La polizia scientifica ha eseguito i primi rilievi sulla nave, arrivata lunedì 25 agosto in serata ad Augusta, poi saranno raccolte le testimonianze. «È ovviamente uno sviluppo preoccupante che non ci lascia indifferenti», ammette infine la portavoce della Commissione Ue Paula Pinho di fronte alle insistenze della stampa
La procura di Siracusa apre un'inchiesta su quanto accaduto alla Ocean Viking della ong Sos Mediterranee in acque internazionali. La polizia scientifica ha eseguito i primi rilievi sulla nave, arrivata lunedì 25 agosto in serata ad Augusta, poi saranno raccolte le testimonianze. Migranti ed equipaggio sono in quarantena.
«Tutte le operazioni di ricerca e soccorso devono essere eseguite nel pieno rispetto del diritto internazionale». Anche quelle operate dalla guardia costiera libica, finanziata con fondi europei e italiani. A Bruxelles il portavoce della Commissione europea per gli Affari interni, Markus Lammert, prova a parare le domande sulla raffica di proiettili sparati dalla guardia costiera libica sulla nave umanitaria Ocean Viking e sui naufraghi che aveva appena salvato nel Mediterraneo centrale il 24 agosto. «Abbiamo contattato le autorità libiche competenti: spetta ora a loro fare urgentemente luce su quanto accaduto», dice Lammert nel briefing con la stampa.
Le domande (avanzate anche da Domani via mail) restano senza risposta: sono credibili le autorità libiche, alla luce di una situazione politica sempre più frammentata, caotica, violenta, di violazione dei diritti umani? Con chi parla e negozia l’Ue: il governo libico ufficiale ma anche quello non ufficiale, a est, con Haftar? Gli spari ad altezza uomo su una nave umanitaria mettono in discussione gli accordi con la Libia in termini di gestione delle migrazioni? Quali le conseguenze? Quale limite deve superare la Libia per non vedersi arrivare più il fiume di soldi europei e italiani che ormai da anni finanzia l’esternalizzazione delle frontiere?
«Non siamo nella posizione di commentare ulteriormente perché ora dobbiamo stabilire i fatti», dice Lammert. E i video, le immagini, i segni dei proiettili, la testimonianza di 87 naufraghi e dell’equipaggio di una nave umanitaria? «È ovviamente uno sviluppo preoccupante che non ci lascia indifferenti», ammette infine la portavoce della Commissione Ue Paula Pinho di fronte alle insistenze della stampa in sala.
Soldi ai libici
La motovedetta 2 utilizzata dalla guardia costiera libica durante l’attacco, dice Sos Mediterranèe, è stata donata dall’Italia nel 2023 nell’ambito del programma dell’Ue “Support to Integrated Border and Migration Management in Libya (Sibmmil)” (Sostegno alla gestione integrata delle frontiere e della migrazione in Libia). Classe Corrubia, era un assetto usato dalla Guardia di Finanza italiana. «L'Italia ha un ruolo centrale nella costruzione della “flotta libica” e l’operatività in mare», spiega a Domani l’avvocata Asgi Lucia Gennari. Gli assetti, smilitarizzati al momento della donazione (la Libia è, tra l’altro, sotto embargo militare e non può ricevere armi), vengono puntualmente rimilitarizzati dai libici. Le conseguenze sono visibili nei fori di proiettile che cospargono la Ocean Viking ora attraccata nel porto di Augusta. «L'Italia ha creato le condizioni materiali di queste violazioni degli obblighi internazionali legati alla tutela della vita in mare», dice Gennari.
Pensare che «il programma di sostegno alla gestione integrata delle frontiere e delle migrazioni in Libia, finanziato dall'Ue, mira a migliorare la capacità delle autorità libiche di salvare vite umane in mare e nel deserto e di contrastare il traffico di migranti e la tratta di esseri umani», assicura a marzo la commissaria europea per il Mediterraneo Dubravka Šuica. Il Fondo fiduciario di emergenza per l'Africa (Eutf per l'Africa), lanciato nel 2015, è stato «il principale strumento dell'Ue per sostenere la Libia nell'ambito della migrazione, con un totale di 465 milioni di euro tra il 2015 e il 2021. L'attuazione dei progetti può proseguire fino a dicembre 2025. Il finanziamento delle attività di azione esterna di cooperazione allo sviluppo – Ndici - Europa globale – stanzia complessivamente, finora, 65 milioni di euro per la Libia, che beneficia inoltre del sostegno regionale per il Nord Africa nei settori dei rimpatri e della reintegrazione (circa 25 milioni di euro) e della lotta al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani.
I precedenti
L’attacco alla Ocean Viking è solo l’ultimo episodio di una lunga serie. Era il 2016 quando uomini armati su un motoscafo hanno aperto il fuoco verso la Bourbon Argos, allora di Medici senza Frontiere, e poi sono saliti a bordo. «Era un nostro battello, ha esploso solo colpi d'avvertimento», era stata la difesa della marina libica. Nel luglio 2023 la stessa Ocean Viking ha già subito un violento scontro con una motovedetta simile a quella dei fatti del 24 agosto che «ha sparato vicino ai nostri gommoni durante un salvataggio», dicono dall’ong. «Nonostante le nostre richieste pubbliche, non è stata aperta alcuna indagine».
Europa e verifiche
La commissione non dà soldi direttamente alla guardia costiera libica, ma finanzia il ministero degli Interni italiano che a sua volta finanzia i libici.
«Ci sono dei contratti – che però nessuno ha mai visto – tra la commissione e il Viminale e tra quest’ultimo e la guardia costiera libica dove ci sarebbe una clausola di rispetto di diritti fondamentali», spiega Andreina De Leo, ricercatrice all’università di Maastricht e socia Asgi. Ong, società civile e organizzazioni internazionali hanno raccolto e pubblicato da tempo «prove sostanziali che dimostrano l’implicazione delle autorità libiche e tunisine in gravi violazioni dei diritti umani, con atti in Libia che possono configurare crimini contro l’umanità e evidenti violazioni dei diritti umani».
Eppure finora nessuna clausola è scattata. Nel 2022 il commissario ungherese Olivér Várhelyi rispondeva che «non vi sono prove che indichino violazioni dei diritti umani nel contesto del sostegno alla Guardia costiera libica da parte del Fondo fiduciario dell'Ue». Nel 2024, dopo la sentenza del tribunale di Crotone che ha dichiarato illegittimo il fermo della nave Humanity 1 dell'Ong Sos Humanity a seguito di un intervento della Guardia costiera libica, stabilendo che la Libia non è un porto sicuro e le operazioni Sar (Search and Rescue) condotte dalle autorità libiche non sono legittime, la commissaria Dubravka Šuica assicurava che la commissione «si impegna a continuare a collaborare, insieme ai partner internazionali, con le autorità libiche per garantire che le operazioni Sar siano svolte in linea con gli standard internazionali».
L’azione giuridica
La Libia alza l’asticella, ma non rischia di perdere i soldi. «Il finanziamento è impugnabile dal parlamento europeo, dal Consiglio o da parte di uno Stato di fronte alla Corte di Giustizia europea», spiega De Leo. Ma è una decisione politica. Due denunce – dinanzi alla Corte dei conti europea (Eca) e alla Commissione per le petizioni del Parlamento europeo (Peti) – presentate insieme ad Asgi e Arci e supportate da una coalizione di 13 gruppi per i diritti umani, per il momento provano a contrastare «giuridicamente le strutture di esternalizzazione, orchestrazione e finanziarizzazione del controllo delle migrazioni nel Mediterraneo centrale da parte dell'Ue». Il passaggio successivo è quello dell’Ombudsman europeo: l’attuale mediatrice, Teresa Anjinho, che potrebbe avanzare raccomandazioni non vincolanti, ma di cui in genere la Commissione tiene conto. Un procedimento in ogni caso lungo e macchinoso.
La posizione italiana
Il governo italiano intanto tace sulla Ocean Viking, mentre non si contano le dichiarazioni della maggioranza su un’altra ong, l’italiana Mediterranea, la cui nave è da lunedì 25 in fermo amministrativo per violazione del decreto Piantedosi. «È lo Stato che contrasta i trafficanti di esseri umani e gestisce e coordina i soccorsi in mare. Non le Ong», scrive oggi sui social il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi postando una foto della nave e la notizia del fermo per aver disobbedito alle disposizioni del Viminale, sbarcando i migranti soccorsi nel porto di Trapani anziché in quello indicato dal ministero.
«Questo è quanto chiediamo da sempre: un coordinamento efficace ed efficiente dei soccorsi finalizzato a ridurre morti in mare e una missione di ricerca e soccorso istituzionale per salvare vite», risponde a stretto giro Valeria Taurino, direttrice di Sos Mediterranèe Italia. «Non abbiamo però ascoltato nessuna parola sul fatto che operatori umanitari e persone naufraghe siano state brutalmente attaccate da spari armati dalla guardia costiera libica in acque internazionali e dopo il coordinamento con le autorità competenti dello Stato italiano».
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