Un Dio che parla al presente, Ratzinger e il problema delle omelie

I pochi praticanti che vanno a messa la domenica di solito escono dalle chiese rassegnati per la qualità, in genere piuttosto modesta, delle omelie ascoltate. Sono infatti il più delle volte troppo lunghe, e soprattutto noiose, perché insipide e moraleggianti, tanto che papa Francesco le ha spesso prese di mira con ruvida schiettezza, del tutto a ragione ma senza risultati. Non mancano eccezioni, anche di ottimo livello, ma di frequente si subiscono prediche distanti dalla sapienza delle letture bibliche, che tra l’altro devono essere spiegate a uditori ormai secolarizzati e che pure continuano ad andare in chiesa. Si tratta insomma di un’occasione perduta in uno dei pochissimi momenti d’incontro con i fedeli, e il quadro nel complesso è piuttosto deprimente. Un’aria del tutto diversa si respira leggendo il secondo volume, appena uscito, delle omelie inedite di papa Ratzinger (Dio è la vera realtà, Libreria editrice vaticana). Sono ben 82, che si aggiungono alle 56 pubblicate alcuni mesi fa: in tutto oltre settecento pagine, tra il 2005, primo anno del pontificato, e il 2017, quando l’indebolirsi della voce impedisce al vecchio teologo di predicare la domenica nella cappella della sua residenza nei giardini vaticani. Pronunciate a braccio Le omelie più numerose sono successive alla fine del pontificato, fissata alle ore 20 del 28 febbraio 2013 dallo stesso papa. Ormai libero da incombenze continue e pressanti, Ratzinger si preparava meditando i testi biblici: ruminandoli, come un monaco medievale. La stessa cura si riscontra però durante il pontificato nelle più rare omelie per le messe domenicali private. Destinate da Ratzinger alla piccola cerchia di collaboratori e a qualche invitato, le omelie sono state tutte pronunciate a braccio in un italiano quasi perfetto, solo ritoccato dai curatori. A registrarle e a trascriverle hanno però pensato quattro donne: le fedeli e discrete laiche italiane di Comunione e liberazione che vivevano con Benedetto XVI e provvedevano alle necessità casalinghe. Le prediche permettono di entrare nel suo pensiero più dei testi pubblici, anche di quelli scritti per intero dal papa, pensati per un uditorio vastissimo. In questo volume – come già nel primo (e nell’opera omnia, per le duemila pagine delle prediche anteriori al pontificato) – i testi non sono disposti in ordine cronologico, più sensato e comprensibile, ma secondo le domeniche dell’anno liturgico. Una scelta poco felice e non attraente per il sapore clericale e un impianto antiquato, che la coedizione con un editore laico avrebbe evitato. Il ruolo fondamentale di Ratzinger nel rifondare il dialogo con l’ebraismo «Teologia della predicazione» Naturalmente il problema delle omelie non è nuovo. Sin dalla fine degli anni Cinquanta il giovane Ratzinger rifletteva sulla «teologia della predicazione», nodo emerso e discusso tra le due guerre mondiali. Un suo libro importante e attuale (Dogma e predicazione, Queriniana) ne mostra tutte le difficoltà e le vie d’uscita. «Non esistono più modelli di pensiero e di opinione atti a trasferire il contenuto del dogma nella vita di ogni giorno» riconosceva già mezzo secolo fa il teologo bavarese. Non si può però pretendere che sia il predicatore stesso a ripercorrere «tutto il cammino che va dalla formulazione del dogma al suo nucleo e, da qui, di nuovo al linguaggio del tempo presente». Né va messo da parte il contenuto dogmatico: altrimenti – aggiungeva Ratzinger – «la predicazione si trasforma in un parlare in nome proprio e perde ogni interesse oggettivo». Ecco allora la responsabilità della teologia nei confronti dei predicatori per «proporre delle indicazioni nella vita di tutti i giorni» e trasmettere «la riflessione alla predicazione». Come tentava di fare il futuro papa dialogando con i preti, predicando, parlando alla radio e scrivendo sui giornali. Ratzinger: «La chiesa deve accettare le sfide del mondo moderno» Il catechismo olandese In una conferenza tenuta nel 1968 a Tubinga sul Nuovo catechismo olandese pubblicato due anni prima (e approvato dalla Santa sede con l’imposizione di chiarificazioni e aggiunte), Ratzinger affronta proprio le difficoltà della predicazione. Lo definisce «un libro importante», che «ha spianato nuove strade per la predicazione e, in diversi punti, ha dato ad essa un linguaggio nuovo». Anche se in qualche aspetto non trascurabile «è insufficiente». Due i passaggi necessari, secondo il teologo bavarese: la teologia deve compiere una «traduzione dal passato all’oggi», e solo dopo bisogna tradurre «nel linguaggio della predicazione ciò che è stato colto nella riflessione». Il catechismo olandese ha tentato la seconda traduzione prima che fosse «compiuta la prima» osserva Ratzinger, e conclude che «è stolto glorificarlo, così come è sbagliato rifiutarlo globalmente, invece di trovare arricchimento personale nel suo successo e farsi stimolare dai suoi difetti: è questo il solo atteggiamento che fa progredire». Fin dagli anni giovanili la teoria è sostenuta in Ratzinger da una ricerca nei testi della Scrittura e in quelli dei “padri della chiesa”, i più antichi autori cristiani, e tra tutti il più amato: sant’Agostino. Come confermano le nuove omelie, che proprio perché basate sui fondamenti biblici possono confrontarsi in modo critico e creativo con l’attualità. Quello che non avevamo capito di papa Ratzinger Politica e realtà Il riferimento continuo a Dio non distoglie Benedetto XVI dalla politica e dalla realtà. Al contrario, un anno dopo la rinuncia, afferma: «Dio è realtà! Anzi è più realtà delle altre cose; noi viviamo nella realtà! È pagano considerare Dio come una nuvola, un sentimento e non una realtà, e così vivere solo di vestito, cibo, casa, delle cose strutturali, materiali, di mercato. Dove Dio non è riconosciuto come realtà concreta determinante, anche l’uomo scompare; perché l’uomo diventa un fattore del sistema economico e così dominano le strutture di mercato» con «le sue leggi, il potere della grande finanza». Ratzinger ricorre ad Agostino per affermare che, «tolta la giustizia, lo stato alla fine è solo un covo di briganti». E ribadisce: così «abbiamo visto, nel secolo scorso, Stati che erano solo grandi bande di ladroni, di briganti, perché, dove non c’è Dio, non c’è la giustizia e l’uomo è abolito». Nella critica ricorrente e severa delle «grandi ideologie del secolo scorso», Benedetto XVI include «il neoliberalismo, con tutte le sue menzogne e contraddizioni». E, in un’altra omelia, il fascismo, il nazismo, il marxismo, ma anche «il liberalismo ideologico», sono definiti «messianismi sbagliati». Oggi, fenomeni come l’aborto, il suicidio, il matrimonio omosessuale e la spersonalizzazione della sessualità presenti nelle società occidentali esprimono, secondo il papa emerito, un rifiuto del futuro, che in definitiva è anch’esso causato dall’esclusione di Dio. Il suo regno, il regno di Cristo, è invece «un potere interiore», perché «abita nei nostri cuori». E dipende anche «dalla forza della coerenza cristiana». La Scrittura per leggere il presente: le omelie inedite di Benedetto XVI