- Questa è la rubrica Vino sul Divano. Ogni mese, nell’inserto Cibo, esploriamo le tendenze del vino guardando soprattutto al di là dei confini italiani perché è importante smettere di guardarsi l’ombelico e vedere cosa succede altrove.
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Dobbiamo cambiare il modo in cui parliamo di vino? Il nostro vocabolario è troppo eurocentrico per un mondo moderno e globalizzato? Alcuni dicono di sì, che sia necessario un cambiamento che ha a che fare coi nostri riferimenti culturali.
- Vecchio mondo e nuovo mondo sono inoltre termini ormai obsoleti tanto che molti giornalisti, divulgatori, esperti cercano sempre di più di adottare un linguaggio più inclusivo per descrivere i vini, evitando di utilizzare termini che possano essere interpretati come escludenti o che rafforzino stereotipi culturali.
Si può certamente scrivere che un vino sappia di mango. È cosa che facciamo con frequenza specie nel descrivere un bianco caratterizzato da una certa aromaticità. Una persona indiana darebbe però per scontato che di quel frutto esistono varietà diverse tra loro, a quale ci stiamo riferendo? Un po’ come la nostra mela, sempre declinata almeno nella versione verde o gialla quando usata come descrittore. Il punto sollevato dallo storico critico del Washington Post Dave McIntyre è destinato a la



