Sono tornati a casa i diciotto pescatori di Mazara del Vallo trattenuti per oltre cento giorni a Bengasi, in Libia, li hanno accolti questa domenica mattina le sirene del porto. Al molo li attenevano i loro familiari. «Siamo stati trattati malissimo, ci facevano dormire a terra. Cibo scadente. È stato terribile» ha detto Onofrio Giacalone, uno dei pescatori liberati in Libia, appena sceso dal peschereccio per andare a casa. «Non sapevamo nulla di ciò che accadeva in Italia- dice - ci tenevano all’oscuro di tutto».

Giovedì, il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sono andati a finalizzare l’operazione di liberazione con un controverso incontro con il generale Khalifa Haftar che li teneva prigionieri. La sera i diciotto marittimi sono ripartiti a bordo dei due pescherecci Antartide e Medinea, sequestrati dalle autorità libiche il 1 settembre scorso. Domenica mattina sono tornati dalle loro famiglie. 

«Ci hanno trattato malissimo» ha detto anche Pietro Marrone, il comandante della Medinea, che ha aggiunto solo «Sono felice di essere tornato a casa», e ha lasciato il porto. Accanto a lui “mamma Rosetta”, di 74 anni che non ha mai smesso di lottare nei 108 giorni di sequestro. La donna ha perso un figlio in mare negli anni scorsi: «Non voglio perderne un altro».

Subito dopo l'arrivo, a bordo dei due pescherecci, i pescatori sono stati sottoposti a tampone antigenico e sono risultati tutti negativi. Un secondo tampone anti-covid, di tipo molecolare, è stato effettuato e i risultati arriveranno nelle prossime ore.

Video di Noemi La Barbera

I pescatori trattenuti erano otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi: Karoui Mohamed, Daffe Bavieux, Ibrahim Mohamed, Pietro Marrone, Onofrio Giacalone, Mathlouthi Habib, Ben Haddada M'hamed, Jemmali Farhat, Ben Thameur Lysse, Ben Thameur Hedi, Moh Samsudin, Giovanni Bonomo, Michele Trinca, Barraco Vito, Salvo Bernardo, Fabio Giacalone, Giacomo Giacalone, Indra Gunawan. Nei 107 giorni di prigionia sono stati trattenuti nelle caserme di Bengasi. Il caso è stato risolto grazie all’intervento dell’Aise, i servizi segreti che si occupano dell’estero, diretti da Giulio Caravelli. Il presidente della repubblica Sergio Mattarella aveva telefonato al sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, per assicurargli che il Quirinale stava seguendo passo passo la vicenda.

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