Il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, organo di autogoverno della magistratura amministrativa, regolato dalla L. 186/1982, come modificata dalla L. 205/2000, è composto da 10 componenti togati (6 eletti nella componente Tar e 4 del Consiglio di Stato) e da 4 laici nominati dal Parlamento, 2 dalla Camera e 2 dal Senato.

L’art. 7 comma 1 della L. 186/1982 stabilisce che "Il consiglio di presidenza è costituito con decreto del presidente della repubblica ...".

Ciò significa che l’organo può costituirsi, e quindi insediarsi, solo se tutte le componenti siano state elette e siano, quindi, rappresentate.

Le elezioni della componente togata, ai sensi dell’art. 9 L. 186/1982, devono essere svolte "entro tre mesi dallo scadere del precedente consiglio", mentre non sono previsti espressamente termini per l’elezione della componente non togata.

In ogni caso, la legge prevede, testualmente, come detto, per i componenti togati, un fisiologico periodo di tempo per procedere al rinnovo, quantificato ragionevolmente in “tre mesi dallo scadere del precedente consiglio”.

Orbene, lo scorso 17 luglio si sono svolte le elezioni della componente togata.

Tuttavia, il nuovo Consiglio non si è ancora potuto insediare, non essendo ancora stati eletti, dalla Camera e dal Senato, i componenti non togati; il Consiglio, quindi, sta operando in regime di “prorogatio” da circa otto mesi, un tempo ben superiore al fisiologico trimestre indicato dalla legge per la prevista e richiesta elezione dei togati.

E’ chiaro che la mancata indicazione di un termine di legge per l’elezione della componente laica risponde alla finalità di salvaguardare le prerogative del Parlamento e le sue scelte organizzative sovrane.

i continui rinvii

Ma proprio tale motivazione non giustifica, dato il tempo trascorso, il reiterato rinvio della scelta dei componenti non togati; la mancata previsione di un termine non può in alcun modo avallare il fatto che le elezioni di competenza parlamentare rimangano, di fatto, sine die.

Vero è che parte del tempo trascorso è stata determinata dalla passata crisi di governo, dall’insediamento del nuovo esecutivo, dall’avvento di sempre nuove priorità ed emergenze interne, economiche, internazionali.

Ma se alla base della mancata elezione vi fossero, come prospettano alcuni articoli di stampa, più banali esigenze di rappresentatività, più o meno proporzionale, delle varie componenti politiche, il ritardo sarebbe assolutamente ingiustificato e inammissibile.

Tanto meno lo sarebbe (ipotesi che si preferisce ignorare) se, a monte, vi fosse una scarsa considerazione complessiva del ruolo dell’organo e della magistratura che è inteso a governare.

Non è ultroneo evidenziare che il regime di “prorogatio”, già di per sé non compatibile con i principi costituzionali, se non entro tempi limitati e ragionevoli, presenta ulteriori criticità nel caso dell’attuale Consiglio, che sta operando, da tempo, in composizione ridotta, senza tre componenti titolari, di cui due laici e un togato.

E il tempo che passa non aiuta, essendo prevedibili ulteriori e progressive defezioni, neppure potendosi esigere, dai componenti eletti, un impegno, a sua volta, sine die.

Questo comporta, indiscutibilmente, una composizione claudicante (se non addirittura “zoppa”) dell'attuale organo di autogoverno, composizione che, per quanto riguarda i togati, non può certo essere sanata dall'intervento "a regime" dei supplenti, che di fatto sono assurti a titolari in ragione della permanente e definitiva assenza o impedimento dei titolari eletti.

La mancata ricostituzione della componente non togata, di fatto ridotta alla metà e neppure reintegrabile dai supplenti (previsti solo per la componente togata), aggrava il vulnus di rappresentatività complessiva dell’organo.

Per quanto può valere, a ciò deve aggiungersi lo scarso rispetto degli elettori togati che, oramai da epoca risalente, si sono espressi e hanno votato i loro nuovi rappresentanti, i quali entreranno nell'esercizio delle funzioni in un momento nel quale potrebbero già non rispecchiare più il corpo elettorale (per effetto di nuove corpose immissioni in servizio nelle more intervenute).

Si tratta, ovviamente, di una evenienza fisiologica, ma è un dato di fatto, aggravato dall'ulteriore circostanza che, quanto più tardi si costituirà il nuovo organo, tanto più tardi lo stesso compirà il quadriennio; con la conseguenza che ad ora, pur al netto della, oramai ineliminabile, fase di "prorogatio", diventata pressoché una regola, nessuno è in grado di prevedere la presumibile epoca delle nuove elezioni.

Inutile dire che l’interesse pubblico al corretto funzionamento dell’organo di autogoverno della Giustizia amministrativa deve prevalere su logiche politiche non ulteriormente difendibili, tanto più ove si consideri che ben diversa è stata l’attenzione rivolta alla celere ricostituzione del CSM, mediante la rapida elezione della sua componente laica.

Per tutto quanto sopra esposto, la redazione di PrimoGrado auspica che l’elezione dei laici avvenga quanto prima, considerando che ogni giorno di ritardo, ormai, invera e aggrava un pregiudizio non riparabile per la giustizia amministrativa tutta.

D’altra parte, e de iure condendo, ove mai Camera e Senato vogliano rimanere per il futuro “legibus soluti” anche nel “quando” della scelta, dovrebbe ragionevolmente e coerentemente consentirsi quantomeno l’ingresso della componente togata eletta in sostituzione dei togati decaduti; il che potrebbe avvenire mediante un non complesso intervento legislativo, che renda flessibile quanto previsto dal sopra richiamato art. 7 della L. 186/1982.

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