Dopo la firma da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, della legge che vieta la carne coltivata, si è acceso un dibattito sulla posizione italiana, che per ora è un unicum in Europa. Alberto Villani è responsabile della Uoc di pediatria generale e malattie infettive del Bambin Gesù. È docente presso le scuole di specializzazione di pediatria dell’università Sapienza di Roma. È una delle voci che sostengono la decisione del governo, osteggiata invece dalle opposizioni e da diverse associazioni.

Professore, l’Italia è il primo paese al mondo a vietare la carne coltivata per legge. Per alcuni è un vanto, per altri è sinonimo di bigottismo e chiusura mentale. Lei come la pensa?

Noi abbiamo un primato, che è quello della dieta mediterranea che è universalmente riconosciuta in tutti gli ambiti come la migliore modalità di alimentazione per l’essere umano. Abbiamo già un modello alimentare riconosciuto, solido, valido che ha due caratteristiche: la longevità e la buona salute. Inoltre, gli italiani non hanno mai consumato quantità di carne come gli statunitensi o gli argentini, che è molto più alta e nociva. Questo significa che avendo la possibilità di seguire questo tipo di alimentazione, non c’è necessità di creare qualcosa che tra l’altro è erroneamente chiamato carne.

Ma ci sono dei rischi reali per la salute?

Non sono altro che cellule coltivate usando ormoni e antibiotici. Siamo tutti a conoscenza che la resistenza agli antibiotici nei paesi ricchi fa più morti dei tumori e delle malattie cardiovascolari. Sulla carne coltivata non sappiamo quali possono essere i rischi a lungo termine. Sappiamo invece che alimentarsi con la dieta mediterranea ci procura benessere. Questo non significa che non si può pensare a vari prodotti nutrizionali per delle fattispecie. Se io ho un soggetto che ha una specifica malattia per la quale è importante concepire un alimento proteico che non contenga qualche tipo di proteina questa strada è giusta e va perseguita.

Però negli Stati Uniti la Food and Drug Administration ha dato il suo via libera.

Sono stati fatti degli studi per capire se questo prodotto ha effetti sulla salute umana sul lungo termine? Per fare le sperimentazioni ci vogliono anni. Questa cosa qui è stata invece approvata subito perché qualcuno ha deciso che andava fatto così. Quindi sono molto orgoglioso della decisione del nostro paese che si è posto il problema. E noi ce lo possiamo permettere perché viviamo in un paese in cui la varietà nutrizionale è un nostro fiore all’occhiello, capisco che in una situazione nella quale c'è meno possibilità di scelta nutrizionale la carne coltivata possa essere un qualcosa di diverso.

Dal punto di vista ambientale gli esperti dicono che ha impatti positivi. Non si riducono le emissioni di gas serra e il consumo di suolo rispetto alla carne convenzionale?

In un paese come il nostro in cui c’è una agricoltura strutturata in un certo modo, cioè con un’attenzione sempre più rigorosa e attenta al chilometro zero, credo che non ci sia questo tipo di problema. L’Italia, ed è documentato, è il paese europeo in cui c’è stato il maggior abbattimento dell’inquinamento per tutto ciò che è legato alla filiera agroalimentare. Senza contare che i bioreattori, dove questi procedimenti dovranno verificarsi, consumano non poca energia. Richiedono tutta una serie di supporti che sono rappresentati da fattori di crescita e antibiotici. Cosa c’è di ecologico in questo? Stiamo facendo di tutto per contrastare la resistenza agli antibiotici e poi creiamo un prodotto che richiede un loro uso per la crescita delle cellule? È una contraddizione.

A livello economico è un business non indifferente. Le stime parlano di 450 miliardi di dollari nel 2040.

Costano molto di più gli alimenti processati che molti italiani mangiano e che sono responsabili dei danni alla salute. Non è un caso se in Italia abbiamo il problema dell’obesità, del diabete e delle cardiopatie. Per curarle si spendono una marea di soldi e si potrebbe tranquillamente evitare tutto questo con un’alimentazione corretta. Il vero business è evitare che le persone si ammalino. Bisogna che si alimentino in maniera corretta, non assumendo prodotti che contengono antibiotici o cibi processati. Facciamo piuttosto una campagna per introdurre in maniera seria e sistematica la dieta mediterranea. Mangiamo le dosi consigliate di carne e vedremo che si risparmia in salute e in economia.

Se tra qualche anno il divieto cadrà le aziende italiane non partono penalizzate nel mercato rispetto altri competitor?

È un qualcosa di pretestuoso, che viene detto per far vedere che c’è un ritardo. Dovremmo piuttosto iniziare a parlare di un’economia virtuosa attenta all’individuo. Facciamo in modo che prevalga il modello italiano nel quale invece c’è una ricchezza nutrizionale. Facciamo cultura con questo. Vedrà che spenderemo molti meno soldi per curare le persone.

Se l’Ue si mette di traverso cosa sarà, braccio di ferro o il governo mollerà?

Vorrà dire che ancora una volta i potentati economici hanno avuto ragione su quello che è il buon senso e la tradizione. Era intuitivo che la globalizzazione alimentare sarebbe stato un qualcosa di dannoso, ma in ogni caso si è andati avanti per via di forze economiche. Anche la Francia si sta posizionando sulla stessa ottica e vedrà che altri paesi si accoderanno all’Italia. Sollevare il problema è stata una scelta sacrosanta. Se tra cinque anni sarà dimostrato che ci sia qualcosa di scientificamente provato meglio della dieta mediterranea si prenderà atto. Ma deve essere dimostrato e sottoposto a una serie di controlli accurati, perché una volta che si arriva a una produzione mondiale di carne coltivata non si può tornare indietro. Noi rischiamo di perdere qualcosa che ha una solidità secolare a vantaggio di un qualcosa che non ha nessuna prova, nessuna dimostrazione. Per l’interesse di chi e di cosa? Questo viene da chiedersi.

Pensa che la scelta del governo sia anche dettata dal fatto di prendere tempo in attesa di capire di più sulla questione?

No, penso che sia una scelta che si basa su dei presupposti scientifici solidi e consolidati e sulla giusta perplessità verso un qualcosa che deve avere tutti i suoi percorsi per poter essere valutata. Credo che sia un atteggiamento scientificamente corretto invece che accettare le cose a occhi chiusi per motivi ideologici.

© Riproduzione riservata