Settembre sarà il mese delle sfide elettorali. Se la politica ha cerchiato di rosso la data delle elezioni politiche del 25, nella magistratura sono già da settimane in corso le grandi manovre per l’elezione dei nuovi consiglieri togati del Consiglio superiore della magistratura, il 18 e 19 settembre.

La contesa per le toghe è complicatissima perchè si svolge con un nuovo meccanismo elettorale, approvato in extremis dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, all’interno della riforma dell’ordinamento giudiziario.

La legge elettorale appena approvata porta da 16 a 20 i magistrati eletti per il quadriennio 2022-2026 e il sistema è misto: prevalentemente maggioritario (14 eletti) ma con correttivo proporzionale (6 eletti), con l’obiettivo di limitare il peso dei gruppi associativi. Non solo: la legge ha previsto anche il sorteggio di candidati per completare le liste, qualora quelle composte con le candidature non rispettino l’equilibrio di genere. Infine, i candidati si possono presentare coordinati in una lista, come fanno da sempre i gruppi associativi, oppure come indipendenti, con la possibilità poi di dichiarare il loro coordinamento prima che si chiuda la campagna elettorale.

Il risultato è che a queste elezioni i candidati sono moltissimi: 87 nomi di cui 40 donne, pubblicati sul sito della Cassazione. Di questi 44 sono indipendenti, suddivisi tra candidati autonomi in modo spontaneo, sorteggiati per legge e sorteggiati davanti a un notaio dal comitato Altra proposta. Tra gli “autocandidati” spiccano nomi noti: il pm Henry John Woodcock; il procuratore di Tempio Pausania del caso Grillo jr., Gregorio Capasso; il difensore di Luca Palamara davanti al Csm, Stefano Guizzi; il pm che indagò sul caso Marta Russo, Carlo Lasperanza, solo per citarne alcuni. 

Sarà, dunque, un contesa senza risultati scontati per il connubio di due fattori: la legge elettorale e l’imponderabile effetto sul voto dei circa 9000 magistrati elettori degli scandali che hanno investito l’ultimo Csm, da quello Palamara alla loggia Ungheria.

Gli scontri interni

La nuova legge è stata scritta con un obiettivo esplicito: ridurre la pervasività dei gruppi associativi, che pure dal 2019 hanno avviato un percorso di autocritica e riforma interna per mettere fine al fenomeno del cosiddetto “correntismo”, ovvero la gestione spartitoria delle nomine negli uffici giudiziari attraverso il Csm. L’effetto sembra raggiunto, ma il nuovo Consiglio sarà diverso dall’uscente anche perchè anche lo scenario tra i gruppi associativi è cambiato.

Sul fronte progressista, per la prima volta da più di un decennio Magistratura democratica non correrà insieme ad Area, il gruppo che aveva concorso a formare pur senza mai sciogliersi. Md non ha candidato nomi in tutti i collegi, ma spera di poter sfruttare il correttivo proporzionale della legge. Il gruppo centrista di Unicost è rimasto compatto e anche Autonomia&Indipendenza torna a presentarsi, anche se peserà l’assenza del suo fondatore, Piercamillo Davigo, primo per numero di preferenze nel 2018 con oltre 2500 voti.

La situazione in Mi

La situazione più complicata, però, è nel campo delle toghe conservatrici di Magistratura indipendente. Il gruppo - dopo un percorso di riforma interna in seguito al caso Palamara (che ha riguardato anche l’ex uomo forte di Mi, il deputato Cosimo Ferri) ha ottenuto ottimi risultati alle suppletive post-scandali - ha individuato i candidati attraverso le sue assemblee territoriali.

Tuttavia, alcuni iscritti eccellenti (come, appunto, la toga di Cassazione Guizzi) hanno scelto di candidarsi autonomamente grazie al meccanismo della nuova legge, correndo quindi senza le insegne del gruppo ma facendogli, nei fatti, concorrenza.

Dentro la magistratura si parla di candidati  “ferriani”, in quanto vicini all’ex capocorrente, ma i diretti interessati hanno negato ogni collegamento con il politico.

Il segretario nazionale, Angelo Piraino, non ha nascosto la delusione, ma ha spiegato a Domani che nessuno verrà espulso: «Non esiste che le persone vengano punite per il fatto di pensarla diversamente dal gruppo. Però è ovvio che ci aspettiamo un confronto. Mi non farà nulla per penalizzarli, ma loro dovranno fare chiarezza nei confronti degli elettori e del gruppo a cui appartengono».

Gli eletti congelati

A giocare un tiro mancino alla magistratura, però, ci si è messa la politica. Dopo l’elezione dei togati, per settembre era prevista anche la riunione del parlamento in seduta comune per eleggere i 10 consiglieri laici e le ambizioni erano molte, soprattutto tra i gruppi più numerosi nelle camere attuali e condannati al ridimensionamento. Tra i nomi papabili, quello dell’ex ministro Cinque stelle, Alfonso Bonafede; della responsabile giustizia del Pd, Anna Rossomando e del professor Mauro Paladini.

 La crisi di governo, però, ha congelato tutto: con ogni probabilità, i laici verranno eletti non prima di dicembre e dal parlamento rinnovato che uscirà dalle urne del 25 settembre. Con un risultato: i togati eletti il 19 settembre rimarranno congelati fino a quando non verranno nominati i laici. Dunque l’attuale Csm in carica agirà in regime di prorogatio fino all’insediamento del nuovo, a fine anno.

 

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