«Ieri abbiamo avuto l’immenso piacere di avere a casa nostra il caro presidente della Repubblica portoghese, Marcelo Rebelo Sousa. Per noi è stato un onore, grazie per la visita». Così lo staff del ristorante Italy Caffè, con sede a Lisbona, salutava il presidente del Portogallo che era andato in visita nel noto locale per gustare le prelibatezze made in Italy. Era il 2019, ma anche nel settembre scorso la prima carica dello Stato non aveva rinunciato alle delizie della cucina italiana. Le delizie spaziano dalla pizza alla millefoglie, dalla pasta alla girella, un esperimento culinario imperdibile, si legge sui social del locale.

Allora come oggi, secondo gli inquirenti, quel ristorante è nelle mani di un imprenditore vicino alla ‘ndrangheta, finito ai domiciliari perché indagato per autoriciclaggio e altri reati aggravati dall’aver agevolato la cosca Pelle.

Questo emerge dalla mega operazione che, nei giorni scorsi, ha riguardato 108 persone, condotta dalla procura antimafia di Reggio Calabria, ed eseguita dai carabinieri del raggruppamento operativo speciale. Gli indagati sono coinvolti nell’inchiesta, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze, traffico di armi anche da guerra, riciclaggio e ancora altri reati.

I beni della mala

L’inchiesta ha riguardato anche gli immobili e le aziende che gli uomini della malavita hanno intestato a una rete di teste di legno per evitare i sequestri. Sono state messe sotto sigillo società commerciali, beni mobili e immobili del valore di circa 25 milioni di euro, localizzati in Italia, Portogallo, Germania e Francia. Tra queste c’è anche la Lazagio Italy, con sede a Lisbona, a cui fa capo la gestione del ristorante Italy Caffè, ubicato a Lisbona allo stesso indirizzo. Le quote societarie sono detenute da Sebastiano e Giuseppe Giorgi e da Gianluca Giampaolo. Gli stessi, escluso Giampaolo, sono titolari anche della Caffè in, società che controlla l’Antica trattoria da Pallotta, storico locale romano, che ha la sede a Ponte Milvio.

Anche per il ristorante portoghese, così come per altre attività commerciali, i soci sono accusati di aver coperto i reali proprietari attribuendosi la titolarità delle quote, in pratica di aver fatto da prestanome dagli uomini vicini alla ‘ndrangheta, in particolare alla cosca Pelle.

Tra questi c’è Domenico Giorgi, soprannominato “Milionario” oppure “Berlusconi”, sposato con Maria Pelle, nipote del celebre mafioso, Antonio Pelle, detto “Gambazza”.

Giorgi segue la tradizione del cosiddetto “gruppo di Erfurt”, di origini calabresi, che negli anni Novanta, dopo il trasferimento in Germania, è riuscito in breve tempo «attraverso cospicui investimenti, totalmente sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati, ad acquisire svariate attività economiche e proprietà immobiliari, intestandole a fidati prestanome», si legge nel decreto di sequestro firmato da Valerio Trovato, giudice del tribunale di Reggio Calabria.

Quella rete di teste di legno aveva consentito al gruppo imprenditoriale di estendersi dall’Italia alla Germania fino al Portogallo, paesi nei quali il contrasto alla criminalità organizzata, in assenza di delitti di sangue ed efferatezza criminale, risultava e risulta più difficile. Ritardi che hanno concesso ampie possibilità di riciclaggio e nuovi investimenti del denaro sporco alle famiglie di ‘ndrangheta e non solo.

Giorgi si inserisce nel solco di quell’esperienza di internazionalizzazione e ha costruito negli anni un vero e proprio impero controllando il ristorante Pallotta a Roma, finito sotto sequestro, ma anche altri cinque ristoranti in Portogallo, locali che generano profitti che venivano distribuiti tra tutti i soci formali e occulti. Già in passato, proprio da protagonista del “gruppo di Erfurt”, era stato destinatario di provvedimenti di sequestro, ma non era stata ritenuta attuale la sua pericolosità sociale e così in tribunale aveva ottenuto il dissequestro.

Il risveglio portoghese

Nel nuovo provvedimento a carico del milionario, emesso dal tribunale di Reggio Calabria, si legge che anche l’autorità portoghese, attivata con ordini europei di indagini, aveva accertato che il gruppo in esame ha fatto ricorso, da fine anni Ottanta ad oggi, a 70 società in gran parte rappresentate da prestanome.

Grazie alla sinergia degli inquirenti tra Italia e Portogallo si è riusciti a ricostruire l’impero societario del milionario, di cui fa parte anche Lazagio Italy, che controlla il ristorante Italy Caffè, quello dove ha pranzato il presidente della Repubblica portoghese Marcelo Rebelo Sousa, totalmente estraneo all’indagine.

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