Molti lo invocano, ma il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha scelto il silenzio dopo la sconfessione pubblica della premier Giorgia Meloni sulla costituzione di una commissione d’inchiesta sull’indagine in corso a Perugia sulla fuga di notizie dalla procura nazionale antimafia.

Eppure, in veste di ministro, il suo silenzio dovrà essere rotto a breve e per diretta richiesta della maggioranza che lo sostiene. Il deputato di Forza Italia Antonino Calderone ha fatto sapere di aver presentato una interrogazione a Nordio perché «si adoperi per sapere quanti e quali cittadini comuni sono stati danneggiati dal gravissimo reato di accesso abusivo ai sistemi informatici». Una domanda oggettivamente complicata a cui rispondere, visto che l’inchiesta sui presunti accessi abusivi al database dell’Antimafia è ancora in corso e – come ha detto anche il procuratore capo Giuseppe Cantone in commissione Antimafia – si sta vagliando la liceità del comportamento del sottoufficiale indagato, Pasquale Striano.

Un’altra sollecitazione è arrivata a Nordio anche dalle opposizioni. Il deputato di Azione Enrico Costa gli ha suggerito di «usare i suoi poteri ispettivi» inviando gli ispettori ministeriali a Perugia, «una procura dove si è verificata, a detta degli stessi pm, un’enorme fuga di dati sensibili». Costa, però, si spinge anche più in là, definendo «inevitabile e urgente» che gli ispettori verifichino i comportamenti interni alla procura, e «se Nordio non li ha inviati ci sarà un motivo. Sarebbe interessante conoscerlo».

Chiamato in causa da ogni lato, il ministro ha scelto di non intervenire ufficialmente e di sparire dai radar, anche fisicamente, dopo il pasticcio del fine settimana, iniziato con una parola di troppo a Milano e finito con un forfait dell’ultimo minuto alla Leopolda di Firenze.

La sconfessione

Tutto è iniziato l’8 marzo. Nordio era a un convegno sulla giustizia a palazzo Lombardia a Milano e, nel punto stampa a margine, è arrivata la domanda sull’inchiesta per cui Cantone ha chiesto di farsi audire in commissione antimafia, chiarendo dettagli dell’attività investigativa in corso. La risposta, però, non era improvvisata. Nordio ha spiegato di aver avuto «un incontro con il ministro della Difesa, Guido Crosetto (dal cui esposto è nata l’inchiesta perugina, ndr), con un informale scambio di opinioni», e da questo ha maturato l’idea che «si debba riflettere sulla necessità dell’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta con potere inquirente».

Non una commissione semplice, quindi, ma quella – prevista dall’articolo 82 della Costituzione – che può procedere nelle indagini con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. In una sovrapposizione, quindi, con l’attività delle toghe di Perugia.

La sua proposta ha ricevuto l’endorsement di Crosetto, ma, praticamente subito, è iniziato il fuoco di fila. Fonti della maggioranza vicine a Fratelli d’Italia hanno fatto filtrare un certo scetticismo sulla possibilità di una commissione che andrebbe a confliggere anche con l’attività della commissione antimafia, guidata dalla fedelissima di Meloni, Chiara Colosimo, che ha già audito Melillo e Cantone. Anche a palazzo Chigi la sortita di Nordio avrebbe generato un certo fastidio. Per ora tutti i passaggi esterni alla procura sono stati attentamente monitorati da esponenti di spicco della galassia della premier: Colosimo all’Antimafia, per l’appunto, e Giovanni Donzelli al Copasir.

Il protagonismo dell’Antimafia è stato sancito, ieri, dall’annuncio che sono state calendarizzate le audizioni del comandante generale della Guardia di finanza, Andrea De Gennaro, del direttore della Direzione investigativa antimafia, Michele Carbone, e del direttore dell’Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia, Enzo Serata. Oltre ai tre sarebbe stato stilato un elenco di 50 nomi.

Alcuni di questi potrebbero non essere ascoltati. Mentre non sarebbero ancora state calendarizzate le audizioni della procura di Roma, della società Sogei, dell’Ordine dei giornalisti, del ministro della Difesa Crosetto e del direttore e dell’editore di Domani, Emiliano Fittipaldi e Carlo De Benedetti.

Gli attacchi

L’incauta sortita di Nordio su una nuova commissione, durata meno di 24 ore, ha dunque rischiato di aggiungere un elemento non voluto in una vicenda ancora non chiara. Proprio per evitare nuove frasi fuori copione, secondo fonti di opposizione, sarebbe arrivato il no che ha bloccato la sua partecipazione alla Leopolda di Firenze programmata per sabato scorso.

Anche a costo della brutta figura di disattendere la conferma personale che Nordio aveva già dato a Matteo Renzi la mattina stessa dell’evento. Eppure – anche per contrappasso – proprio sulle parole del ministro si sta costruendo un fronte opposto alla linea meloniana di gestione del caso mediatico.

La Lega ha infatti subito appoggiato con una nota quella che ormai è diventata “la proposta Nordio”, e anche Italia viva non intende mollare la presa. «Noi siamo favorevoli, sono curioso di vedere se Fdi voterà questa commissione d’inchiesta», ha detto Renzi, e «misureremo il coraggio di Meloni se seguirà le idee di due suoi ministri».

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