Quando hanno rifatto la Salerno-Reggio Calabria si sono dimenticati di ricostruire un viadotto vecchio di mezzo secolo, mal tenuto e pericoloso perché posato sopra un terreno che sta franando. Si tratta del viadotto sul fiume Torbido, nel tratto lucano dell’autostrada, un pezzetto di appena 380 metri all’interno dei 34 chilometri del secondo macrolotto tra Buonabitacolo e Lauria nord completamente ristrutturato con una spesa di circa 1 miliardo di euro.

Buttare giù il vecchio manufatto e sostituirlo con un ponte nuovo sarebbe costato meno di 30 milioni di euro, un’inezia rispetto al valore complessivo dell’opera. Ma quei 30 milioni non sono stati spesi, il viadotto è rimasto quello che era mentre i rischi che riguardano la sua stabilità sono cresciuti. La frana che interessa l’area circostante tra Lauria nord e Lagonegro sud alle pendici del monte Sirino non si è mai fermata e il viadotto resta in piedi soprattutto perché dalle falde che lo circondano l’Acquedotto lucano continua a tirar su acqua al ritmo di circa 350 litri al secondo. Se per un qualche motivo questo emungimento fosse interrotto la possibilità di un gravissimo dissesto sarebbe molto concreta. Insomma, sulla «nuova» autostrada Salerno-Reggio hanno lasciato intatto un viadotto rischioso, minato da vizi occulti, simili (anche se di altra natura) a quelli che a Genova hanno portato alla tragedia dell’agosto 2018.

La lettera dell’ingegnere

È una storia che comincia più di una decina di anni fa quella del ponte lucano dimenticato, ma che era stata sempre tenuta nascosta, chiusa in un cassetto forse nella speranza che nessuno l’avrebbe mai scoperta. Ora viene alla luce grazie all’iniziativa del progettista del viadotto e anche dell’intero macrolotto autostradale, l’ingegner Nicola Troccoli. È il professionista che tra l’altro ha progettato pure l’autostrada Pedemontana Veneta. Dopo aver tentato inutilmente a più riprese di avere qualche spiegazione dall’Anas sulla mancata costruzione dell’infrastruttura nonostante fosse stata concordata con la ditta costruttrice, la società italo-spagnola Sis che fa capo al gruppo Dogliani, e quindi la sua realizzazione fosse un obbligo contrattuale, l’ingegner Troccoli ha deciso di rendere pubblica la vicenda per non restare coinvolto in rischi futuri.

Il professionista ha scritto una lettera a un giornale locale, la Nuova Sud, che l’ha pubblicata su una pagina intera con a fianco un’altra pagina di commento del direttore, Nino Grasso, che ha definito il viadotto del Torbido il «buco nero» della Salerno-Reggio Calabria. Troccoli si è mosso perché sa che il ponte sul Torbido è minacciato da «gravissimi problemi idrogeologici che mettono a rischio la stabilità dell’opera» ed è un azzardo tenerlo in piedi così com’è. Subito dopo sullo stesso giornale è stato pubblicato un intervento dell’assessore regionale alle Infrastrutture, la leghista Donatella Merra, che ha promesso di convocare l’Anas per chiedere spiegazioni sulla costruzione dimenticata del viadotto. Ha poi aggiunto che vuole parlare della faccenda anche con il nuovo amministratore dell’Acquedotto lucano considerando che la stabilità del ponte è collegata alla captazione dell’acqua delle falde. Accanto all’intervento dell’assessore regionale il quotidiano ha pubblicato un commento dell’ex sindaco di Nemoli, il paese dove si trova il vecchio ponte, il quale con stupore ha ammesso che secondo lui sulla costruzione del nuovo viadotto è stata messa una pietra sopra.

Interventi di sostegno

Probabilmente l’ex sindaco ha ragione: di fatto nessuno fino a ora sembrava avere voglia di riesumare la storia del viadotto dimenticato nonostante sia chiaro a tutti che quella dimenticanza costituisce un pericolo grave per la sicurezza dei trasporti. Proprio la consapevolezza del rischio ha suggerito la necessità di interventi che si sono susseguiti negli anni, dalla stabilizzazione delle fondazioni delle pile di sostegno fino all’installazione di cavi di precompressione nel tentativo di trattenere il viadotto dallo scivolamento a valle. Tutti sforzi generosi, ma sostanzialmente insufficienti, tamponi che non hanno mitigato i vari aspetti critici. Per questo motivo una quindicina d’anni fa, al momento della ristrutturazione del tratto lucano della Salerno-Reggio, era sembrato ovvio a tutti, a cominciare dall’Anas fino alla ditta costruttrice, che tra i vari grandi interventi da realizzare ci fosse anche la ricostruzione del viadotto del Torbido.

Siccome però di mezzo c’erano le falde che danno da bere a tutta la regione, prima di dare l’assenso definitivo furono ritenuti necessari approfondimenti. Così fu fatto: nello studio finale fu modificato il progetto proposto proprio per avere la garanzia assoluta che la costruzione della nuova opera non potesse arrecare danni alle falde. A quel punto sembrava che tutto fosse chiarito e pronto per il via ed era stato preventivato che al massimo nel 2012 il cantiere del viadotto sarebbe stato aperto. E invece proprio da quel momento la vicenda del Torbido si è inabissata, forse dimenticata per ignavia burocratica o forse perché ha finito per intersecare un’altra storia che riguarda l’ammodernamento della Salerno-Reggio.

Questa seconda storia è collegata al secondo macrolotto lucano dell’autostrada che è stato sì completato, ma si è lasciato dietro una scia di contenziosi. La società costruttrice Sis ha avanzato riserve sui lavori per la bellezza di 800 milioni di euro, un importo quasi uguale a quello dell’intera opera, cioè ha ritenuto che si siano manifestati in corso d’opera imprevisti giganteschi e di ogni tipo, tali da raddoppiare quasi i costi preventivati. L’Anas si è rifiutata di accogliere queste richieste considerandole eccessive e ingiustificate. I contendenti sono finiti in tribunale e nel primo grado di giudizio all’azienda delle strade è stata data ragione. La mancata costruzione del viadotto sul Torbido e il contenzioso per il secondo macrolotto dell’autostrada non hanno comunque impedito ad Anas di affidare nel frattempo altri grandi lavori alla società Sis.

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