Il servizio di ascolto è stato introdotto con una delibera del sesto municipio di Roma, l’unico amministrato dalla destra. L’esposto presentato dalla Lega uomini vittime di violenza, contro le dichiarazioni della senatrice dem Valente, ha portato a una grande solidarietà, da parte di parlamentari e associazioni attive nell’antiviolenza
Lo sportello di ascolto per uomini maltrattati aperto a Roma est ha fatto emergere quello che la senatrice del Partito democratico Valeria Valente definisce «un fenomeno pericoloso». Chi si oppone alla violenza maschile viene attaccato da «gruppi di uomini» che cercano «di negarne la specificità. Provano a normalizzare la violenza, a capovolgere la realtà trasformando le donne che la denunciano in carnefici che odiano gli uomini». Per l’ex presidente della commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio e attuale componente della bicamerale sul tema, «è una mistificazione, messa in atto da una minoranza che fatica ad accettare il cambiamento».
Valente ha risposto con un lungo post alla solidarietà che le è stata mostrata da movimenti, associazioni e reti attive nel contrasto alla violenza di genere di fronte all’esposto presentato alla procura di Napoli dalla Luvv, la Lega uomini vittime di violenza.
La storia inizia da una direttiva di giunta – pubblicata a febbraio – del VI municipio di Roma, nella periferia est, l’unico amministrato dal centrodestra. Con quella decisione la giunta guidata da Nicola Franco, quota Fratelli d’Italia, ha deciso di istituire un nuovo “sportello di ascolto per uomini vittime di violenza”, operativo nella sede distaccata degli uffici dell’anagrafe nel centro commerciale di Roma Est.
Un progetto che diffonde concetti come l’alienazione parentale, uno dei tasselli della violenza istituzionale. Si tratta di una sindrome che non è mai stata riconosciuta dalla comunità scientifica, un costrutto – per cui quando un minore rifiuta di incontrare il padre nei casi di separazione, la madre viene spesso accusata di atteggiamento manipolativo nei confronti del figlio – criticato e stigmatizzato da organismi internazionali, come il comitato dalle Nazioni Unite Cedaw e il parlamento europeo, perché volto a screditare le donne e silenziare le loro richieste di protezione.
«Una delibera pericolosa, una teoria ascientifica, una ferita inferta alle donne», l’ha definita l’assessora di Roma Capitale alle Pari opportunità Monica Lucarelli, sottolineando come questo «atto politico e ideologico di gravità estrema» sia «in contrasto con ogni principio di tutela delle donne e in violazione diretta del Libro Bianco sul contrasto alla violenza maschile contro le donne, redatto dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e presentato il 25 novembre 2024 dal governo Meloni».
«Un attacco alle donne»
La delibera del municipio parla di donne che «esercitano soprattutto la violenza psicologica sugli uomini, che può sfociare in vera e propria alienazione parentale», che «fanno terra bruciata tra gli affetti dell’ex partner». E, continua la delibera, uomini che subiscono stalking da parte di donne, che si contraddistinguerebbe «per l’elevato livello di caparbietà ed insistenza», «di tipo emotivo e silente, ma cionondimeno logorante a livello piscologico».
L’atto del sesto municipio promuove una narrazione che cancella la dimensione strutturale del fenomeno della violenza maschile contro le donne e di genere, che ha come apice il femminicidio. In questo modo, l’amministrazione guidata da Fratelli d’Italia racconta la violenza come neutra, come fenomeno simmetrico. «Una visione mistificante della realtà, alimentando una narrazione distorta e falsa», ha commentato Valente, e non come una violenza specifica «agita dagli uomini nei confronti delle donne in nome di una cultura del possesso, della proprietà che gli uomini sentono di poter agire, ancora, verso le donne».
Valente da lungo tempo si occupa all’interno delle istituzioni di violenza di genere, mettendo in luce la matrice della violenza maschile sulle donne, cioè la cultura patriarcale. Per questo, la senatrice, di fronte alla notizia di un nuovo sportello di ascolto dedicato agli uomini che subiscono violenza, ha lanciato l’allarme di «un attacco alle donne, tutte» e «ai centri antiviolenza». Sotto al post, migliaia di commenti critici e di attacchi alla senatrice.
Soprattutto, l’avvocato Angelo Pisani, ideatore del numero 1523, ha presentato un esposto alla procura di Napoli «contro dichiarazioni pubbliche discriminatorie e incitanti all’odio di genere pubblicate dall’onorevole Valeria Valente».
Si legge nell’esposto, pubblicato da Pisani sui social, che le critiche della senatrice allo sportello di ascolto «alimentano un clima di odio e stigmatizzazione contro il genere maschile», e la accusa di voler «ostacolare e screditare gli uomini e i padri».
L’avvocato ha accusato Valente di «dichiarazioni potenzialmente diffamatorie, discriminatorie e incitanti all’odio di genere», che «ledono la dignità e i diritti fondamentali di migliaia di uomini vittime di violenza».
La cultura patriarcale
Pisani strumentalizza poi la Convenzione di Istanbul, pilastro della legislazione internazionale per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere che riconosce la strutturalità del fenomeno, frutto di secoli di dominazione maschile. All’articolo 1, così come in tutto il testo, la Convenzione esplicita quali sono i soggetti che le politiche devono tutelare: il trattato intende «proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica».
Pisani è lo stesso che ha creato il 1523, un numero in difesa del genere maschile, in opposizione al numero nazionale antiviolenza e stalking 1522, presidio fondamentale sempre più utilizzato dalle donne per segnalare violenza domestica e di genere, fatta di atti persecutori, maltrattamenti, stalking, violenza psicologica ed economica. Il femminicidio è l’apice di questa violenza perpetrata dagli uomini, che ogni anno uccidono una donna ogni tre giorni.
Alla notizia dell’esposto contro le dichiarazioni di Valente, in molte hanno espresso solidarietà alla senatrice: parlamentari, associazioni e movimenti femminili e femministe. «I gravi attacchi subiti sui social dalla senatrice Valeria Valente – scrivono nell’appello – sono l’espressione della stessa cultura patriarcale che è alla base della matrice della violenza maschile agita sulle donne».
Gli attacchi e le offese, scrivono le realtà firmatarie, tra cui Differenza donna e Dire contro la violenza, «dimostrano anche che tutte le azioni di sensibilizzazione, formazione e denunzia del fenomeno, poste in essere in questi anni sul piano legislativo e sociale, stanno avendo efficacia», «un’aggressione rivolta a quello che lei rappresenta, alle battaglie realizzate al fianco delle donne nelle istituzioni». E aggiungono: «Noi saremo presidio di libertà per tutte le sorelle. Siamo tutte Valeria Valente».
© Riproduzione riservata



