Le immagini del massacro di Bucha, cittadina della periferia nordovest di Kiev rasa al suolo, hanno fatto il giro del mondo. Con la ritirata delle truppe russe dalle zone immediatamente adiacenti alla capitale, gli ucraini stanno liberando il territorio che era occupato provando a fare un primo bilancio delle conseguenze dell’occupazione.

I fatti

L’immagine che è apparsa ai soldati ucraini è devastante: a Bucha sono stati rinvenuti numerosi cadaveri per strada, alcuni con le mani legate dietro la schiena e fosse comuni che contengono un’ottantina di corpi. Una dozzina erano ancora visibili, alcuni sepolti soltanto sommariamente.

In una sola strada sono state trovate venti persone uccise con un colpo alla testa. Uno di loro, ha raccontato un reporter di Afp, era ancora sotto la bici su cui aveva fatto un ultimo viaggio, altri erano a terra vicino a macchine crivellate di colpi. Secondo le autorità ucraine le mani erano legate con quel che viene definito un “fazzoletto da civili”, un panno bianco che dovrebbe proteggere i cittadini comuni dagli attacchi armati.

Le testimonianze di chi è sopravvissuto hanno portato Human Rights Watch a segnalare l’emergere di crimini di guerra. Nella cittadina si è combattuto per cinque settimane prima che i russi si ritirassero, ma secondo le informazioni di Hrw molti civili hanno subito la violenza delle truppe.

L’organizzazione ha verificato diverse testimonianze, tra cui una che denuncia un caso di stupro ripetuto, un’altra che rivela due esecuzioni sommarie, una di sei uomini, un’altra di uno solo. Secondo uno dei testimoni di Hrw, le truppe russe avrebbero raccolto gli uomini sul bordo della strada, ordinato a uno di loro di inginocchiarsi con la camicia sopra la testa, e gli avrebbero sparato.

A Malaya Rohan, un paese nella zona di Kharkiv, un soldato russo avrebbe ripetutamente stuprato una donna che si nascondeva in una scuola, picchiandola e ferendola con un coltello.

Altre fonti giornalistiche parlano di corpi ammassati nelle abitazioni, mutilati e torturati prima dell’uccisione e di donne stuprate ai cui cadaveri le truppe russe hanno cercato di dare fuoco. I russi avrebbero anche usato dei bambini come scudi umani.

Le accuse

Nel pomeriggio, durante un’intervista con la Cbs, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato di «genocidio» per descrivere la situazione. «L’eliminazione di tutta una nazione e di un popolo, siamo cittadini dell’Ucraina. Abbiamo più di 100 nazionalità. Questa è la distruzione e lo sterminio di tutte queste nazionalità» ha detto. Gli ha fatto eco il sindaco di Kiev, Vitaly Klitschko, che si è recato a Bucha e da lì ha postato un videoselfie su Twitter. Alle sue spalle si intravedono due cadaveri, uno con le mani legate dietro la schiena.

«Quel che è successo qui, quello che sta succedendo in tutta l’Ucraina, non è una ”operazione speciale”, non sono obiettivi militari. Questi sono civili che hanno ricevuto uno sparo in testa mentre avevano le mani legate dietro la schiena. È un genocidio del popolo ucraino. È questo ciò che sta facendo il regime di Putin».

La replica

Il ministero della Difesa russo sul proprio canale Telegram ha respinto le accuse degli ucraini e del mondo occidentale. «Le storie su Bucha sono apparse contemporaneamente su diverse testate occidentali, un fatto che fa pensare a una campagna organizzata. Tenendo conto del fatto che le truppe hanno lasciato Bucha il 30 marzo, perché le immagini non sono state diffuse per quattro giorni?»

Il resto del paese

Dopo la consapevolezza di quanto successo a Bucha è aumentata la preoccupazione per la situazione delle altre città ancora in mano russa, come Mariupol, dove circa 160mila persone sono ancora bloccate senza viveri. Secondo la commissaria per i diritti umani Liudmyla Denisova, dalla città costiera sarebbero già state trasferite con la forza circa 40mila persone. Intanto, ieri le forze russe si sono rivolte soprattutto verso le città portuali ucraine, distruggendo una raffineria vicino Odessa. Con la ritirata da Kiev e la mobilitazione delle truppe russe in Transnistria, un attacco alla città si fa sempre più probabile: «Siamo pronti. La città si sta preparando. Le nostre forze armate e la difesa territoriale sono pronte alla possibilità che gli occupanti vogliano attaccare Odessa» ha detto il sindaco Gennadiy Trukhanov a un’emittente francese.

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