Stadio, «squali» e pm. Così i fedelissimi proteggevano Sala

«Mi sta venendo un’idea. Cerchiamo di “spostare” la procedura su una proposta più urbanistica. Che sottoponiamo a confronto pubblico... Secondo me dobbiamo essere creativi. Le squadre devono seguirci. La procedura speciale è una bufala... Ma comunque non l’abbandoniamo. E così il sindaco ne esce bene sul confronto con la città». Sul progetto del nuovo stadio i fedelissimi del primo cittadino Beppe Sala si attrezzano. «Dobbiamo essere creativi», ripete il city manager di Palazzo Marino, Christian Malangone, in una chat con l’ex assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi e l’alta dirigente comunale, responsabile del procedimento sul Meazza, Simona Collarini. Sia Malangone sia Tancredi sia Collarini sono indagati dalla procura di Milano: i primi due nell’ambito della maxi inchiesta sulla gestione dell’urbanistica, la seconda nel procedimento sulle residenze Lac al Parco delle Cave. Ora, nelle nuove chat che sono state depositate dai magistrati meneghini per l’indagine che vede coinvolto lo stesso Sala – più di tremila pagine di trascrizioni – emergono diversi particolari su quanto accadeva all’interno degli uffici del comune. E nello specifico sulle scelte adottate in riferimento alla questione San Siro, al centro di un ulteriore fascicolo d’indagine nonché dell’attuale operazione di compravendita da parte dei club di Inter e Milan. Urbanistica, le chat con Sala: «La procura crea problemi» «Non diamo gli atti» «Penso sia giunto il momento di vederci un attimo noi su stadio che dite?», chiede su WhatsApp ai “colleghi” Malangone. L’obiettivo sembra quello di buttar giù una strategia che “protegga” il sindaco Sala dagli attacchi dei cittadini e degli attivisti riuniti a tutela dello storico stadio e dall’eventuale perdita di consensi. Un esempio? Il 18 gennaio di tre anni fa Sala rilascia diverse dichiarazioni alle agenzie di stampa. «Il dibattito pubblico su San Siro va fatto», chiosa il primo cittadino. Tuttavia il suo entourage lavora in senso diametralmente opposto. È Collarini, in un messaggio di qualche mese dopo rispetto al comunicato di Sala, a informare gli altri membri del gruppo che «Fedrighini (Enrico, consigliere comunale, ndr) ha chiesto documenti stadio!!!». Tancredi risponde: «Cerchiamo di non darglieli: perché consegnati in via informale?». Trasparenza, questa sconosciuta. Ma se le riunioni «inter nos» sullo stadio proseguono, anche Fedrighini non si arrende. E, in base a quanto risulta dalle chat, reitera la sua originaria richiesta. «Fedrighini ha riscritto – dice Collarini su WhatsApp – Noi la risposta concordata gliela avevamo già mandata (…). Gli posso rispondere che nulla è cambiato da ultimo nostro riscontro». In più nella chat tra funzionari ed ex assessore gli appellativi, in senso dispregiativo, rivolti ai membri del comitato Sì Meazza, a salvaguardia dello stadio, si sprecano. «Perché odiano così tanto questa amministrazione?», si domandano Collarini e gli altri. Da Tancredi, in ultimo, quasi una presa di coscienza: «Se arriva il vincolo ci si dovrà adeguare per forza. La guerra partirà dopo per il futuro. Sullo stadio si andrà avanti altri 20 anni così, fino a che qualcuno non riveda nuovamente il vincolo. Le squadre dovranno farsene una ragione». Tuttavia, davanti al vincolo sul secondo anello che in effetti scatterà il prossimo 10 novembre e dunque impedirà qualunque intervento demolitore, oggi non sembra che amministrazione e club siano disposti ad arretrare. «Sullo stadio ci sono interessi…», chiosa ancora Tancredi a cui nei giorni scorsi il Riesame ha revocato i domiciliari, disponendo l’interdizione dai pubblici uffici per un anno. Inchiesta Urbanistica, tolti i domiciliari a Tancredi, Pella e Marinoni. Disposte misure interdittive «Progetti da schifo» Le chat depositate dai pm fotografano conversazioni che vanno dal 2021 sino al 2025. Non si parla solo di Meazza. A emergere è anche il clima incandescente all’interno del comune all’indomani delle notizie sulle prime inchieste edilizie. È luglio 2024 quando Tancredi avverte Collarini e Malangone: «La procura sta girando negli uffici (…). Penso per consegnare avvisi». Solo un mese dopo una sorta di presa d’atto dell’ex assessore: «Non penso proprio che il problema sia all’interno. Procura e partito della destabilizzazione cercano e mirano a spaccare e dividere la struttura. Non assecondiamoli». E dalle carte emerge anche quello che i magistrati definiscono «asservimento ai privati». Collarini parla di «progetti da schifo che si affidano agli squali». Poi un altro messaggio in cui si fa riferimento a Hines, di cui per oltre un decennio è stato responsabile il “re del mattone”, pure lui indagato nella maxi inchiesta sull’urbanistica, Manfredi Catella (mercoledì 20 è attesa la decisione del Riesame). «Per domani era programmata call di coordinamento Hines e piano. Io annullerei visto quello che ci siamo detti. Non so se mantenere Hines comunque (che se no parte subito la De Cesaris)», scrive Collarini riferendosi all’ex assessora, tra gli oltre 70 iscritti del procedimento. Qualcuno le fa notare: «Anche Hines? Io proverei a non sconvocare anche loro. Se no la De Cesaris si agita e non è il caso». Perché si sarebbe potuta agitare? Infine, un altro riferimento a Catella. Malangone messaggia agli altri: «Coima ha un incontro alla commissione paesaggio per chiarimenti». Ribatte Collarini: «Ma sì, è conferimento in commissione paesaggio dopo prima stroncatura. Ho incontrato sia Coima che presidente commissione. Abbiamo delineato possibile soluzione per procedere». Problema, insomma, risolto. Ne resterebbe soltanto un altro. «Dare case accessibili ai bassi redditi». Ma questo è un tema che può aspettare. D’altronde il city manager risponde: «Troppe domande. Riposo». Urbanistica, le chat con Sala e l’incontro con Salvini sul salva-Milano