Le nomine, gli appalti, gli incarichi e i voti in Calabria erano gestiti da una cricca politica che, secondo i magistrati della procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, avrebbe agito come un’associazione a delinquere agevolando gli interessi della cosca Megna collegata alla potente ‘ndrina Grande Aracri con feudo a Cutro, dominio criminale in Emilia-Romagna con propaggini e interessi anche in Veneto.

In tutto gli indagati sono 123, quarantatré sono stati raggiunti da misure cautelari, eseguite dai carabinieri del raggruppamento operativo speciale. Il primo reato viene contestato a esponenti di vertice del Pd regionale calabrese che da decenni hanno in mano il partito. Tra questi ci sono l’ex presidente della regione, Mario Oliverio, e l’ex deputato Nicola Adamo (marito di Enza Bruna Bossio, non coinvolta nell’inchiesta).

I vertici regionali del Pd

Adamo, molto vicino a Oliverio, lavorava per costruire e rinsaldare alleanze elettorali, ottenere consensi e voti, «attraverso il ricorso a nomine, assunzioni clientelari, appalti da affidare a imprese che avrebbero garantito un ritorno elettorale», si legge nell’ordinanza cautelare firmata dal giudice Antonio Battaglia. Adamo «si premurava di fornire liste di soggetti da assumere, con modalità squisitamente clientelari, a Giancarlo Devona, il tutto anche al fine di assicurare l’appoggio, in chiave elettorale, in favore della moglie Bruna Bossio», continua il giudice. Dal Pd nazionale non arrivano commenti, ma c’è chi ricorda che ai margini dell’ultima direzione del partito, a Roma, c’era anche Adamo, la moglie fa parte dell’organismo organizzativo dei democratici.

Torniamo all’inchiesta. Devona, finito ai domiciliari, è un esponente del Pd, già assessore comunale a Crotone, e segretario particolare dell’allora presidente della regione Oliverio. Il ruolo ricoperto da quest’ultimo nella presunta associazione a delinquere è lo stesso svolto da Adamo, quello di promotore dell’accordo politico-affaristico. Tra i protagonisti figurano altri esponenti di spicco del Pd come Enzo Sculco, già consigliere regionale e animatore del movimento Demokratici, vero ras di voti e potere a Crotone, già condannato in passato per concussione.

Agiva «in modo da controllare capillarmente le nomine, assunzioni e le assegnazioni di appalti a imprese a lui gradite, così da consentire un controllo di fatto sui suddetti enti e disporre di un ritorno in chiave elettorale per ii suo movimento e, in particolare per la figlia Flora Sculco, inoltre, chiedeva appoggio elettorale ad esponenti di cosche di ‘ndrangheta, così complessivamente beneficiando di un consistente pacchetto di voti».

Sculco è finito ai domiciliari così come Devona, per il quale è caduta l’aggravante, mentre Oliverio e Adamo sono solo indagati perché, secondo il giudice, il profilo cautelare «si ritiene non sussistente». Quando i vecchi partiti d’appartenenza mutano le alleanze, i portatori di voto si spostano. Oggi, in quota Udc, Flora Sculco, indagata per un’ipotesi di scambio elettorale, è consulente esterna dell’attuale presidente della regione, Roberto Occhiuto (totalmente estraneo all’indagine).

Tra i promotori della presunta associazione a delinquere ci sono anche Sebastiano Romeo ed Ernesto Iannone, il primo ex capogruppo in consiglio regionale del Pd, il secondo assessore comunale a Mesoraca.

Le accuse

Il patto politico-affaristico ruota attorno alla figura di Sculco che attiva i suoi contatti politici per garantire voti in cambio dei favori alla rete imprenditoriale a lui vicina. Imprenditori attivi nel disastrato settore della sanità generando che «proprio per il tramite di personaggi senza scrupoli come Sculco, e di politici non disinteressati, per ottenere l’erogazione di budget per prestazioni convenzionate, ricorra a contatti, appoggi e intercessioni, ispirati a logiche affaristiche e clientelari per salvaguardare propri tornaconti economici, in spregio alle più elementari regole di trasparenza», scrive il giudice.

Poco importa dei viaggi della speranza di chi vive in Calabria per avere cura e assistenza negli ospedali fuori regione, quello che conta per i politici sono i voti, per gli imprenditori i soldi.

Altra figura chiave è quella di Devona che ha assunto un ruolo primario nello scacchiere politico regionale, ma che riusciva ad avere anche rapporti con ambienti della criminalità organizzata. I politici avrebbero inseguito «biechi interessi personali», cancellando ogni criterio di trasparenza e meritocrazia. Gli interessi imprenditoriali si estendevano dal settore sanitario a quello delle bonifiche con presunte turbative d’asta e irregolarità nell’esecuzione delle gare.

Paolucci di Speranza

Tra gli indagati figura anche Massimo Paolucci, già parlamentare europeo del Pd. Nel secondo governo Conte è stato capo segreteria del ministro della Salute, Roberto Speranza, nonostante un’esperienza nella disastrosa macchina commissariale dell’emergenza rifiuti in Campania, negli anni 2001-2004. Anche il commissario Domenico Arcuri lo ha scelto come braccio destro nella squadra per fronteggiare il Covid.

Paolucci è indagato per voto di scambio in merito alle elezioni europee del 2019 (non è stato eletto) quando, durante un incontro con alcuni imprenditori, avrebbe offerto «utilità quale tornaconto per il voto che gli veniva promesso dai soggetti incardinati nel settore dei rifiuti». Utilità che sarebbe consistite nell’agevolare questi imprenditori nel settore dello smaltimento dei rifiuti.

«Chi si assomiglia si piglia», diceva uno dei presenti. Un’altra contestazione, che coinvolge con la stessa ipotesi Paolucci, riguarda anche i fratelli Vrenna, potenti ras dei rifiuti in Calabria. L’indagine è nella fase preliminare e le misure cautelari dovranno passare il vaglio del tribunale delle libertà e, in caso di ulteriore ricorso, della corte di Cassazione.

© Riproduzione riservata