Il procuratore generale di Cassazione, Giovanni Salvi, andrà in pensione il 7 luglio e il Consiglio superiore della magistratura ha già nominato a maggioranza il suo successore, Luigi Salvato, che è anche il suo attuale vice.

Tuttavia, quella che doveva essere la tranquilla conclusione di una carriera di prestigio sta invece alimentando scontri e polemiche dentro la magistratura.

Tutto nasce dalla denuncia per rifiuto di atti d’ufficio presentata contro Salvi dall’ex sostituto pg della Corte di cassazione, Rosario Russo, che contesta il mancato avvio di azioni disciplinari nei confronti del giudice del Tribunale di Crotone Massimo Forciniti, ex componente del Csm, membro di Unicost e coinvolto nelle chat con l’ex magistrato Luca Palamara.

In quanto pg di Cassazione, infatti, a Salvi spettava anche la promozione dell’azione disciplinare davanti al Csm: ruolo particolarmente delicato dopo lo scoppio del caso Palamara e la circolazione delle sue chat in cui molti magistrati gli chiedevano favori e raccomandazioni per le nomine.

Secondo Russo, invece, il pg Salvi non avrebbe esercitato, nei modi e nei tempi previsti dalle norme, l’azione disciplinare contro Forciniti.

I disciplinari sulle chat

Il tema non è nuovo al dibattito interno alla magistratura. Il caso Palamara ha prodotto infatti la radiazione dello stesso Palamara dall’ordine giudiziario e condanne per i cinque togati dell Csm presenti alla cena dell’hotel Champagne, oltre ad alcuni trasferimenti. Tuttavia le chat rese poi pubbliche da una fuga di notizie contenevano centinaia di nomi e di messaggi, rispetto ai quali in molti si sono chiesti quali siano state le conseguenze.

Davanti all’accusa di opacità nella gestione dei disciplinari – la stessa mossa anche da Russo – Salvi si è difeso con una lunga intervista al Corriere della Sera in cui ha detto che «La determinazione nel perseguire gli illeciti disciplinari è stata netta. Contrariamente alla favola che abbia pagato solo Palamara, sono state fino a questo momento 29 le azioni esercitate, 20 i rinvii a giudizio e 14 le condanne, alcune definitive; altri procedimenti sono in corso o sospesi».

A pesare nei confronti di Salvi, però, è una circolare in cui il pg stabilisce che l’autopromozione senza denigrare i colleghi non integri illecito disciplinare e che “anche con riguardo a condotte scorrette gravi l’illecito disciplinare può tuttavia risultare non configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza”. Proprio questo ha “salvato” molti magistrati dall’apertura di un procedimento.

Non solo, in una successiva circolare ha anche esplicitato che l’archiviazione disciplinare venga comunicata al cittadino (o al suo avvocato) che ha segnalato l’abuso disciplinare del magistrato, riservandosi il potere di interdirne la conoscenza anche al magistrato indagato, all’Anm e perfino al Csm. Tradotto: le archiviazioni, decise dal pg di Cassazione, non sono note.

Proprio queste scelte avevano suscitato le polemiche di una parte della magistratura, con 97 magistrati che ne chiesero le dimissioni.

Anche su queste presunte opacità Salvi ha dato la sua versione al Correre: «Abbiamo pubblicato le sintesi delle sentenze di archiviazione e ciò per mia scelta innovativa proprio per cercare di illustrarne le ragioni. Ma le motivazioni non possono essere rese pubbliche per legge, come riconosciuto, ben prima che io assumessi la guida dell’ufficio, dal Tar e dal Consiglio di Stato».

Lo scontro con Palamara

L’intervista, inoltre, ha provocato un botta e risposta anche con Palamara. L’ex magistrato, nel libro il Sistema, ha raccontato di come anche Salvi fosse stato tra quelli che erano andati a cena con lui e che si sarebbe avvalso del sistema correntizio per fare carriera.

Anche rispetto a questo Salvi si difende sostenendo che Palamara abbia scritto falsità e querelandolo: «È falso che io abbia mai chiesto a Palamara aiuto per me o per altri, in nessuna occasione. Ciò dovrebbe essere chiaro a chiunque sia in buona fede: in 60.000 messaggi delle chat non c’è un solo scambio con me; i pochi che a me si riferiscono non mi sono certo favorevoli. Quanto all’incontro e al pranzo con Palamara, non nasceva da una mia esigenza ma da una legittima richiesta di Palamara relativa alla sua scorta, di competenza anche dell’ufficio che dirigevo allora».

Anche su questo punto Palamara ha risposto, annunciando proprie iniziative legali e ribadendo la sua versione dei fatti: «Il processo sarà il luogo nel quale dimostrare chi aveva ragione. Ho le prove di quello che dico. E la realtà, nei suoi dettagli e per i risvolti familiari, è ben peggiore del racconto essenziale e sintetico che ho già scritto nel libro», ha detto, aggiungendo che farà richiesta di accesso agli atti nonappena Salvi sarà pensionato. Il sottinteso di Palamara è che Salvi si sia giovato dell’appoggio dei gruppi associativi non solo per diventare pg di Cassazione, ma anche in occasione della sua nomina a procuratore capo di Catania.

Il dibattito in Anm

Lo scontro, però, potrebbe non esaurirsi tra Salvi e Palamara sui giornali e in tribunale. Il tema di come sia stata esercitata l’azione disciplinare in seguito allo scandalo dell’Hotel Champagne, infatti, sarà oggetto della assemblea dell’Anm del 2 luglio.

Al comitato esecutivo centrale, infatti, non si discuterà solo di riforma dell’ordinamento giudiziario ma il punto all’ordine del giorno più incandescente è la discussione sui procedimenti disciplinari aperti dal Pg della Cassazione con l'obiettivo di verificare “l'efficacia, l'uniformità dei criteri di giudizio adottati e le prospettive di riforma”.

La richiesta di affrontare questo tema è arrivata dai gruppi Articolo 101 e Autonomia & Indipendenza, che erano stati molto critici nei confronti delle circolari di Salvi in materia di autopromozione. In particolare secondo Articolo 101, proprio le scelte gestionali di Salvi avevano ridotto gli spazi per esercitare l’azione disciplinare, archiviando alcune condotte come “inopportune” ma non censurabili, salvado così moltissimi magistrati da conseguenze.

Il dibattito di domani si preannuncia teso, anche a causa dei contenuti dell’intervista al Corriere. Con il risultato che anche dal sindacato delle toghe potrebbe arrivare un attacco alla gestione Salvi, proprio a pochi giorni dal suo addio definitivo alla toga.

Un attacco che, indirettamente, toccherebbe anche Salvato, che si insedierà dopo l'addio di Salvi ma che in questi anni è stato il suo braccio destro, condividendo con lui le decisioni: la circolare che escludeva l’autopromozione dagli illeciti disciplinari, infatti, porta anche la sua firma.

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