Prosegue la pubblicazione del “Diario di bordo” dalla Sea Watch 4, la nave dell’omonima Ong tedesca che presta soccorso ai migranti. Per leggere tutte le puntate, a mano a mano che saranno pubblicate, si può tenere d’occhio questa pagina.

Non avevo la minima idea di cosa significasse lavorare a bordo di una nave, ma volevo tornare in Italia e impegnarmi nell’ambito dei soccorsi in mare. Faccio tutto quello che posso per dare una mano, principalmente lavori sul ponte e turni di guardia. Adesso, per esempio, abbiamo appena finito di montare un telone.

Era da tanto che volevo propormi come volontario su una nave di ricerca e soccorso ma per le missioni si cercano figure con competenze specifiche e io non ne avevo. Ho appena conseguito un dottorato in energia solare in Francia, dove mi occupavo di pannelli fotovoltaici, e prima ho studiato in America. Ero tornato a casa, vicino a Latina, da qualche mese quando Sea-Watch ha iniziato a cercare dei volontari per i lavori di manutenzione della nave bloccata in porto a Palermo e non mi sono lasciato sfuggire questa occasione.

Sono arrivato dopo Natale e resterò per un mese. Mi piacerebbe poter tornare quando Sea-Watch 4 sarà finalmente libera ma prima di salire a bordo durante una missione voglio imparare a conoscere i miei limiti. Stare in porto è relativamente semplice ma io avrò bisogno di tempo per metabolizzare questa esperienza e assicurarmi di poter essere davvero utile in situazioni più critiche come sono i soccorsi.

Per me questa è un’opportunità incredibile. Ascolto i racconti dei membri dell’equipaggio, quelli con più esperienza, che hanno vissuto situazioni estreme, e condivido la loro frustrazione per non poter tornare a salvare vite. Tutti preferiremmo che non ci fosse alcun bisogno delle navi umanitarie, ma non è così, e fa parecchia rabbia vedere come le nostre energie vadano perse. Non soltanto ci impegniamo per sopperire alle mancanze dell’Europa, mettendo a disposizione tempo e capacità, ma veniamo pure ostacolati in tutti modi. È talmente assurdo che quasi non ci si crede.

Io non sono un marinaio, ma la mia famiglia e le persone che mi conoscono sanno quanto mi stia a cuore questa causa e nessuno si è stupito della mia scelta. Tutti sono molto curiosi, adesso, e mi fanno mille domande sulla vita a bordo. Io sono entusiasta. Ogni giorno aspetto il momento in cui, finito di lavorare, prima di cena, ci ritroviamo tutti insieme a parlare, magari di fronte a una birra. I legami che si creano a bordo sono molto profondi.

Oggi, per esempio, è andato via un volontario con cui avevo trascorso la quarantena, prevista dal protocollo di prevenzione Covid-19, prima di salire a bordo. Abbiamo convissuto soltanto per due settimane, ma mi è dispiaciuto molto che partisse. L’unico momento critico delle mie giornate è quando devo svegliarmi alle tre del mattino per le guardie, ma è soltanto un attimo. La stanchezza passa in fretta su questa nave.

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