Sarebbe ora di uscire dalle secche di una tripartizione dei poteri da manuale di primo Novecento e riconoscere l’attività di un corpo, quello della magistratura, che, nel bene e nel male, opera da supplente di un Parlamento che da decenni aggira bellamente le urgenze segnalate dalle Corti
Da decenni il dibattito italiano sulla riforma della Costituzione s’incarognisce sul tema dei poteri dell’esecutivo, ritenuto troppo esposto alla volubilità delle maggioranze parlamentari. Nei quartieri della destra (ma non solo) si auspica quindi un premierato forte o persino il presidenzialismo. A questa devozione per la stabilità, come per un istinto pavloviano, si associa il richiamo al ruolo della magistratura quale “bocca della legge”. Il giudice, si dice, ha da applicare la legge segu



