Lesioni e omicidio colposo per responsabilità sanitaria. Sono le accuse formulate nei confronti degli ex vertici dell’ospedale «Borgo Trento» dalla Procura di Verona, che indaga sullo scandalo citrobacter, batterio killer in grado di provocare gravissime infezioni nei neonati e di causarne danni permanenti fino al decesso. Negli ultimi tre anni l’epidemia ha coinvolto 91 bambini provocando in 9 casi conseguenze gravi o mortali e portando alla chiusura per più di due mesi, nell’estate del 2020, del più grande punto nascite del Veneto.

Nel registro degli indagati sono stati iscritti l’ex direttore generale dell’ospedale di Verona, Francesco Cobello, oggi promosso dalla Regione Veneto - come rivelato da Domani nel maggio scorso - a capo della Scuola di sanità pubblica, l’ente che si occupa della formazione e dell’aggiornamento professionale dei sanitari del Veneto; l’ex direttore sanitario, Chiara Bovo, che oggi coordina la direzione medica degli ospedali padovani di Schiavonia, Piove di Sacco, Cittadella e Camposampiero; l’ex direttore medico, Giovanna Ghirlanda; il primario di Pediatria, Claudio Biban; la microbiologa Giuliana Lo Cascio; il primario di Malattie Infettive, Elvira Tacconelli e il responsabile del risk management, Stefano Tardivo.

L’iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto che precede la nomina, da parte del sostituto procuratore Maria Diletta Schiaffino e del procuratore capo Angela Barbaglio, dei consulenti tecnici a cui affidare una perizia che stabilisca nel dettaglio le singole responsabilità dei dirigenti dell’ospedale considerate evento per evento. Gli indagati avranno così la possibilità di nominare i consulenti di parte e di partecipare alle operazioni dei periti.

Il pm e i carabinieri del Nas nei mesi scorsi hanno analizzato le cartelle cliniche e la documentazione proveniente dalle commissioni interne dell’ospedale e sentito diversi testimoni tra i famigliari dei bambini malati o deceduti e i colleghi dei sanitari oggi indagati. Sono state acquisite agli atti anche le relazioni della commissione ispettiva disposta dalla Regione Veneto e dal Ministero della Salute.

La storia

Il caso era passato sotto silenzio a Verona ed era esploso solo in seguito alla morte della piccola Nina, bambina deceduta all’ospedale Gaslini di Genova dove era stata trasferita nel disperato tentativo di salvarle la vita. La relazione ispettiva di Azienda Zero, l’ente di governance della sanità veneta, lamentava di aver appreso informazioni nella fase iniziale della crisi «esclusivamente da mezzi mediatici».

Direttore sanitario, direttore medico e primario di Pediatria erano stati sospesi dal dg Cobello nel settembre del 2020, ma sono stati in seguito reintegrati dal giudice. Ora si trovano tutti indagati insieme al direttore che li sospese, e che non è mai stato accusato di nulla né ha subito procedimenti disciplinari.

L’ex dg Cobello era stato però criticato dagli ispettori ministeriali, che nella loro relazione del 3 novembre 2020 avevano riscontrato «criticità organizzative» e la «mancanza di una forte governance della struttura sanitaria». Per Andrea Urbani, direttore generale del Ministero della Salute, il dg era stato informato già «dal 6 dicembre 2019 della presenza di almeno un caso».

Cobello invece ha sempre sostenuto di aver saputo dell’infezione a maggio 2020 e che la notizia di un solo caso di infezione non potesse essere da lui interpretata come un allarme in assenza di segnalazioni specifiche da parte degli organismi preposti: «Si rammenta – scriveva l’ex direttore dell’ospedale il 17 novembre scorso in una lettera in risposta agli ispettori – che il direttore generale non è un sanitario (né è tenuto a esserlo) e non ha competenze in ambito medico (né è tenuto ad averne)».

Oggi però dirige la scuola di formazione sanitaria regionale, nel cui consiglio di amministrazione siedono il direttore generale della sanità regionale Luciano Flor e quello dell’azienda ospedaliera Verona, che potrebbero decidere di costituirsi parte civile in un eventuale processo sul caso citrobacter.

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