Ho riflettuto a lungo prima di accettare la candidatura al prossimo Csm propostami da  Magistratura Indipendente.

Tante sono le attese e grandi sono le responsabilità che graveranno sul prossimo Cdm, ma, alla fine, è prevalso il senso di “responsabilità”.  È quello stesso slancio ideale che ho sempre avuto in tutta la mia carriera di giudice: essere magistrato al servizio della legge, della giustizia e delle Istituzioni.

Dunque, impegnarmi oggi nell’organo di autogoverno significa cogliere l’ultima irripetibile occasione per concorrere al cambiamento necessario a ridare credibilità, autorevolezza e prestigio all’organo consiliare e, soprattutto, alla magistratura.

La mia esperienza

La mia è un’esperienza di “lungo corso”. Sono entrata in magistratura nel settembre del 1992. Erano gli anni delle stragi di mafia degli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e del giudice “ragazzino” Rosario Livatino, eventi che da giovane studente hanno profondamente segnato la mia formazione umana, culturale e professionale.

Ho svolto dapprima le funzioni di Pubblico Ministero presso la Procura Circondariale di Alessandria per otto anni e, successivamente, sono approdata alla Procura del Tribunale di Torino.

Dopo una breve ma formativa esperienza di fuori ruolo, sono passata a ricoprire le funzioni giudicanti Anzio e Albano (sedi distaccate del Tribunale di Velletri) per poi ricoprire il ruolo di g.i.p./g.u.p. presso il medesimo tribunale. Nel 2011 mi sono trasferita a Roma dove per dieci anni ho svolto le funzioni di g.i.p./g.u.p raggiungendo il limite della  decennalità. Attualmente esercito le mie funzioni al dibattimento penale del Tribunale di Roma come giudice a latere nella sezione specializzata che si occupa della delicata materia del c.d.codice rosso

Nel corso della consiliatura 2010 -2014 sono stata nominata componente del Cpo presso il Csm e nell'aprile del 2016 sono stata eletta al Consiglio Giudiziario presso la Corte d'appello di Roma nonché componente della Commissione flussi.

Si è trattato di esperienze importanti che mi hanno consentito di maturare  competenza nel settore ordinamentale, di  guardare da una prospettiva privilegiata molti temi, in particolare  quelli organizzativi, di verificare le difficoltà e le tante criticità che affliggono i nostri uffici giudiziari a causa della scarsità delle dotazioni organiche ( del tutto insufficienti le strumentazioni a supporto dell’attività giudiziaria come i sistemi di videocollegamento e le postazioni informatiche ), delle croniche scoperture (carenza di magistrati e di personale amministrativo), delle carenze strutturali (edifici giudiziari fatiscenti e poco consoni sotto il profilo del decoro e della dignità estetica) , che sono le vere emergenze e i veri bisogni della magistratura.

Ma i bisogni non sono stati ascoltati e le attese sono state deluse.

La riforma Cartabia

Si è partorita una riforma orientata a  “trasformare la fisionomia del magistrato”.

Una riforma che  accentua la deriva iperproduttivistica, che tende alla verticalizzazione degli Uffici giudiziari nella misura in cui anche per i giudicanti di merito al pari di quanto già avviene per i requirenti si riconosce un eccessiva discrezionalità ai Dirigenti, che valorizza nelle valutazioni di professionalità l’esito dei provvedimenti nelle fasi o nei gradi successivi del procedimento, che introduce ulteriori criteri di indeterminatezza negli illeciti disciplinari.

Una riforma sulla quale il futuro Csm sarà chiamato a dare una interpretazione costituzionalmente orientata delle circolari consiliari al fine di preservare le prerogative costituzionali di indipendenza e autonomia della magistratura. 

Una riforma, quella voluta dal Ministro Cartabia, che presenta il rischio concreto, in una distorta ottica manageriale, di trasformare i Tribunali in  “aziende” dove sarà difficile coniugare la quantità con la qualità della risposta giudiziaria e dove, in assenza di un riferimento quantitativo certo e predeterminabile (cd.carico esigibile), sarà più facile scaricare sul singolo magistrato le disfunzioni e i ritardi della macchina giudiziaria. 

Allora, se queste sono le premesse, il futuro Csm dovrà avere a cuore l’indipendenza interna ed esterna della magistratura.  Non è solo una questione che attiene al corretto funzionamento del Consiglio, bensì, riguarda lo status stesso dei magistrati che devono essere immuni da condizionamenti esterni che possono comprometterne l’indipendenza e l’ autonomia.  Sarà indispensabile eliminare le occasioni e gli ambiti di potenziale intervento delle correnti o di qualsiasi altro soggetto esterno e fare in modo che il magistrato venga valutato per la qualità dei provvedimenti resi, per la sua diligenza e per le sue capacità  organizzative.

Occorre trovare un percorso virtuoso di miglioramento delle procedure. Sono necessari parametri chiari, trasparenti e oggettivi a regolazione dell'esercizio dell'azione dell'organo di autogoverno. A tal fine sarà prioritaria la semplificazione della normativa secondaria, riducendo gli adempimenti burocratici amministrativi che coinvolgono periodicamente i magistrati, come in occasione dell'autorizzazione all'espletamento di incarichi extragiudiziari. Ne è plastico esempio, una recente circolare in materia di esercizio della giurisdizione tributaria che ha previsto un penetrante controllo sulla compatibilità con l’attività ordinaria.  

Le nomine

Sarà prioritario l’accelerazione dell’iter delle decisioni consiliari scongiurando le riprovevoli attese per le nomine di Dirigenti di importanti Uffici giudiziari. A tal fine, il Consiglio dovrà assicurare il deposito delle motivazioni  della proposta di nomina del dirigente  entro termini certi; garantire una trattazione trasparente e calendarizzata (soprattutto, rispetto alle vacanze) degli argomenti all'ordine del giorno, escludere la possibilità di una revoca della domanda successivamente alla formalizzazione della proposta da parte della commissione.

Sarà prioritaria un’efficace pubblicità  e trasparenza nella comunicazione consiliare che consenta a tutti i magistrati, attraverso l’implementazione del sito istituzionale del Csm, di conoscere in tempo reale e nel rispetto della privacy lo stato di avanzamento delle procedure consiliari.     

Il futuro Csm dovrà avere a cuore la trasparenza e prevedibilità delle decisioni. Altro tema centrale nell'agenda del prossimo Csm riguarda  la “carriera dei magistrati”. Da quando con la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006   gli  incarichi direttivi e semi direttivi sono diventati temporanei e sganciati dal criterio dell'anzianità si è diffuso  il convincimento -alimentato da alcuni casi relativi all’annullamento da parte del giudice amministrativo di nomine di direttivi di importanti Uffici Giudiziari-   che l'assegnazione da parte del CSM di tali incarichi avvenga, prevalentemente, sulla base dell'appartenenza all'uno o all'altro gruppo associativo.  Indipendentemente dalla fondatezza di tale convincimento un dato è certo: vi sono stati casi in cui l’organo di autogoverno non ha fatto buon uso della sua discrezionalità eccedendo ed esponendo le nomine alle censure del giudice amministrativo.

Dobbiamo, pertanto, salvaguardando l’ineliminabile discrezionalità che la Costituzione riconosce all’organo di autogoverno autonomo della magistratura, perseguire l’obiettivo di rendere più chiare e intellegibili le regole che presiedono ai criteri di nomina dei Direttivi e quindi una maggiore  trasparenza delle scelte adottate  nel rispetto della legge e dei canoni di ragionevolezza.

Anzianità e merito

Al fine di rendere i criteri di nomina conoscibili ex ante, prevedibili ed oggettivi dovremo valorizzare maggiormente l’anzianità rendendola concorrente con il criterio del merito e delle attitudini.  Tale obiettivo potrà essere raggiunto attraverso proposte concrete come la previsione delle cd. ”fasce di anzianità”, criterio oggettivo che dovrà tener conto sia, degli anni di effettivo svolgimento delle funzioni giurisdizionali che dello svolgimento di funzioni omologhe rispetto a quelle del posto messo a concorso. Analogamente dovremo essere più rigorosi al momento delle conferme e capire se un  dirigente è realmente abile nel portare avanti i compiti che l'ordinamento gli assegna per non promuovere chi non è stato all'altezza del compito e, nel contempo, per non privarsi di professionalità competenti.

Ogni magistrato deve pretendere di avere un dirigente che sappia organizzare al meglio l'ufficio giudiziario così da coinvolgere in modo positivo i magistrati verso una sempre maggiore efficienza anche quantitativa da raggiungere però in condizioni di serenità personale e nel rispetto di standard di ordine qualitativo e quindi con l'introduzione di parametri di definizione ragionevoli (carichi esigibili).

La necessità della individuazione dei carichi esigili ovvero di una soglia minima  di procedimenti definiti come valvola di sicurezza del singolo magistrato  è stata in parte disattesa dalla  Riforma Cartabia. 

La previsione nella  legge Cartabia è di sostituire i carichi esigibili con i “risultati attesi”: nei programmi di gestione redatti annualmente dai Capi degli Uffici dovranno essere  determinati per ciascuna sezione o, in mancanza, per ciascun magistrato i “risultati attesi” sulla base dell'accertamento dei dati relativi al quadriennio precedente e di quanto indicato nel programma di cui all’art.4 del decreto legislativo 25 luglio 2006 n.240.

La legge accenna però ai “limiti dei carichi esigibili di lavoro individuati dai competenti organi di autogoverno”. Il compito del futuro Csm dovrà essere, una volta per tutte, quello di individuare un carico unico e omogeneo a livello nazionale con l'inserimento di coefficienti correttivi che tengano conto della specificità del contesto lavorativo, così da evitare ricadute automatiche al momento delle valutazioni di professionalità.

La copertura degli organici

Infine, torno nuovamente a quanto già accennato, in ordine alle risorse, per ribadire che priorità assoluta  del futuro Csm deve essere la copertura degli organici. Il Consiglio dovrà intervenire per coprire gli organici degli uffici giudiziari e promuovere iniziative volte a rafforzarli, in modo che vi sia un numero di magistrati  adeguato alle numerose richieste di giustizia.

Così, solo, potremo scongiurare il pericolo, oggi denunciato da più parti, di una paralisi del sistema giustizia. Solo con risorse di uomini e mezzi, la  magistratura  sarà in grado di esprimere la propria legittima indipendenza e autonomia rispetto agli altri poteri dello Stato, di  recuperare la propria credibilità e autorevolezza di fronte al corpo sociale, di svolgere la propria funzione in modo celere ed efficace oltre che giuridicamente corretto.  

                                                                                                                                  

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