Nel giorno della manifestazione per ricordare l’uomo ucciso dall’assessore leghista emergono nuovi particolari dall’inchiesta in corso. Ci sarebbe un testimone oculare che ha assistito alla morte di Youns El Boussettaoui, cittadino marocchino ucciso il 20 luglio scorso da un colpo partito dalla pistola dell’assessore leghista alla Sicurezza del comune di Voghera, Massimo Adriatici. Il testimone, come riporta Repubblica, è un cittadino marocchino e ha assistito alla scena. È stato rintracciato dagli avvocati della vittima, Debora Piazza e Marco Romagnoli, perché presente nelle riprese della telecamera di un palazzo, con una maglietta bianca e dei pantaloni neri, nel momento in cui Youns El Boussettaoui e Massimo Adriatici non erano nell’inquadratura della telecamera.

L’uomo racconta di aver «visto un signore italiano che stava parlando al telefono, Youns lo ha spinto e l'italiano è caduto in terra sulla schiena. A quel punto, mentre era sdraiato, ha estratto la pistola dal fianco e gli ha sparato un colpo a sangue freddo. Dopo essere stato colpito, Youns è corso via con la mano sulla pancia e poi è caduto a terra». 

La testimonianza, raccolta con l’aiuto di un interprete dall’arabo, è stata depositata ieri in procura. L’uomo racconta di aver incontrato El Boussettaoui all’interno del bar, «Youns si è avvicinato, ha afferrato la bottiglia di birra che era sul tavolo. Poi, con tono aggressivo, mi chiedeva gli auguri perché era la “festa dell'agnello”, io lo conosco da tanto tempo e sapevo che ultimamente aveva problemi di testa, quindi ho lasciato stare». 

Uscito dal bar, El Boussettaoui avrebbe «lanciato la bottiglia, che è caduta a terra nella rotonda davanti al bar. Io sono uscito e mi sono seduto sul muretto e ho visto un signore italiano che stava parlando al telefono», continua il testimone. Poi, il racconto coincide con il video agli atti di indagine: Youns El Boussettaoui avrebbe spinto Adriatici che, caduto a terra sulla schiena, avrebbe estratto la pistola. Il testimone, alla domanda degli avvocati per capire se il colpo fosse partito accidentialmente, risponde: «Non ha sparato per sbaglio, l'italiano ha preso la pistola, l'ha puntata verso Youns e subito ha sparato il colpo che lo ha ucciso». Secondo l’uomo che ha assistito alla scena sarebbe stato l’assessore leghista a chiamare i soccorsi. 

La gip Maria Cristina Lapi ha convalidato l’arresto e confermato gli arresti domiciliari, dopo aver sentito l’indagato, assistito dagli avvocati Colette Cazzaniga e Gabriele Pipicelli, per tre ore nella giornata di ieri. È accusato di eccesso colposo di legittima difesa e ha cambiato versione davanti al gip. Dice di non aver «un ricordo preciso, non so come sia partito il colpo», ma ai carabinieri aveva detto che, scivolando, gli era partito un colpo accidentalmente.

Youns El Boussettaoui aveva 39 anni ed era già noto alle forze dell’ordine. L’avvocata della parte offesa ha spiegato che «andava curato, non ucciso, perché non faceva male a nessuno ed era malato». Debora Piazza ha poi specificato che era scappato da una struttura di Vercelli dove era stato ricoverato per disturbi psichici perché voleva tornare nella piazza di Voghera che considerava casa sua. 

«La mia bambina mi ha chiesto: “come è uscito quel colpo?”. Se capisce una bambina come non possono capirlo i magistrati?», ha detto la sorella di El Boussettaoui. Che aggiunge, «vogliamo che ci sia giustizia per tutti».

La sorella è tra le organizzatrici del corteo di protesta a cui hanno partecipato i rappresentanti della Rete Antifascista e di NSI - Noi Siamo Idee e del Collettivo giovanile di Voghera che poi, sempre nella piazza della tragedia, organizzeranno un presidio. A prendere la parola anche il giornalista Gad Lerner.

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