Nella città laboratorio dell’estrema destra Lega e Fratelli d’Italia sembrano aver fatto pace dopo la frattura creata dall’elezione del presidente della Repubblica. A Verona ieri è stato chiuso un accordo per la rielezione del sindaco uscente Federico Sboarina.

Le trattative sono state fatte a livello locale, mentre sul piano nazionale Matteo Salvini solo una settimana fa diceva che la coalizione di centrodestra «si è sciolta come neve al sole». Ora però, in isolamento nella sua casa di Roma, sta lavorando per cercare «di riannodare i fili da Verona a Palermo», ha detto in collegamento alla trasmissione di Rai 1 Porta a porta. 

Le prossime elezioni amministrative saranno una partita importante, con 21 comuni capoluogo di provincia e 4 comuni capoluogo di regione che andranno al voto a fine maggio o inizio giugno, quasi mille comuni in totale. Dopo la disfatta della destra alle amministrative del 2021, Salvini aveva fatto un mea culpa e promesso che per il 2022 si sarebbero mossi per tempo «con gli amici Giorgia e Silvio», trovando i candidati entro novembre: il ritardo nella scelta dei candidati «è stata una nostra colpa e di questo faremo tesoro nelle prossime elezioni comunali», aveva detto dopo la sconfitta a Milano, Roma, Torino, Napoli, Bologna.

Ma a poco più di cento giorni dal voto per il centrodestra la matassa è ancora molto ingarbugliata: mentre si trova l’accordo su Verona, nelle altre città la coalizione sembra prendere direzioni diverse.

L’accordo

La Presse

L’intesa raggiunta nel capoluogo veneto non è ancora stata ufficializzata, in attesa di un’iniziativa comune. Alla base, oltre ad alcuni punti programmatici su sicurezza e grandi infrastrutture sostenute anche grazie ai fondi del Pnrr, la spartizione delle cariche. Il sindaco uscente Sboarina, al primo mandato sostenuto da tutto il centrodestra ma senza nessuna tessera di partito, il 15 giugno del 2021 è entrato nelle file di Fratelli d’Italia.

Spetta quindi alla Lega la carica di vicesindaco, per cui si sono fatti i nomi di Federico Bricolo, ex senatore, e di Roberto Mantovanelli, presidente di Acque Veronesi. Al 50 per cento anche i componenti della giunta: cinque assessori saranno scelti dalla Lega e cinque da Fratelli d’Italia. Ma il patto non si ferma al 2022, perché la Lega fa promettere che alle elezioni del 2027 il centrodestra si impegnerà a sostenere un candidato leghista. 

Il grande assente in questa fase è Forza Italia che, a livello regionale, ha rifiutato la candidatura di Sboarina a favore di Flavio Tosi, ex sindaco di Verona ed ex leghista, candidato controverso perché espulso dal partito nel 2015 perché in contrasto con il segretario Salvini. «Inutile nasconderlo, Sboarina non ci entusiasma, ha dimostrato scarso rispetto nei nostri confronti e il gruppo dirigente del partito è unanime nell’escludere un sostegno», ha detto Michele Zuin, coordinatore regionale di Forza Italia, che però evidenzia la possibilità che al tavolo nazionale prevalgano dinamiche diverse. 

Non è ancora chiaro quanto pesi al partito di Matteo Salvini la decisione di lasciare l’amministrazione della città natale di Lorenzo Fontana, ex ministro e vicesegretario del Carroccio, e luogo in cui la Lega ha sempre trovato un terreno fertile. Da un lato, il nuovo gruppo dirigente leghista ha avuto rapporti difficili con il sindaco. Dall’altro, appoggiare Tosi significherebbe non solo scontentare il presidente della regione, Luca Zaia e l’assessore regionale Marcato – che ha definito un riavvicinamento di Tosi al partito «pericoloso» – ma anche perdere l’appoggio di FdI sulle candidature di Padova e Belluno.

A Padova l’accordo sarebbe sul nome di Francesco Peghin, ex presidente di Confindustria. Oscar De Pellegrin, ex pluricampione paraolimpico, invece dovrebbe essere il candidato favorito di Lega e Forza Italia a Belluno. Ma in entrambe le città Fratelli d’Italia aveva pronti i nomi di Elisabetta Gardini o Enoch Soranzo e Raffaele Addamiano. 

I candidati

Ex Alleanza nazionale, Sboarina, dopo la vittoria del 2017, si è definito «sindaco di un centrodestra veronese che dopo tanti anni si è ritrovato». Il sindaco che avrebbe unito le destre del capoluogo veneto ha però festeggiato la vittoria indossando una maglia simbolo della destra radicale, «quella che lui, Federico Sboarina, ha sempre evitato di far apparire ufficialmente tra le sue fila», scriveva il Corriere di Verona. La maglietta, racconta il giornale locale, è stata ideata e prodotta da un negozio i cui soci sono esponenti della destra radicale, tra cui Forza nuova.

Gli altri due candidati sono Flavio Tosi, come indipendente di centrodestra, e Damiano Tommasi, ex calciatore, candidato di centrosinistra, da cui però non è ancora arrivata nessuna ufficialità. A Verona il centrosinistra ha vinto una volta sola, nel 2002, anche grazie allo sgretolamento del centrodestra che si era presentato diviso alle elezioni.

Tosi invece è stato sindaco della città per due mandati, dal 2007 al 2017, ha sostenuto la candidatura a sindaco della sua compagna contro Sboarina e ora è determinato a tornare a Palazzo Barbieri. «L’ultimo sondaggio dice che sono al 25 per cento da solo, senza partiti», ha detto al Mattino di Padova, ricordando che «qualsiasi partito si aggiunga, sono altri voti sottratti a Sboarina che è soltanto al 30 per cento. A proposito, ringrazio Forza Italia».

Tosi ha sperato fino all’ultimo un ritorno di fiamma con la Lega, dopo la sua espulsione nel 2015, anche grazie all’europarlamentare Toni Da Re che si era mostrato possibilista verso un appoggio leghista a Tosi. Lo scontro all’interno del partito tra Salvini e l’ex sindaco di Verona, che è stato anche segretario della Liga veneta aveva creato una profonda spaccatura, tanto da portare l’assessore regionale Marcato a dire che il Carroccio nell’era Tosi gli fa «orrore».

Nel resto d’Italia

A Palermo, FdI ha già una candidata, la Lega non ha ancora una posizione, mentre Forza Italia guarda con interesse il progetto centrista di Italia viva. I due alleati di Verona sono poi divisi sulla presidenza della regione: la Lega appoggia Micciché, FdI il governatore uscente Musumeci. Ad Alessandria il partito di Giorgia Meloni ha minacciato di trovare un altro candidato, mentre in Liguria è in corso lo scontro tra la Lega e Toti. 

Oltre all’accordo veneto, da cui la Lega potrebbe comunque uscire indebolita in caso di una sconfitta di Sboarina, le trattative nel resto del paese sono ancora acerbe e il mese di novembre è passato da un pezzo.

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