Il supermercato è un luogo familiare, quando ci entriamo sappiamo esattamente dove ci troviamo, andiamo a colpo sicuro per prendere i biscotti o il pane. Fatta eccezione per il sale che nessuno sa mai dov’è, potremmo muoverci lungo i corridoi quasi ad occhi chiusi. Eppure si tratta di un luogo che in Italia tutto sommato è nato solo pochi anni fa ed è figlio di una globalizzazione che ha trovato proprio nei primi grandi magazzini uno dei suoi maggiori alleati.

Se negli Stati Uniti i primi supermercati arrivano negli anni Trenta, in Italia bisogna aspettare la fine degli anni Cinquanta sotto forma di un “negozio americano” allestito a scopo dimostrativo al Palazzo dei Congressi dell’Eur a Roma nel 1956. In quei giorni i visitatori si trovano davanti a punto vendita di mille metri quadri, enormemente più grande dei negozi di alimentari a cui si era abituati. I telegiornali dell’epoca parlano di un magazzino alimentare con «tutti prodotti rigorosamente made in Usa»: «Vastissimi negozi, frequenti negli Stati Uniti, che raggruppano sotto lo stesso tetto tutto ciò che serve per la mensa. Ma la caratteristica più saliente di questi grandi magazzini gastronomici è che non vi sono commessi. Terminato il giro, la massaia deposita la merce scelta su un piano scorrevole e la cassiera fa il conto. Il tutto all’insegna della praticità e... della buona fede».

Carrello specchio dei tempi

Da allora il supermercato è cambiato molto e il nostro carrello si è riempito via via di cose che rappresentano l’evoluzione del tempo. Un prodotto che fino alla settimana prima non c’era – o semplicemente era poco visibile – ora è messo in bella vista. E così il nostro sguardo, abituato a quella ordinarietà, si accorgerà ad esempio che proprio lì, accanto allo scaffale della pasta, è stato eretto un nuovo corner, con tutti gli ingredienti per fare il sushi.

Oggi il sushi non può mancare, così come l’ananas e i frutti tropicali, i vini francesi e il bacon americano, gli ingredienti per la cucina cinese e il guanciale per una carbonara. Persino distinguere la provenienza di un prodotto è sempre più difficile, le stagioni sono state soppiantate e tutto deve essere disponibile sempre. Se non è prodotto localmente allora lo importiamo dall’altra parte del mondo. Chi si aggira nei supermercati cioè non deve avere nulla da desiderare e deve percepire che c’è abbondanza.

È così ovunque, nel nostro supermercato vicino casa e (quasi) ovunque nel mondo. La conseguenza è che troveremo sempre le stesse cose. Pensate al made in Italy. Quanti milioni di bottiglie di prosecco viaggiano per il mondo, tonnellate di parmigiano e pecorino nei supermercati americani, pacchi di pasta con marchi italiani nei supermercati norvegesi, passate di pomodoro in ogni angolo del globo. I supermercati sono il catalizzatore di una globalizzazione alimentare che ha reso tutto un po’ uguale a sé stesso, tutto un po’ più piatto, rischiando di appiattire gusti, sapori e culture. Ma dobbiamo sempre ricordarci che il cibo ha sempre voluto dire contaminazione, scambio, evoluzione, trasformazione, comunità. E questo dobbiamo difenderlo, dentro e fuori i supermercati.

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