Manganellate e processi arbitrari. È dura la vita dello studente al tempo del governo dei patrioti di Giorgia Meloni. Niente dissenso, niente critiche, men che meno se espressi con manifestazioni, cortei o occupazioni. Le cariche sui giovani in piazza a Pisa e a Firenze non sono un caso isolato. Parola d’ordine: repressione. Il ministro dell’Istruzione, il leghista Giuseppe Valditara, è stato chiaro: «Bocciare chi occupa e devasta gli istituti». Lo strumento? Il 5 in condotta. Come quelli che sabato scorso si sono ritrovati nelle pagelle del primo quadrimestre moltissimi studenti del Virgilio di Roma. La storia che stiamo per raccontare è solo una delle tante che hanno per protagonisti ragazze e ragazzi dei licei di tutta Italia.

Solo nella Capitale, negli scorsi mesi, i presidi di Tasso e Mamiani avevano punito severamente chi aveva partecipato alle occupazioni dello scorso dicembre. Ma il caso del Virgilio ha del paradossale per il processo a cui gli studenti sono stati sottoposti. Un processo – sostengono i ragazzi e i loro genitori – che poco ha a che vedere con il diritto. E adesso, dopo sospensioni, richieste di risarcimento danni e viaggi d’istruzione annullati, lo scontro tra scuola, studenti e genitori, rischia di finire nelle aule di tribunale.

Tutto comincia quando gli studenti del Virgilio decidono di occupare una parte dei locali dell’istituto di via Giulia, nel cuore del centro storico romano, a inizio dicembre. La protesta va avanti per quasi 15 giorni, con pochi momenti di dialogo con la preside. I rappresentanti del collettivo decidono di istituire un registro, in cui raccolgono le firme di oltre 500 studenti, una buona metà di quelli che frequentano l’istituto. «Alla fine dell’occupazione abbiamo consegnato alla preside questo elenco, come avevamo fatto anche lo scorso anno, per dimostrarle che gran parte della comunità studentesca era con noi», spiega un rappresentante del collettivo.

L’elenco però viene utilizzato contro di loro: la scuola decide di punire tutti i ragazzi di cui appare il nome. Gli studenti che prendono parte all’occupazione per la prima volta sono puniti solo con una nota e con la richiesta di 20 euro per i danni arrecati alla scuola. Per chi invece viene ritenuto recidivo è imbastito un processo. Il 25 gennaio sul registro elettronico appare una comunicazione: «Atto di incolpazione di addebito disciplinare». È rivolto a tutti coloro che hanno partecipato alle occupazioni del 2022 e del 2023, quasi 300, che vengono convocati nell’aula magna nei primi giorni di febbraio «per la rituale celebrazione del procedimento disciplinare nei loro confronti».

Processo

Qui c’è un primo problema, secondo gli studenti. «Il procedimento disciplinare viene avviato solo per i “recidivi”, ovvero chi aveva partecipato anche all’occupazione dell’anno prima», raccontano. «Nel regolamento d’istituto però la “recidiva” può essere considerata solo per fatti dello stesso anno scolastico», lamentano. Non è l’unica questione: «Con la circolare sul registro, rivolta a tutti, non è stata rispettata la privacy dei ragazzi: doveva essere una comunicazione individuale», sostiene l’avvocata Isetta Mauceri, consulente della Flc Cgil, a cui molti genitori si sono rivolti. «Questa non è l’unica illegittimità: l’istituto dà gli studenti già per colpevoli, mentre le responsabilità dovrebbero essere accertate nel corso del procedimento».

Procedimento che dovrebbe seguire il rispetto e la tutela dei diritti della Costituzione. «In questo caso però sembra che, oltre all’elenco dei nomi, non ci fossero delle prove per stabilire le responsabilità individuali», continua l’avvocata Mauceri. Per questo è stato fatto un accesso agli atti, a cui la scuola ancora oggi non ha risposto. Nell’atto di incolpazione c’è poi un lungo elenco di danni per un totale di 11.257 euro: da «8 multi prese elettriche dal costo di circa 5 euro» ai 3mila euro spesi per i servizi igienici otturati. Il danno più rilevante: 3.800 euro per la porta della presidenza, subito sostituita. «Ma era stata soltanto scalfita. Forse bastava una buona riparazione», ci dice un genitore mostrando le foto della porta. «Noi ci eravamo offerti di pagare per tutti i danni, ma la scuola non ha voluto», spiega un rappresentante del collettivo.

Abbiamo chiesto alla preside Isabella Palagi un commento sul procedimento disciplinare e la possibilità di vedere gli atti su cui si è basato, ma non ha risposto alla nostra e-mail. Lo ha fatto la presidente del consiglio d’istituto, l’avvocata Daniela Buongiorno: «La scuola non poteva fare altro che prendere provvedimenti, anche per i solleciti arrivati dalle istituzioni all’amministrazione scolastica».

Repressione

Ora però la spaccatura tra scuola e studenti è ampia. «Noi ci prendiamo la responsabilità dell’occupazione come atto politico e accettiamo le sanzioni senza problemi», ci hanno ripetuto in tanti. Sanzioni che sono state molto dure: sospensioni (da 1 a 5 giorni), l’annullamento dei viaggi di istruzione, e 5 in condotta a raffica agli ultimi scrutini.

Molti genitori sono invece sul piede di guerra: «Soprattutto perché non è tutto chiaro nel processo a cui sono stati sottoposti i ragazzi». Adesso pensano di fare un esposto al Garante della privacy, mentre è già stato fatto ricorso agli organi di garanzia della scuola.

Qualcuno pensa di arrivare anche al Tar. «Non tutti potranno sostenere i costi, forse qualche migliaio di euro. E in molti hanno paura di ulteriori ritorsioni sui ragazzi», spiega l’avvocata Mauceri. Ma più che di dialogo questo sembra tempo di manganellate e processi arbitrari.

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