La giustizia infiamma la maggioranza e sta diventando l’arma della Lega per ridimensionare lo straripamento di Fratelli d’Italia. Favorito dagli errori del partito di Giorgia Meloni, il vicepremier Matteo Salvini si sta aprendo uno spazio che è soprattutto mediatico ma potrebbe diventare anche politico.

Mediaticamente, Salvini si è collocato come antagonista del ministro della Giustizia, Carlo Nordio: dimenticando le battaglie referendarie di maggio in favore proprio della separazione delle carriere, ha auspicato la pacificazione tra politica e magistratura ed è diventato difensore delle intercettazioni e dei magistrati antimafia.

Politicamente, invece, la Lega sta sfruttando al massimo l’errore di FdI al momento dell’elezione dei consiglieri laici al Csm. Meloni puntava a portare a palazzo del Marescialli l’avvocato calabrese Giuseppe Valentino, considerato nome forte anche per la vicepresidenza, ma la sua nomina è saltata in corsa a causa di una vecchia inchiesta per ‘ndrangheta in cui risultava implicato.

Il subentrante, il costituzionalista, Felice Giuffrè non è considerato un nome papabile per la vicepresidenza perchè troppo connotato politicamente dal suo passato nel Msi.

Proprio in questo vuoto lasciato da FdI, la Lega si sta inserendo con il suo laico da lanciare verso la vicepresidenza, l’avvocato Fabio Pinelli. Considerato un tecnico, ha buoni appoggi bipartisan perchè da un lato è stato il legale di Armando Siri e della regione Veneto, dall’altro in quanto membro della fondazione Leonardo gode dell’appoggio dell’ex presidente della Camera, Luciano Violante.

Il ruolo del vicepresidente - oltre ad avere un filo diretto con il Quirinale che formalmente presiede l’organo di governo autonomo della magistratura – è in fatto un ruolo chiave di dialogo ufficiale con il ministero della Giustizia e sarà chiamato a fare da contraltare in particolare a questo ministro, dando voce alle istanze dell’ordine giudiziario. Per questo, avere un vicepresidente d’area significa dare una sponda in più alla Lega, contro l’egemonia di FdI.

I togati

Tra la Lega e questo obiettivo politico, però, ci sono le dinamiche della componente togata del Csm, che sono orientate secondo logiche diverse da quelle politiche. Oggi si insedia il nuovo plenum ed è la prima volta che tutti gli eletti si incontreranno, domani invece si voterà il vicepresidente e, anche se il voto è segreto, è atteso un dibattito e la presentazione degli orientamenti dei pretendenti dell’ufficio che fino ad oggi è stato guidato da David Ermini.

La composizione dei togati è di 7 membri per il gruppo conservatore di Magistratura indipendente, che è ben disposto nei confronti di Pinelli, considerato un buon tecnico del diritto di cui viene apprezzata la connotazione politica molto sfumata. Tra i togati, infatti, si riflette sul fatto che un nome formalmente “amico” per la maggioranza di governo ma comunque sufficientemente indipendente da non subirne troppo il condizionamento potrebbe essere una buona chiave per aprire un dialogo alla pari e non di pregiudiziale antagonismo con via Arenula. 

Il fronte progressista, composto dai 6 togati di Area e per appartenenza culturale anche dall’eletta di Magistratura democratica, invece, guarda con favore al profilo del laico di area Pd, Roberto Romboli. Costituzionalista dell’università di Pisa e molte pubblicazioni anche in tema di ordinamento giudiziario, il suo curriculum è considerato il più adatto per la vicepresidenza.

Inoltre, proprio nell’ottica di contrastare le posizioni di Nordio, un vicepresidente proveniente dalla minoranza parlamentare sarebbe un segno forte da parte della magistratura. Nel mezzo di queste due posizioni, si muovono i 4 togati della corrente centrista di Unicost e i due indipendenti, Roberto Fontana e Andrea Mirenda.

Questi ultimi, pur se hanno una storia che li avvicina ai gruppi progressisti, si muoveranno in autonomia e non possono essere assimilabili a un gruppo. Lo stesso vale anche per i due membri di diritto del consiglio: il primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, e il procuratore generale Luigi Salvati, entrambi provenienti dall’area progressista. Sulla carta, dunque, si arriva al pareggio: 14 voti per il fronte conservatore, 14 per quello progressista.

Per questo, i quattro voti di Unicost saranno determinanti. Da quest’area filtra attesa di conoscere di persona i togati durante il primo plenum e un identikit di massima del vicepresidente ideale: un giurista dal buon curriculum tecnico e con l’autorevolezza per essere super partes. 

Nessuna preclusione sui nomi, trapela solo la volontà di eleggere un vicepresidente a larga maggioranza, uscendo dalle dinamiche di corrente. Sarebbe un segnale di unità dopo i difficili quattro anni del Csm uscente ma sarà difficile farlo, viste le pressioni politiche e le contrapposizioni anche tra i togati. Certo è la giustizia è al centro di uno scontro, il cui campo si allarga al nuovo consiglio.

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