Seid Visin era un talento del calcio, aveva giocato nelle giovanili del Milan e del Benevento. Era arrivato dall’Etiopia in Italia da piccolo, adottato da una coppia di Nocera Inferiore. A soli vent’anni si è tolto la vita. Inizialmente si è parlato di un malore, ma a distanza di qualche ora dalla sua morte, emerge un’altra verità. Seid si è suicidato, per motivi ancora da chiarire.

I suoi genitori smentiscono però che il gesto sia dovuto a episodi di razzismo. Nelle ultime ore, infatti, è circolata sui social una lettera scritta dal giovane nel 2019, in cui descrive la propria sofferenza, rispetto «al peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone» nei suoi confronti. La lettera è stata letta anche questa mattina durante i funerali, motivo che ha spinto colleghi e stampa a parlare di un suicidio dovuto al razzismo. 

«Il gesto estremo di Seid non deriva da episodi di razzismo». È la dichiarazione che i genitori del 20enne, che hanno dunque chiarito che la lettera non è stata scritta recentemente dal figlio, arrivando a parlare di «strumentalizzazione» delle parole di Seid.

La lettera 

«Sono stato adottato da piccolo. Ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sembra che si sia capovolto tutto. Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno», inizia così la lettera di Said. Nelle sue parole, il ricordo di quando il tema dell’immigrazione non era al centro dell’attenzioni di tutti come accade da qualche anno a questa parte. Lui, questo cambiamento, scrive, lo ha avvertito a tal punto da renderlo razzista nei confronti di chi arriva a bordo di un barcone, sfidando il Mediterraneo. «Io non sono come quelli, non sono un immigrato», arrivava a dire uscendo con gli amici. Per sentire meno forte, il peso di quegli sguardi, vicini e lontani.  «Dentro di me è cambiato qualcosa. Come se mi vergognassi di essere nero, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, bianco».

Le difficoltà sul posto di lavoro

Più avanti, l’ex promessa del calcio, che aveva deciso di abbandonare il professionismo, per dedicarsi agli studi, proseguendo nel gioco a cinque, racconta di aver dovuto anche lasciare il lavoro «perché troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani non trovassero lavoro».

Poi pensa a tutte quelle persone che rischiano la vita per «respirare e assaporare anche per un secondo», quella che viene definita vita. 

Le reazioni dal calcio alla politica

I commenti di cordoglio, ma anche rabbia, sui social sono stati tantissimi, arrivati dal mondo del calcio fino a quello politica. Claudio Marchisio, ex centrocampista della Juventus, in un lungo post pubblicato su Facebook, ha scritto di non riuscire a immaginare cos’abbia provato in quel momento Said. «Ma sono certo che un paese che spinge un giovane ragazzo a fare un gesto così estremo è un paese che ha fallito. Facciamo un po’ schifo. Tutti. Di centro, di destra, di sinistra».

Gianluigi Donnarumma, il portiere del Milan, invece, ricorda che Said aveva un gran sorriso, quando si sono incontrati a Milano: il giovanissimo era appena arrivato in città e condivideva con lui la stanza al convitto. «Era un amico, un ragazzo come me», dice.

Il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, chiede, con un plurale maiestatis, scusa al giovane suicida.

C’è poi chi, come Laura Boldrini, nel ricordare che Said si è tolto la vita, sottolinea che una «certa» dovrebbe riflettere. E quella politica, che da circa otto anni ha investito per costruire l’immagine del “nero cattivo”, che non si è ancora espressa sulla vicenda, continua a riscuotere consensi. 

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