Il Po è senz’acqua, le anse del Brenta sono fango e pozzanghere, il lago Maggiore è un quarto di quello che era, quel ramo del lago di Como è bagnato appena dall’11 per cento del livello di riempimento, il lago di Garda si è dimezzato. La crisi climatica italiana avanza nei letti dei fiumi e nei campi agricoli, ma arriva fino alla capitale, dove anche il Tevere è in sofferenza. Il governo è pronto ad approvare lunedì un decreto anti siccità per dare poteri speciali a un super commissario che, almeno nella prima bozza del provvedimento, dovrebbe restare in carica fino alla fine del 2024.

Un commissario con poteri estesi, come se fosse un terremoto o un’epidemia, nel senso di una emergenza pubblica, questa volta di salute, economica e sociale. Per la Coldiretti sono a rischio 300 imprese agricole. La regione Lombardia, dove risiede poco più di un sesto della popolazione italiana e circa un quinto del Pil nazionale può resistere solo fine al 9 luglio, secondo quanto ha dichiarato ieri il presidente della regione Attilio Fontana.

E può resistere grazie ad accordi con tutti i gestori dei bacini idroelettrici e a un accordo con il Trentino che regalerà alla regione confinante cinque milioni di metri cubi di acqua. L’Alto Adige ha già aumentato il flusso di acqua verso il Veneto. Almeno un quarto del territorio dello stato è a rischio siccità e desertificazione.

«Norme straordinarie»

Per questo il governo lunedì dovrebbe approvare un decreto che la ministra degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ha annunciato con parole gravi: «Nei prossimi giorni il consiglio dei ministri prenderà decisioni importanti e coraggiose. È indispensabile utilizzare al meglio la poca acqua che abbiamo in questo momento, dando priorità agli usi potabili e a quelli agricoli. Le regioni hanno fatto finora un ottimo lavoro. Ma il protrarsi della crisi idrica impone un intervento del governo, sia per contemperare i diversi interessi sia per introdurre norme straordinarie in un momento straordinario».

Criteri di razionamento

La perifrasi in realtà anticipa i contenuti del prossimo decreto. Secondo la bozza, al commissario sarà affidato il compito di decidere i criteri per la razionalizzazione delle risorse idriche e di verificare l’adozione da parte delle regioni delle misure di risparmio.

Ma dovrà anche segnalare le inadempienze dei gestori, aiutare negli eventuali trasferimenti di risorse da un bacino all’altro e da una regione all’altra e in caso sostituirsi agli enti che non fanno il loro lavoro. Entro la fine del 2024, data che al momento è prevista per la nomina, il commissario dovrà coordinare almeno venti interventi prioritari per mettere in sicurezza le infrastrutture idriche, con ampi poteri sugli appalti e con tempi dimezzati per le valutazioni di impatto ambientale.

Gli interventi saranno basati sui piani stilati precedentemente e ancora da ultimare e realizzare, comprese le opere previste dal «piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico». Il nuovo piano doveva essere adottato entro il 30 giugno di quest’anno: non è stato ancora fatto. Manca, dicono fonti ministeriali, almeno un altro decreto.

La struttura commissariale, inoltre, dovrebbe contribuire a un maggiore coordinamento, vista la suddivisione di competenze sulla questione tra il ministero della Transizione ecologica, dove nell’ultima riorganizzazione voluta dal ministro, Roberto Cingolani, è stata cancellata la direzione generale dedicata alle risorse idriche, il Mims, ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili, che ha la competenza sui bacini idrici e le opere collegate, e infine il ministero dell’Agricoltura, che si ritrova a gestire il primo fronte della crisi economica e sociale.

Senza contare le risorse che saranno stanziate per le attività del commissario e gli eventuali fondi che potranno essere trovati nei prossimi giorni, al momento per gli interventi di messa in sicurezza di acquedotti, invasi e altre opere che servono a non farci perdere la poca acqua che c’è, sono stati programmati investimenti per 2 miliardi di euro dal 2018 al 2033. Altri 3,8 miliardi sono previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, tra fondi per arginare le perdite degli acquedotti, rafforzare il sistema di irrigazione e altre opere per mettere in sicurezza l’approvvigionamento.

Il commissario dovrà coordinarsi soprattutto con le regioni e gli enti locali per evitare che l’emergenza acqua si trasformi in conflitti per l’acqua. La ministra Gelmini ha dichiarato che ci sarà «un confronto continuo e costruttivo con gli enti competenti, a partire proprio dalle regioni», ma ha anche aggiunto: «Faremo tutto ciò che è in nostro potere per superare questa situazione emergenziale».

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