Se il linguaggio parla del mondo, allora quello di Ekaterina Antropova deve essere grande, vario, bello. E azzurro. Dice che pensa in italiano perché «è più espressivo» e che lo fa soprattutto quando è in campo, «quando mi devo arrabbiare». A vederla calma e felice con ancora tra le mani i documenti che le hanno permesso di formalizzare la cittadinanza, viene da pensare che Kate non sia una che si arrabbia spesso.

Errore. Il suo volley sa essere una furia, in fondo è per questo che Davide Mazzanti l’ha tanto voluta nell’Italia che stasera comincerà dall’Arena di Verona l’avventura all’Europeo. Furia, ma anche duttilità. Mazzanti dice che «Kate può dire la sua da più posizioni, ma soprattutto può darci una grossa mano nei fondamentali».

In molti pensano che Antropova farà coppia con Paola Egonu, l’altra donna di spade dell’attacco azzurro. Coppia d’assi, micidiali. Mazzanti in un’intervista ha però frenato i sogni degli appassionati di fantavolley: «È una possibilità, ma non sarà la prima strada. È una soluzione che ha bisogno di tempo». L’esordio contro la Romania intanto serve a darci un primo quadro di quest’Italia che vuole il bis europeo e a dirci cosa Antropova può restituire al suo caro pubblico italiano.

La storia di un prodigio

È nata in Islanda, dove il padre Mikhail giocava a basket, nel Tindastall. Kate però è cresciuta in Russia, a San Pietroburgo. A 15 anni si è trasferita in Italia, la madre voleva per lei il posto migliore dove fare volley. Non è solo per questo che Antropova è diventata azzurra. «L’Italia ha contribuito alla mia crescita sportiva, mi ha formato come giocatrice di pallavolo, come persona. Porto con orgoglio questa maglia».

Kate ha scelto l’Italia per volontà e non per rappresentazione. A Scandicci, dove giocherà la terza stagione consecutiva, assicurano che quella del nostro Paese non è stata una scelta di comodo. Antropova voleva l’azzurro. La descrivono come una ragazza determinata, carica, fuori dal comune. Del suo carattere è prova il lungo iter della cittadinanza.

Giovedì scorso è arrivato l’ok, Kate è stata in procura per firmare le carte. Poco dopo la Federvolley ha fatto circolare alcune foto di una Antropova finalmente felice. «Sono orgogliosa di me», ha detto. I problemi erano cominciati nel 2021, dopo il suo trasferimento in Toscana dal Sassuolo. A un certo punto la federazione europea (Cev) aveva riscontrato un ostacolo: Antropova aveva giocato una partita con la nazionale russa giovanile (Europeo Under 16 nel 2017) e le regole imponevano al club di tesserarla come straniera.

Così l’avevano dovuta sospendere e fare ricorso. Alla fine c’erano voluti quasi due mesi prima di trovare una soluzione, con lei che andava agli allenamenti e poi guardava le partite dalla tribuna. Uno strazio. L’ultimo anno alla Savino del Bene Antropova l’ha dovuto giocare come russa per poter disputare le competizioni continentali. Nei mesi scorsi è arrivata la sentenza del Tas di Losanna: italiana sì, ma solo nel club e per le coppe. Per la nazionale serviva anche la cittadinanza. L’ultima firma sui documenti è stata una forma di liberazione. Per Kate ma anche per tutti quelli che hanno vissuto la vicenda assieme a lei.

Francesco Paoletti, direttore sportivo di Scandicci, è tra questi. «Ci rende contenti e orgogliosi perché abbiamo seguito insieme tutto il percorso. E penso - aggiunge il manager del club toscano - sia giusto riconoscere come questa cittadinanza rispecchi pienamente il percorso dell’atleta. Sportivamente è stata formata nel nostro paese. Ma anche a livello personale».

La naturalizzazione

La guerra in Ucraina ha privato migliaia di atleti russi dell’opportunità di partecipare a competizioni internazionali. Un’inchiesta condotta dalla pubblicazione indipendente Kholod ha contato 204 sportivi che hanno cambiato o stanno per cambiare la propria cittadinanza sportiva. In cima alla graduatoria ci sono i giocatori di scacchi (141), tra cui la campionessa mondiale Alexsandra Kostenjuk. La federazione svizzera ha confermato in un comunicato stampa che Kostenjuk, con la doppia cittadinanza, giocherà sotto la loro bandiera dal primo gennaio 2024.

Gli scacchi dividono con il pattinaggio artistico e con gli sport equestri il primato. La Russia ha perso 11 atleti per ciascuna delle discipline, compresa la figlia dell’allenatrice russa Ėteri Georgievna Tutberidz, Diana Davis, andata a rappresentare la Georgia. «Stanno cercando di eludere le sanzioni utilizzando Paesi terzi per partecipare a competizioni internazionali», ha scritto Andrij Yermak, capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina. Passaggi di nazionalità ci sono stati nel tennis e nella ginnastica ritmica. Varvara Gracheva, numero 45 del ranking Wta, 23 anni, ha deciso di non rappresentare più la Russia da atleta. «Lo faccio solo per il mio lavoro», ha detto all’Équipe mentre si presentava al mondo da francese.

Natela Dzalamitze è diventata georgiana ed è così riuscita a entrare in tabellone a Wimbledon nel doppio: in tempo per uscire al primo turno. Nel ciclismo c’è Pavel Sivakov, nato a San Donà di Piave da genitori russi, anche loro corridori in bici. Cresciuto in Francia, come Antropova aveva chiesto già da tempo la cittadinanza francese.

La situazione internazionale ha fatto da acceleratore. «Sono contrario a questa guerra. Sarebbe un sogno correre a Parigi alle Olimpiadi del 2024 per la Francia». Di ex russi se ne trovano nei motori, nel pattinaggio di velocità, nell’hockey. Ma anche nel canottaggio, pugilato, vela, atletica leggera, biathlon, judo, sci alpino, lotta. Nel nuoto c’è la tre volte campionessa europea in vasca corta Anastasija Kirpičnikova, anche lei gareggia per la Francia.

La maturità in Italia

Alla domanda se si sia mai sentita contesa tra Italia e Russia, Antropova è netta: «No». Segno che il suo voler essere italiana non è mai stato un tira e molla, né una scelta di comodo. Anche i rappresentanti della Federvolley russa non ne hanno mai fatto un segreto. «La decisione di Ekaterina è abbastanza logica. Per noi non è una perdita. Ha iniziato a giocare in Italia, con noi si è allenata solo una volta».

Troppo facile dunque ridurre la storia di Antropova a un dato. Kate dell’Italia sente il battito. Ancora qualche anno fa dichiarava di considerarsi «italiana perché ho acquisito la maggior parte delle mie abilità qui: mi piacerebbe molto giocare per la nazionale italiana».

Poche settimane fa ha sostenuto l’esame di maturità. Dopo anni di privato, ha scelto di diplomarsi in un istituto pubblico per dare maggior valore al suo percorso. Lo ha fatto al tecnico economico Paolo Dagomari di Prato. Relazioni internazionali e marketing. E poi sono le piccole cose che la rendono made in Italy: dalla cucina (le lasagne e tutti i tipi di zuppe sono i suoi piatti preferiti) alle passioni (moda, fotografia, libri su tutti).

Ama il basket e la ginnastica. Il suo colore preferito è il blu. Preferisce la montagna al mare. Il suo sogno, ha detto, «è non avere rimpianti». L’obiettivo invece è la felicità. Questa: «Poter rappresentare al meglio la maglietta che ho indossato nelle amichevoli. Non solamente il cognome, ma la nazione intera».

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