Primo grande successo per i comitati: il bosco Lanerossi non diventerà area di cantiere Tav. Ora si punta a renderlo un'area pubblica comunale a disposizione dei cittadini. L’attivista Zilio: «La nostra battaglia parla di vivibilità, salute, giustizia ambientale. Viviamo in una città che resiste al cambiamento climatico». Bertola, presidente della locale Associazione italiana medici per l’ambiente (Isde): «La città già adesso sfora i limiti delle polveri sottili, Iricav dice chiaramente che produrrà un aumento del Pm10»
Dai boschi di Vicenza si alza il grido della comunità contro le grandi opere: «Voi il cemento che avanza, noi la natura che resiste». Dopo più di un anno di battaglie per salvare due boschi cittadini dalle ruspe dei lavori del Tav a Vicenza, è giunta la prima grande vittoria dei comitati: «Oggi il bosco Lanerossi è salvo. Dalle dichiarazioni del sindaco apprendiamo che non verrà abbattuto e non sarà area di cantiere», racconta Marco Zilio dell’Assemblea dei boschi che resistono.
Ora i comitati che si oppongono al Tav chiedono un ulteriore passo avanti: «Vogliamo che il bosco Lanerossi diventi un'area pubblica di proprietà comunale a disposizione della comunità e che venga preservato ad area boschiva, non più soggetta a variazioni urbanistiche».
Anche il sindaco di Vicenza, Giacomo Possamai, ha dichiarato l’intento di preservare l’area: «Adesso inizia una nuova fase perché quest’area diventerà pubblica. Vogliamo trasformarla in un bosco urbano accessibile e condiviso dal quartiere e dalla città».
Il secondo bosco da difendere
Dopo la prima grande vittoria dei comitati ambientalisti sul bosco Lanerossi, rimane aperta un'altra battaglia. Quella che vede attiviste e attivisti in prima linea a difendere il secondo polmone verde minacciato dai lavori del Tav: il Bosco di Ca’Alte.
Grazie a delle casette di legno costruite sugli alberi e a cordoni di persone incatenate, da settimane gli attivisti resistono agli sgomberi messi in atto per far spazio ai cantieri del progetto Tav Verona - Venezia. Ora si è giunti alle battute finali: il secondo lotto funzionale, che collega l’ingresso ovest della città alla stazione, prevede l’apertura di cantieri in un’ampia porzione del tessuto urbano.
Una grande opera che vede coinvolti interi quartieri in cui le persone sono state fatte spostare dalle proprie abitazioni dal consorzio che ha avuto l’appalto per la costruzione del lotto e dove sarà intaccato anche il polmone verde del bosco di Ca’ Alte, che dovrebbe essere abbattuto per fare spazio a un cavalcavia.
Il comitato cittadino "I boschi che resistono” - composto da attivisti dei centri sociali, persone anziane, medici, bambini e residenti - vuole difendere anche questo secondo bosco per preservare l’impatto ambientale del verde sulla salute collettiva, insieme alla cittadinanza.
La lotta sugli alberi
La mobilitazione, nell’ultimo anno, è stata ampia e ha raccolto anche la collaborazione di associazioni e della Diocesi di Vicenza. «La nostra battaglia parla della vivibilità, di salute, di giustizia ambientale. Viviamo in una città che resiste al cambiamento climatico anche con queste pratiche», racconta l’attivista Zilio.
Nei due boschi occupati, attiviste e attivisti hanno costruito casette di legno e orti sociali, organizzando al loro interno eventi culturali e momenti assembleari, avendo cura di preservare la fragilità del territorio.
La battaglia sul Tav di Vicenza è legata a doppio filo all’esperienza del movimento No Tav in Val di Susa, come ricorda Zilio: «La Val di Susa ha molto da insegnare in termini di resistenza e gli attivisti ci hanno aiutati molto nella nostra lotta contro il Tav per la salvaguardia ambientale». Le persone che abitano il territorio vicentino, come in Val di Susa, chiedono di essere coinvolte nelle decisioni che riguardano la loro città e il loro diritto alla salute.
Proprio per questo, nella giornata di martedì 8 luglio, gli attivisti si erano stretti in una protesta per difendere il bosco di Ca’ Alte. Seduti e incatenati davanti ai cancelli di accesso all'area, alcuni di loro erano stati portati via dalle forze dell’ordine che avevano utilizzato anche gli idranti per provare ad accedere all’area.
Ma l’assemblea dei boschi è riuscita a mantenere l’occupazione del bosco anche grazie alla presenza di attivisti che sono tuttora nelle casette di legno costruite sugli alberi.
Rischi ambientali
I danni delle grandi opere per la salute pubblica preoccupano anche il personale sanitario del territorio, che sostiene le mobilitazioni. «Il problema è legato al fatto che raddoppiare i binari in città comporta inquinamento dell’aria e dell’acqua», racconta Francesco Bertola, presidente dell’Associazione italiana medici per l’ambiente (Isde) di Vicenza.
Preoccupano le condizioni ambientali legate ai lavori che devono essere eseguiti in città: «Vicenza già adesso sfora i limiti delle polveri sottili, Iricav (Consorzio per l'alta velocità, ndr) nei suoi documenti dice chiaramente che produrrà un aumento del Pm10». I medici ricordano che l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha riconosciuto che le polveri sottili sono dannose perché associate a malattie polmonari e circolatorie.
Tutte le grandi opere, dunque, hanno ripercussioni sulla salute: «Vengono inquinate aria e acqua, cui si aggiunge anche l’inquinamento acustico». Per il dottor Bertola «il progetto comporta un disagio serio ai residenti» e tocca anche i polmoni verdi cittadini che «servono ad abbassare la temperatura delle città. Se li abbatti e metti asfalto e cemento viene meno la funzione ambientale».
«Sarebbe bastato migliorare la linea ferroviaria esistente. Ora chiediamo che i cantieri siano interrotti per una valutazione sanitaria e ambientale seria: l’impatto di una simile opera è devastante per la città», conclude Zilio.
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