Si chiama Piero Brogi ed è l’unico italiano vittima di abusi ad essere stato apertamente risarcito dalla chiesa. Non in seguito alla sentenza di un tribunale, né con un accordo privato, ma esplicitamente come indennizzo per essere stato abusato da un sacerdote quando aveva nove anni. Brogi, pur avendo subito violenza in Italia da un prete di Roma, don Angelo Pio Loco Boscariol, non è stato risarcito dalla chiesa italiana ma da quella francese, che lo ha fatto rientrare – in via del tutto eccezionale – nel programma di ascolto e indennizzo delle vittime di abuso clericale dell’Inirr, l’Instance nationale de reconaissance et de réparation, una commissione istituita dai vescovi francesi in seguito alla pubblicazione del rapporto Ciase nell’ottobre 2021.

Secondo quanto riportato dalla Ciase, la Commissione sugli abusi sessuali nella chiesa che ha agito su mandato dei vescovi francesi, sono 216mila i minori vittima di violenza da parte di preti o religiosi cattolici in Francia fra il 1950 e il 2020 (il numero sale a 330mila se si considerano anche i laici che lavorano nelle istituzioni della chiesa cattolica), mentre i sacerdoti pedofili sono circa tremila.

La vicenda di Brogi, che oggi vive a Lione e ha la doppia nazionalità, non è certo lineare. Nel 2015 scrive alla parrocchia dei santi Aquila e Priscilla di Roma, raccontando quello che gli è successo fra quelle mura quando era chierichetto, ma il parroco don Santino Quaranta non gli risponde. «Allora mi sono rivolto agli scout, all’associazione parrocchiana dei genitori e anche al cardinale Angelo De Donatis, vicario di Roma, ma mi hanno ignorato», dice Brogi. Dal silenzio alla beffa: a Natale 2016 nel presepe della parrocchia compare una statuetta del prete pedofilo.

«È stato come ricevere uno schiaffo in faccia», commenta Brogi a Domani. Per sollecitare una reazione della chiesa, decide di intentare una causa civile per avere un risarcimento: a quel punto il parroco reagisce dicendo che il sacerdote accusato è ormai morto e che la parrocchia è «totalmente estranea, in punto di fatto e in punto di diritto, alle vicende ascritte», terminando la lettera con una «paterna benedizione».

Esasperato, Brogi prova a fare richiesta alla commissione francese ma il suo caso non viene ritenuto di competenza dell’Inirr perché l’abuso è avvenuto in Italia. Lui non si arrende e scrive al presidente Macron, minacciando di rivolgersi alla Corte europea dei diritti umani e perfino di incatenarsi all’arcidiocesi di Lione. L’arcivescovo Olivier de Germay si prende a cuore la sua storia e dopo poco tempo Brogi è infine convocato e risarcito dall’Inrr. «Hanno ritenuto che ci fosse una colpevolezza del prete», commenta Brogi. «Non basta certo a ripagarmi della sofferenza patita in tutti questi anni, ma almeno qualcuno mi ha ascoltato».

I risarcimenti fantasma

Se Parigi si è mossa, infatti, Roma è rimasta ancora una volta immobile. In fatto di risarcimenti alle vittime, la chiesa italiana per ora se l’è cavata perlopiù con accordi sottobanco di 25mila euro con la clausola di riservatezza (come abbiamo raccontato su Domani). La Cei, che non ha promosso un’inchiesta indipendente sugli abusi nella chiesa ma sta conducendo un’indagine interna limitata al lavoro dei Servizi diocesani per la tutela dei minori, ha espressamente evitato di parlare di risarcimenti alle vittime. Lo stesso presidente dei vescovi, il cardinale Matteo Zuppi, al momento del suo insediamento, nel maggio 2022, sul punto era stato vago e aveva soltanto detto che «nei centri diocesani si fa accompagnamento psicologico gratuito a chi lo richiede».

Una linea, se così si può dire, confermata il 17 novembre 2022 in occasione della presentazione del primo report nazionale sugli abusi da monsignor Giuseppe Baturi: «Come Conferenza episcopale non abbiamo articolato forme più precise di aiuto», aveva infatti dichiarato il segretario generale della Cei. Zuppi non ha mai nascosto le sue riserve sul lavoro svolto dalla Ciase, ritenuto poco affidabile perché basato non su dati certi ma su proiezioni statistiche.

Diffidenza condivisa da papa Francesco, che due anni fa ha rinviato a data da destinarsi il previsto incontro con il presidente della Ciase, Jean-Marc Sauvé, e il 28 novembre scorso non ha voluto ricevere in udienza suor Véronique Margron, presidente della Conferenza dei religiosi e delle religiose di Francia, e Antoine Garapon, che accompagnavano un gruppo di vittime della congregazione Frères Saint-Gabriel.

Garapon è il presidente della Crr, la Commission Reconnaissaince e Réparation, l’omologa per i religiosi di quello che l’Inirr è per i sacerdoti diocesani, e Margron, in quanto presidente dei religiosi di Francia, è colei che ha dato mandato alla Crr di occuparsi della “riparazione” degli abusi e del conseguente risarcimento. Il mancato incontro sembra confermare la freddezza che Francesco ha sempre riservato alla “via francese” che, con la sua trasparenza e radicalità di approccio ha evidenziato la dimensione sistemica delle violenze sessuali sui bambini nella chiesa cattolica. Certo è che i vescovi italiani sembrano molto attenti a non addentrarsi nella spinosa questione dei soldi, perché fin troppo consapevoli di quello che accade in altri paesi quando le vittime cominciano a chiedere un risarcimento economico per quello che hanno subito.

Il caso francese

La chiesa francese sta cominciando a fare letteralmente i conti di quanto costano i preti pedofili. I numeri aggiornati a ottobre 2023 indicano che hanno interpellato la Crr 801 persone, di cui 313 hanno ricevuto un risarcimento, per una cifra totale che supera gli undici milioni; 1186 persone si sono invece rivolte all’Inirr (dati del marzo 2023), di cui 190 sono state risarcite con una cifra media di 37mila euro (il massimo è 60 mila euro): le due commissioni hanno finora sborsato più di 18 milioni di euro per soli 503 casi.

I soldi arrivano da un fondo di solidarietà, il fondo Selam, istituito dalla conferenza dei vescovi nel luglio 2021. Alla sua costituzione, questo fondo aveva all’attivo venti milioni, cinque dei quali erano destinati a risarcire le vittime di abuso, ma è stato subito evidente che sarebbero bastati appena per un acconto. «Non abbiamo certo denaro nascosto in cantina!», aveva detto il presidente della conferenza episcopale francese Éric de Moulins-Beaufort, lasciando intendere che per i risarcimenti ci si doveva affidare alle donazioni (dei vescovi certo, ma anche dei fedeli). Un’inchiesta di France 2, però, ha fatto i conti in tasca alla chiesa nazionale e ha verificato che la cifra messa a disposizione dei sopravvissuti non è che l’1 per cento del suo patrimonio, stimato intorno agli otto miliardi: la sola diocesi di Lione ha 84,3 milioni di beni immobili e quella di Parigi arriva a 238,8 milioni di euro, con ben 737 immobili.

Stati Uniti

Oltreoceano, il problema è ben chiaro da anni. Un’ondata di cause legali ha travolto la chiesa cattolica negli Stati Uniti dopo che, nel 2019, è stata permessa una finestra di deroga di tre anni alla prescrizione per gli abusi sui minori. Per far fronte alle richieste di risarcimento, molte diocesi hanno fatto ricorso al Capitolo 11, una norma del diritto fallimentare che permette di stipulare una sorta di concordato preventivo, in cui viene garantita la liquidazione dei debiti con un risarcimento forfettario; l’azienda o l’istituzione rimangono però in funzione, «con i loro meccanismi di guadagno e i loro segreti legali nascosti», come precisa David Clohessy, ex direttore di Snap, la più grande rete di sostegno ai sopravvissuti agli abusi dei sacerdoti degli Stati Uniti.

Questo non significa che la chiesa non abbia i mezzi per pagare: «Nessuna diocesi è senza soldi», precisa Clohessy, «i funzionari della chiesa affermano di essere in rosso, ma in realtà ciò che temono davvero è il contenzioso con le vittime, e in particolare il dover affrontare domande difficili, sotto giuramento, su quanto sapevano e quanto poco hanno fatto per fermare i crimini sessuali commessi dai preti sui minori».

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