VISITA

L’obiettivo dichiarato della visita in Polonia era quello di «lavorare per la pace, garantendo l’invio di aiuti italiani in Polonia e Ucraina», «per favorire l’arrivo e l’ospitalità in Italia di bimbi, donne e famiglie in fuga dalla guerra». 

Al suo arrivo a Varsavia del 7 marzo Salvini, insieme alla sua ristretta delegazione, si è recato all’Ambasciata italiana dove ha incontrato i rappresentanti delle più importanti imprese italiane «per fare il punto sugli aiuti ai profughi» e sul sostegno all’accoglienza in Italia. 

«Molte imprese e famiglie italiane sono pronte a fare la loro parte, sia aiutando in terra polacca le 10mila parrocchie inviando donazioni di ogni genere, sia accogliendo in Italia una parte delle 100mila persone che ogni giorno scappano dall'Ucraina», ha detto Matteo Salvini. 

Il viaggio in Polonia del leader della Lega ha ricevuto diverse contestazioni anche in Italia, da parte di esponenti delle varie forze politiche. «Sono disponibile – aveva detto Salvini il 1°marzo scorso – anche ad andare personalmente a Varsavia, poi ci sono tre ore di macchina per arrivare al confine. L'urgenza adesso è fermare le bombe». 

I COMMENTI

«Ho detto a Salvini – ha scritto il leader di Italia viva Matteo Renzi –  in tutti i modi che in questa fase serve la politica, non le pagliacciate. Questo sindaco polacco glielo ha spiegato in modo ancora più chiaro. Meglio se Salvini torna a casa prima possibile, meglio per lui dico».

Laura Boldrini, deputata del Pd e presidente del Comitato della Camera sui diritti umani nel mondo, ha scritto su Twitter: «Prima era a favore delle armi, perché “la difesa è sempre legittima” e avrebbe “ceduto due Mattarella per mezzo Putin”. Oggi si dice pacifista e va ad accogliere i rifugiati ucraini al confine. Non so più come commentare le gesta di Salvini e mi pare di non essere la sola». 

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