Il governo Conte è sempre più il governo delle task force. La parola - mutuata dal lessico della marina militare e che dovrebbe indicare un gruppo composto da diverse unità militari complementari destinate a una specifica missione – è ormai entrata nel gergo corrente ma con accademici, professionisti e manager al posto dei militari.

L’ultimo in ordine di tempo a cadere nella semplificazione gergale è stato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, con la sua Alleanza contro la corruzione, che dovrebbe «impedire la dispersione e l’accaparramento criminale» dei fondi del Recovery fund e che sarà «una grande consultazione pubblica di esperti di diversa provenienza professionale e di varia estrazione disciplinare, con l'intento di fare il punto sull'assetto messo in campo dal nostro Paese nei settori della prevenzione e del contrasto alla corruzione».

A inaugurare la stagione, però, è stato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: la più nota e ancora attiva è il Comitato tecnico scientifico, chiamato a valutare l’andamento epidemiologico e le misure per rallentare i contagi. Poi è arrivata la task force capitanata dall’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao, istituita per aiutare palazzo Chigi nell’individuare le misure economiche per uscire dalla crisi. Poi ancora c’è la Cabina di regia che deve valutare e coordinare gli indicatori che collocano le regioni nelle tre fasce: gialla, arancione o rossa. infine, quella che non ha ancora visto la luce in forma compiuta e che è stata sommersa dalle critiche prima ancora di nascere: quella dei supermanager per gestire la spesa dei fondi del Recovery fund.

I singoli ministeri hanno a loro volta seguito l’esempio: il ministero della Salute ne aveva creata una che poi è confluita nella Protezione civile e lo scorso settembre ne ha attivata una interministeriale insieme al ministero dell’Interno, composta da personale sanitario delle forze dell’ordine, per supportare la Sicilia nell’adeguamento delle strutture per i migranti. Anche il ministero dell’istruzione ha attivato una task force per l’emergenza educativa.

A cosa serve

A differenza delle altre, tuttavia, l’iniziativa di Bonafede ha suscitato – oltre alle reazioni indignate dell’opposizione – più di un mugugno nella stessa maggioranza di governo. Anzi, la mossa del ministro ha infastidito gli alleati sia per il metodo comunicativo che per il merito.

Sembra, infatti, che al ministero di via Arenula nessuno fosse al corrente dell’iniziativa, se non la stretta squadra di collaboratori di Bonafede. La settimana scorsa sono partite le telefonate ai membri del comitato scientifico, composto dai nomi più in vista della galassia giudiziaria tra i quali il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, i presidenti della Corte di Cassazione, Pietro Curzio; del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi e della Corte dei Conti, Guido Carlino; ma anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho e lo stesso presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia.

Nella lista, ha trovato posto anche il neo-pensionato Piercamillo Davigo, ancora in lotta con il Csm dopo la sua estromissione per raggiunti limiti di età. A tutti è stata chiesta la disponibilità a partecipare ai lavori, ma senza ulteriori comunicazioni specifiche sui compiti e i poteri di questa Alleanza. Poi l’iniziativa è subito stata annunciata con un comunicato stampa e poi con un video su Facebook di Bonafede. Altrettanto velocemente, sono iniziati anche gli attacchi al ministro da parte della sua stessa maggioranza.

I più infastiditi sono stati i parlamentari di Italia Viva, che hanno letto nella mossa di Bonafede un intento ben preciso: allontanare il ministero della Giustizia dall’Anac - l’autorità anticorruzione fiore all’occhiello del governo Renzi coinvolta nell’iniziativa solo come una delle tante rappresentanze - e la volontà del guardasigilli «di attestarsi come paladino dell’anticorruzione» dice Gennaro Migliore, che però definisce l’iniziativa «senza alcun appiglio formale e sostanziale».

Addirittura un’invasione di campo rispetto all’Anac: «Il canale istituzionale già c’è. E’ grave che il ministro non faccia in alcun modo riferimento all’Anac: abbia il coraggio di dire che l’authority non serve, allora». Anche all’interno del Partito democratico, che ha scoperto dell’Alleanza leggendo le agenzie stampa, l’iniziativa è tutt’altro che piaciuta. Addirittura, lo stesso sottosegretario Andrea Giorgis non sarebbe stato informato di nulla se non a cose fatte. Tra i detrattori di Bonafede c’è chi vede nella creazione della task force un tentativo del guardasigilli di allargare il proprio consenso, anche a fronte delle voci che lo vorrebbero tra i ministri in bilico in caso di rimpasto e forse costretto a restituire il posto al suo predecessore, Andrea Orlando.

La risposta del ministero

Il ministero della Giustizia ha provato a chiarire che intorno all’Alleanza si è generato un equivoco: nessuna task force e nessun sostituto delle funzioni dell’Anac, ha spiegato via Arenula. Si tratta di un comitato tecnico scientifico, composto dai vertici delle istituzioni giuridiche del Paese che hanno direttamente e indirettamente a che fare con il fenomeno corruttivo.

L’intento del ministro Bonafede è quello di istituire 16 tavoli tematici, con il compito di affrontare il tema della corruzione da diversi punti di vista per poi produrre proposte di modifica e riforma della legislazione attuale. L’obiettivo dei lavori – che dovrebbero concludersi entro il giugno 2021 con un documento di sintesi del Comitato scientifico – è quello di fare una ricognizione dell’assetto legislativo attuale per individuarne le criticità e proporre miglioramenti. Poco più di una commissione studio, dunque, con il mandato di produrre proposte ma priva di funzioni di intervento operativo, quindi senza alcuna sovrapposizione con le prerogative dell’Anac, che è l’ente deputato a fare prevenzione amministrativa sulla corruzione.

Insomma, il clamore si sarebbe potuto evitare se l’iniziativa fosse stata presentata come l’istituzione di una commissione ministeriale. Invece, l’Alleanza di Bonafede è finita nel calderone delle task force vere o presunte, ma comunque accomunate da un elemento: essere entità esterne al governo e dai compiti spesso nebulosi.

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