Un altro ergastolo per la strage neofascista di Bologna. La Cassazione ha condannato Paolo Bellini, confermando quanto deciso dai giudici nei precedenti due gradi di giudizio e rigettando il ricorso presentato dalla difesa contro la sentenza pronunciata l'8 luglio di un anno fa dai giudici della Corte d'Assise d'appello di Bologna: l’uomo, già camerata di Avanguardia nazionale e poi sicario della ‘ndrangheta, è tra gli esecutori materiali di quanto accaduto il 2 agosto del 1980, quando morirono 85 persone e 202 rimasero ferite per l’esplosione della bomba al plastico che trasformò lo scalo del capoluogo emiliano in una trappola mortale.

Si chiude così, dunque, un altro capitolo riguardante il più grave attentato terroristico nella storia della democrazia italiana, dopo anni di indagini, processi difficilissimi e continui depistaggi. Finora infatti per la strage di Bologna sono stati condannati, con diverse sentenze definitive, i terroristi neri Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Ai tre si aggiunge Gilberto Cavallini che ha incassato la condanna all’ergastolo In Cassazione a gennaio scorso. Tutti e quattro sono stati membri dei Nuclei armati rivoluzionari, i Nar, l’organizzazione della destra eversiva attiva dal 1977. Tutti e quattro, prima di abbracciare la lotta armata, hanno militato nel Fronte della gioventù e nel Movimento sociale italiano.

Oggi la condanna per il “quinto uomo”, Bellini, personaggio oscuro tra mafia, come detto, servizi segreti e movimenti neofascisti di quegli anni. Dietro tutti loro, poi, i mandanti: dirigenti dei servizi e la P2 di Licio Gelli, che secondo la procura di Bologna ha finanziato l’attentato che ha fatto più morti nella storia del Paese. 

Inoltre, sempre oggi, i giudici della sesta sezione della Cassazione hanno anche ribadito la condanna a sei anni per l'ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel per depistaggio e a quattro anni per Domenico Catracchia, amministratore di alcuni condomini di via Gradoli a Roma, per false informazioni al pubblico ministero.

Da quarantacinque anni, intanto, l’orologio nell’ala ovest della stazione di Bologna è fermo alle 10.25. Non è rotto, è solo fermo. E lo è per fare memoria. Nonostante la verità giudiziaria si scontri, ancora, con chi fatica ad accettare la matrice neofascista della strage

LE REAZIONI

«Un passo importante per la piena realizzazione di quel diritto alla verità che spetta non solo alle vittime e alle loro famiglie ma a tutto il popolo italiano – ha dichiarato il sostituto procuratore generale di Cassazione, Antonio Balsamo – Un processo in cui è stato importantissimo l'impegno di ricerca della verità da parte dei familiari delle vittime che hanno avuto la capacità di trasformare il dolore in coraggio e speranza. Un grande esempio per la nostra comunità nazionale, qualcosa che fa parte della identità collettiva del nostro popolo».

Poi il commento di Paolo Bolognesi: «Si chiude un cerchio». Per il presidente dell’associazione delle vittime della strage la sentenza è una vittoria: «Ora abbiamo i mandanti, i protettori degli esecutori e gli esecutori... Se mai si studierà il dopoguerra italiano questa sentenza farà parte della storia. Praticamente si dice che il piano di Rinascita di Gelli era un piano golpista».

Alle sue parole hanno fatto eco anche quelle pronunciate dal mondo politico istituzionale. Tra gli altri la segretaria del partito democratico, Elly Schlein: «Una sentenza storica per Bologna e per tutta l'Italia. La matrice è finalmente scritta sul marmo di una sentenza passata in giudicato, come già quella su Cavallini». Ad essere intervenuto anche il sindaco del capoluogo emiliano, Matteo Lepore che ha detto: «Ormai la storia è chiara ed è scolpita nel marmo della giustizia». 

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