L’attenzione è tutta per le elezioni politiche del 25 settembre, ma parallelamente sono in corso trattative riservate per le nomine che dipenderanno dalla composizione del nuovo parlamento. Tra queste, i posti più ambiti sono quelli al Consiglio superiore della magistratura: 10 laici eletti dal parlamento in seduta comune con maggioranza qualificata di tre quinti, che andranno a completare il plenum del Csm con uno stipendio da oltre 170mila euro l’anno e una visuale privilegiata sull’organo cerniera tra giurisdizione e politica.

La riforma Cartabia ha aumentato il numero dei togati, passati da 16 a 20, che verranno eletti dai magistrati italiani tra il 18 e il 19 settembre, mentre i laici, passati a loro volta da 8 a 10, avrebbero dovuto venire scelti dall’attuale parlamento nella seduta del 21 settembre. Già i partiti avevano iniziato a organizzarsi e i nomi degli aspiranti circolavano, tra i professori di materie giuridiche d’area dei singoli partiti e tra i parlamentari avvocati di professione da più di 15 anni. Le elezioni anticipate, però, hanno fatto saltare tutti i piani.

La seduta è stata rinviata e la nomina dei laici passa nelle mani del nuovo parlamento – quindi anche della nuova maggioranza – che si costituirà dopo il 25 settembre. Orientativamente, la seduta comune dovrebbe svolgersi verso la fine di novembre, una volta che il governo sarà costituito e saranno stati eletti i presidenti delle due camere.

Considerando gli attuali sondaggi, che assegnano al centrodestra il 60 per cento degli eletti, potrebbe esserci il rischio che il prossimo Csm sia una sorta di “monocolore”, visto che la coalizione di Giorgia Meloni, da sola, potrebbe raggiungere la maggioranza richiesta dalla Costituzione. L’allarme è stato lanciato dal presidente emerito della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick su Avvenire, dove ha spiegato che, dal punto di vista tecnico e non politico la maggioranza dei tre quinti non è vincolata ad un accordo con le opposizioni, quindi il centrodestra potrebbe eleggere 10 laici su 10.

I nomi dei laici

Politicamente, invece, l’ipotesi sembra difficile da realizzarsi, a meno che Meloni non decida di cominciare la legislatura con un atto di guerra nei confronti delle opposizioni. Prassi istituzionale, infatti, vuole che i laici vengano distribuiti sulla base non delle coalizioni ma del peso dei singoli gruppi parlamentari. Nella precedente consiliatura, infatti, il Movimento 5 stelle ne aveva eletti tre, la Lega due, il Pd uno e Forza Italia due, grazie ad un accordo con Fratelli d’Italia, che aveva ceduto il suo posto per un’altra nomina.

E’ molto probabile, tuttavia, che la maggioranza di centrodestra in parlamento si specchi anche tra i laici del Csm, riportando in quel campo anche la vicepresidenza dell’organo (la presidenza è di diritto al presidente della Repubblica), che negli ultimi due consigli era toccata al Pd, con Giovanni Legnini e David Ermini. Il vicepresidente viene eletto sempre tra i laici, ma a scrutinio segreto da tutto il plenum e quindi la componente togata può scegliere di allearsi per eleggere un vice di un colore diverso rispetto alla maggioranza parlamentare, esattamente come successo nel caso di Ermini. 

Se la quota laica fosse stata eletta dal parlamento uscente, in prima fila per aspirare al ruolo di vice di Mattarella c’era la responsabile Giustizia dem e senatrice Anna Rossomando. Oggi, invece, il suo nome rimane in campo come laica, anche se può contare anche su un buon collegio plurinominale dal quale puntare al quarto mandato parlamentare. Per eleggere il vicepresidente, però, il centrodestra deve sperare in un buon successo dei gruppi associativi conservatori nella componente togata, così da provare a costruire con loro una maggioranza su un nome.

Tra gli altri nomi papabili per sedere a palazzo dei Marescialli, ritorna anche quello dell’ex ministro Cinque stelle, Alfonso Bonafede; nel Pd, circolano anche i nomi dei due membri della commissione Giustizia, Alfredo Bazoli e Franco Vazio. I più attesi, invece, sono quelli del fronte di centrodestra, per il quale fino ad ora si è sentito ipotizzare solo il nome del professor Mauro Paladini. 

Difficile, ora, ottenere certezze: i leader dei rispettivi partiti e in particolare Meloni avrebbe già promesso a più di un avvocato vicino a Fratelli d’Italia un posto al Csm, ma tutto si vedrà una volta composto il parlamento. Sulla base dei sondaggi, a FdI dovrebbero spettare tre posti laici, da assegnare a parlamentari fidati oppure a personaggi prestigiosi d’area ma esterni al parlamento. Nell’attuale consiliatura, infatti, solo Ermini era parlamentare al momento della nomina al Csm, mentre tutti gli altri venivano dall’accademia o dall’avvocatura. 

 

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