La commissione Giustizia ha lavorato e la guardasigilli Marta Cartabia ha adottato tutte le accortezze del caso per non perdere pezzi di maggioranza sulla riforma della giustizia penale. Ora, però, via Arenula vuole chiudere la partita perchè il tempo stringe rispetto alla tabella di marcia approvata nel Pnrr e ogni sgarro sarebbe giudicato severamente in Europa.

Di qui la scelta inusuale di far passare attraverso l’approvazione nel Consiglio dei ministri di oggi il maxiemendamento del governo al ddl penale, frutto della sintesi che ha tenuto conto sia della relazione dei tecnici della commissione Lattanzi che degli emendamenti presentati in commissione dai partiti. Quella della ministra è una mossa tutta politica: la “bollinatura” del Cdm è infatti una sorta di fiducia preventiva sull’emendamento che dovrebbe chiudere il dibattito sui punti caldi - prescrizione, sanzioni sostitutive e priorità nell’esercizio dell’azione penale – ma il testo definitivo non sarà perfezionato prima di qualche altra settimana. I passaggi tecnici necessari, infatti, sono il deposito del maxi-emendamento in commissione, il tempo tecnico per eventuali sub-emendamenti e poi il passaggio del testo così rielaborato in aula. L’obiettivo è chiaro: costringere tutti i partiti della maggioranza a votare in Cdm e dunque a validare l’emendamento del governo, suggellando un patto di fiducia che dovrebbe evitare brutte sorprese future.

Una scelta, quella di Cartabia, che convince buona parte della maggioranza. «La ministra ha fatto un grande lavoro per trovare un punto di caduta alto su tutte le questioni controverse. Il passaggio politico in Cdm permette di procedere spediti e tutti i partiti della maggioranza sono chiamati alla responsabilità nei confronti di una riforma fondamentale», ha detto Anna Rossomando, responsabile Giustizia del Partito democratico.

Di tutt’altro avviso è il Movimento 5 Stelle, che da martedì – giorno in cui la ministra ha presentato ai gruppi il contenuto del maxi-emendamento e l’intenzione di portarlo in Cdm – è in fibrillazione. Il gruppo è diviso da tensioni forti, giustificate anche dalla complessa fase interna che sta vivendo il Movimento, e l’accelerazione della ministra ha creato scompiglio. C’è chi dice che «i tempi non sono ancora maturi» e prova a frenare, paventando anche il voto contrario dei ministri grillini in caso di forzatura. Eppure la linea non è chiara e la sensazione complessiva è di spaesamento e anche di fastidio: per alcuni sembrerebbe calcolato l’arrivo in Cdm della riforma del penale, che contiene il totem della prescrizione, proprio nella fase di crisi acuta dei Cinque stelle.

la prescrizione

Eppure, nessuno sembra avere dubbi sul fatto che Cartabia voglia andare fino in fondo. A provare a ricomporre è sempre il Pd, che prova a riportare al merito del percorso il dibatitto, sminandolo dalle considerazioni politiche. «Alla luce del lavoro fatto non ritengo ci siano ragioni di merito per giustificare un no dei Cinque stelle. Spero che da loro arrivi un supplemento di riflessione e non un irrigidimento», dice Rossomando. Il nodo, però, è sempre lo stesso ed è la prescrizione.

Nessuno ha ancora visto il testo definitivo del maxi-emendamento, che verrà limato fino all’ultimo. Sulla prescrizione, però, la ministra ha scelto la via del compromesso tra le due proposte avanzate dalla commissione Lattanzi.

Attualmente la prescrizione targata Bonafede stabilisce lo stop per tutti dopo il primo grado. La modifica prevede sì la prescrizione sostanziale che si ferma dopo il primo grado, ma con l’introduzione della cosiddetta prescrizione processuale: termini di fase prestabiliti, che prevedono un tempo massimo di due anni per l’appello e di uno per la Cassazione oltre i quali scatterebbe l’improcedibilità. In questo modo, dunque, si garantirebbe la ragionevole durata dei processi che è poi l’obiettivo finale della riforma.

Una soluzione che convince i dem ma anche Enrico Costa di Azione, sempre in prima linea sulle questioni di giustizia: «Mi convince l’impianto complessivo della riforma che afferma il principio della ragionevole durata dei processi, rimediando agli errori della legge Bonafede. Il punto di debolezza invece è il perimetro del ddl, che è quello imposto dal precedente governo e non tiene in considerazione per esempio una riforma della custodia cautelare». Meno convinti, invece, sarebbero proprio i grillini e lo stesso Bonafede, che ha sempre definito la prescrizione processuale un modo per far rientrare dalla finestra l’odiata prescrizione prevista prima della sua riforma. Una vittoria per i grillini, invece, dovrebbe essere il fatto che il maxi-emendamento abbia eliminato qualsiasi riferimento all’inappellabilità del pm e anche i limiti all’appellabilità della difesa.

L’incognita, ora, è sul cdm e gli esiti imprevedibili di una possibile crisi di nervi tra i grillini. In serata, l’ipotesi di possibile compromesso è che il maxi-emendamento non venga votato ma sia solo oggetto di esame preliminare.

 

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