Una “toppa all’italiana” di cui non si comprende la ratio, così Federalberghi Roma definisce la nuova ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, che dispone, oltre ai tamponi negativi, l’obbligo di cinque giorni di quarantena al rientro dai viaggi all’estero. La questione è stata molto dibattuta e ha creato sconcerto nell’opinione pubblica.

Per il presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli si è voluto punire ingiustamente agenzie di viaggi e tour operator senza apportare alcun aiuto al turismo interno. «Nessuno ci ha chiarito né la logica delle disposizioni che permettevano di recarsi in altri paesi ma non di spostarsi in Italia, né di quelle successive riguardanti l’obbligo di quarantena di cinque giorni al rientro dall’estero», ha detto il capo dell’Associazione più rappresentativa degli albergatori romani. Infine la stoccata finale: «Perché con un tampone negativo all’andata e al ritorno e ora cinque giorni di quarantena successiva al viaggio si possono raggiungere le Baleari per Pasqua e non ad esempio l’Isola d’Elba?», si chiede Roscioli. Coerentemente con le premesse, Roscioli, che fa il suo mestiere, chiede la fine della discriminazione contro gli appartenenti alla sua categoria e che la quarantena di cinque giorni sia ora applicata anche ai viaggi in Italia rendendoli così possibili da subito.

Ovviamente la proposta è destinata a non essere accolta perché se venisse concesso lo stesso trattamento dei viaggi all’estero salterebbe il lockdown da zona rossa in atto per le vacanze pasquali in Italia; ma le lamentele degli albergatori romani non sono prive di fondamento.

L’Unione europea fa il pesce in barile e parla come Ponzio Pilato: l’adozione di misure come «test e quarantene sono previste dalle raccomandazioni Ue», ha detto un portavoce della Commissione europea interrogato sul doppio test e la quarantena di cinque giorni stabilita dall’Italia per chi rientra dall’estero. Il portavoce ha evidenziato che «l’Italia non ha adottato un divieto di viaggio», chiarendo che «il principio» da seguire per gli stati membri «è sempre lo stesso: le misure devono essere non discriminatorie e proporzionate». Già ma qualche dubbio resta comunque sull’efficacia di questo doppio binario.

L’assessore alla Sanità della regione Puglia, Pier Luigi Lopalco, nel corso della trasmissione La vita in diretta il 31 marzo ha parlato di «paradosso»: «È complicato bloccare gli spostamenti fra stati. Come avviene in Spagna, si può bloccare lo spostamento fra regioni come facciamo noi per evitare la mobilità nazionale, per evitare che milioni di persone durante i fine settimana o le feste si spostino da una parte all’altra diffondendo ancora di più il contagio e le occasioni di diffusione del virus, bloccare i confini è molto più complicato e in questi giorni si è creato questo paradosso». Lopalco sa di cosa parla: è professore ordinario di Igiene presso l’università di Pisa. Dal 2005 al 2015 ha lavorato presso il Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ecdc) a Stoccolma, dove è stato capo del programma per le malattie prevenibili da vaccino. Ha pubblicato oltre 170 articoli su riviste scientifiche accreditate nazionali ed internazionali.

Contagi da ritorno

Alla trasmissione Stasera Italia del giorno precedente Lopalco aveva ricordato come nella scorsa estate in Puglia ci furono “contagi da ritorno” certificati da analisi sul genoma da cui risultavano che i pugliesi che si erano recati in Spagna o Grecia avevano portato al loro rientro varianti del virus prima non presenti nella regione. Non bisogna essere dei virologi per temere che le vacanze di Pasqua a Ibiza o Formentera potrebbero trasformarsi in un possibile area di trasmissione di varianti che poi verrebbero diffuse nel continente così come avvenne lo scorso inverno sui campi da sci svizzeri e austriaci che avevano accolto le masse di turisti inglesi (e la variante omonima).

Eppure l’Europa sembra procedere come nel libro dello storico Christopher Clark nel suo Sonnambuli, come l’Europa arrivò alla Grande Guerra. «Gli uomini del 1914 sono nostri contemporanei», scrive lo storico Clark descrivendo le cause che sfociarono nel fatale colpo di pistola di Sarajevo e nel successivo suicidio dell’Europa. Le diplomazie restarono come paralizzate e non riuscirono a fermare la guerra che provocò 20 milioni di morti. Possibile che oggi a Bruxelles nessuno cerchi di fermare la prossima variante “Ibiza” che scopriremo a maggio? Possibile che la Commissione non si renda conto che i cittadini europei sono sconcertati da provvedimenti che non comprendono e che contengono sperequazioni inspiegabili? Se i governi decidono di limitare il transito interno per paura della circolazione del virus, perché non si preoccupano dei connazionali che potrebbero portare nuove varianti da fuori dei confini nazionali?

In attesa che la campagna vaccinale abbia fatto i suoi effetti sulla popolazione e sui più fragili di essa.

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