Alcuni arrivano per un prelievo di sangue, altri per estrarre una pallina da un orecchio, finita lì dentro chissà come. Ci sono bambini che arrivano in ospedale perfino con un fagiolo infilato nel naso. Arrivano spaventati, in lacrime, che si fa? C’è la realtà virtuale, adesso, ad aiutarli. Così raccontano dal pronto soccorso pediatrico del Gemelli di Roma, dove da tre mesi stanno sperimentando l’utilizzo di visori sui piccoli pazienti, somministrando videogiochi e cartoni animati a seconda dell’età. I risultati, spiegano con soddisfazione, sono ottimi. Nelle foto e nei video diffuse della struttura, si vede una bimba tranquilla mentre le viene rimosso un orecchino incistato, o un altro tenere saldamente in mano un controller per farsi medicare all’altro braccio. Sorridendo.

Ai bambini vengono consegnati i visori quando devono essere sottoposti a procedure particolarmente dolorose, come i punti di sutura. Quando sono agitati.

«Allora è più difficile attuare le procedure in sicurezza, aumenta lo stress dei bambini, dei genitori e del personale sanitario», spiega il dottor Antonio Chiaretti, direttore del pronto soccorso pediatrico. È lui che lavora alla sperimentazione, insieme a David Korn, dirigente medico del pronto soccorso e responsabile dei progetti di Digital Health. L’équipe medica dell’ospedale ha trattato in tutto una ventina di bambini da aprile. Solo risultati positivi.

Lo dice l’esperienza

La tesi in sé non è nuova. “Distraiti per stare meglio” non è il consiglio di un amico, ma uno dei metodi non farmacologici riconosciuti tra gli interventi infermieristici.

L’idea di usare i visori, in questo caso, è venuta traendo spunto dall’ospedale universitario di Ginevra, in Svizzera, che sperimenta la Vr da un anno e ha fornito giochini e video all’ospedale di Roma.

Per i più piccoli cartoni animati, per i più grandi l’esperienza virtuale di cani che rincorrono una volpe («Senza mai prenderla, sia chiaro», specifica il dottore), o di palloncini a cui sparare. In Italia sono state già registrate esperienze simili, come all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, partiti a maggio con il “Sedakit”. Gli studi a livello mondiale vanno avanti da anni. Se ne trovano a partire dal 2009, ma uno dei più recenti e completi, citato dagli stessi medici del Gemelli, è quello del centro ustioni Erzurum City Hospital, in Turchia, pubblicato a giugno.

Dal 2019 al 2020 le dottoresse Merve Kaya e Zeynep Karaman Özlü della facoltà di infermieristica alla Ataturk University hanno proposto la realtà virtuale a un gruppo di 33 bambini che dovevano essere medicati per ustioni, e nello stesso periodo hanno predisposto medicazioni senza l’utilizzo di visori per altri 32. Chiedere ai bambini di spiegare le loro reazioni non è stato sempre facile. Sono state usate delle scale riconosciute per quantificare dolore, paura e ansia. Nello specifico la Wong Baker Faces Pain rating scale, la Children’s Fear Scale: a prima vista sembrano un insieme di faccine che vanno dal sorriso, a un volto pieno di lacrime, o un viso più o meno spaventato. I piccoli hanno dovuto identificare così le loro emozioni. Inoltre, gli è stato proposto lo State-Trait Anxiety Inventory for Children, un sondaggio che aiuta a specificare quanto fossero preoccupati. 

A queste, sono state aggiunte le misurazioni della saturazione dell'ossigeno e della frequenza cardiaca, prima e dopo la procedura. I risultati? I bambini che hanno avuto accesso alla realtà virtuale hanno mostrato un’intensità del dolore significativamente inferiore, allo stesso modo, si legge nello studio, hanno avuto meno paura e meno ansia. La frequenza cardiaca, durante la cura della ferita, era significativamente inferiore tra chi portava i visori. Quasi invariata la saturazione dell'ossigeno, ma questo non ha smentito gli altri parametri.

Un risultato importante, visto che le ustioni sono considerate tra i traumi più gravi che una persona possa affrontare. Trattamento della ferita, cambio della medicazione, interventi chirurgici di riparazione causano grave dolore, stress fisico e possono arrivare a causare danni psicologici al paziente ustionato.

Un’esperienza immersiva

«Il bambino fa “ahi” ma più di quello non fa - aggiunge Chiaretti -, e soprattutto non si muove». Il dolore non è solo un’esperienza sensoriale ma anche emotiva e cognitiva, e l’utilizzo di metodi di trattamento farmacologico da solo potrebbe non essere sufficiente. «Dal Covid-19 in poi la realtà virtuale è diventata ancora di più la nuova frontiera della medicina», spiega Chiaretti. Il mondo ha avuto bisogno della telemedicina e a quel punto l’interesse su cosa possano fare le nuove tecnologie si è ampliato. In base al livello di isolamento dal mondo tangibile, la realtà virtuale totalmente immersiva è la forma più efficace.

Non è nemmeno così cara. I visori utilizzati al Gemelli, a cui bisogna aggiungere in questo caso un tablet, costano intorno ai duemila euro, ma sul mercato già adesso se ne possono trovare di più economici. I prezzi col tempo scenderanno. Ancora è presto per valutarne la durata nel tempo, ma, spiega il medico, si possono ipotizzare immediati risparmi per quanto riguarda le procedure, visto che non è necessario ricorrere alla sedazione e alla sala operatoria, e anche per i tempi di permanenza: se va tutto liscio si fa molto prima.

Al Gemelli il paziente più piccolo trattato aveva 4 anni e due mesi, e «non ha fatto né ai bai» per sei punti su una gamba. Ma l’esperimento potrebbe andar bene per tutte le età. La realtà virtuale viene già proposta nelle Rsa per aiutare gli ospiti a rilassarsi: «Da un tour guidato del centro di Firenze a una passeggiata in un prato fiorito» dice il catalogo di chi offre il servizio.

Adesso si tratta di passare a un altro tipo di ambito: «Lo dico sempre al mio dentista, dovresti procurarteli», scherza Chiaretti. I pazienti sentirebbero «meno il dolore e anche la paura, visto che gli adulti si spaventano come i bambini».

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