Dentro le mura di palazzo Spada è in corso un duro scontro, che ha avuto al centro l’acquisto dell’immobile del Tar Lazio e ha lasciato sul campo una vittima eccellente: il segretario generale Michele Corradino. La vicenda scoperta da Domani ha al centro il problema annoso dell’edificio che ospita il Tar più importante d’Italia, in via Flaminia 189 a Roma e che attualmente è occupato sine titulo. Manca quindi un regolare di contratto di locazione e lo Stato corrisponde un canone di occupazione al fondo proprietario, il Trophy Value Added della DeA Capital Real Estate Sgr, la società di gestione del risparmio del gruppo De Agostini.

La giustizia amministrativa aveva da tempo l’obiettivo di acquistare un immobile oppure individuare un nuovo spazio già di proprietà del demanio, così da smettere di pagare l’affitto.

La compravendita

La procedura si è accelerata negli ultimi mesi sotto la guida del Consiglio di Stato del nuovo presidente, Luigi Maruotti, che ha preso il posto di Franco Frattini, scomparso prematuramente l’anno scorso. La procedura è stata formalmente svolta dall’agenzia del demanio e le interlocuzioni con la DeA erano già cominciate prima della pandemia, con l’obiettivo di acquistare l’immobile in cui già il Tar Lazio si trova.

Inizialmente la richiesta era di 70 milioni di euro più iva, poi – a quanto risulta da una nota del demanio presentata al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa – il prezzo è stato rideterminato nel 2022 a 57,3 milioni più iva. Tra le valutazioni c’è stata anche quella che a questa cifra non si devono sommare spese di trasferimento, visto che gli uffici giudiziari rimarrebbero dove sono.

Il costo rimane comunque decisamente alto. Si tratta di una zona abbastanza centrale ma va considerato lo stato dell’edificio: per una superficie di circa 10mila metri quadri, il prezzo è di oltre 6mila euro al metro quadro.

Inizialmente anche il presidente Maruotti aveva ritenuto fosse necessario un surplus di riflessione sull’acquisto, poi invece è arrivata la scelta di accelerare e proprio in questo lasso di tempo si è consumata la rottura con il suo segretario generale.

Le dimissioni

Corradino, già presidente della Terza sezione del Consiglio di Stato e di ritorno dopo sei anni di lavoro presso l’autorità Anticorruzione, scettico sulla congruità del prezzo, avrebbe infatti suggerito di attendere ancora e tentare di vagliare altre ipotesi. Ma soprattutto di fare un ulteriore approfondimento istruttorio per verificare la correttezza di tutte le procedure, visto che il procedimento era stato fatto nella gestione precedente e l’ammontare significativo della spesa.

Negli anni precedenti, infatti, erano state individuate anche altre possibili soluzioni: era emersa e poi tramontata l’ipotesi di trasferire il Tar Lazio a villa Pamphili o di acquistare altri immobili a prezzi inferiori su via Salaria o a Trastevere, che però erano poi stati considerati non idonei.

Secondo una tesi portata in Consiglio di presidenza dal consigliere laico Salvatore Sica, si sarebbe infatti potuta svolgere una ulteriore e più specifica ricerca tra gli immobili «di proprietà del demanio militare» (anche se il demanio in nota aveva informato di aver vagliato anche edifici non meramente demaniali) così da evitare esborsi. Il Tar Milano, infatti, ha trovato collocazione proprio in un ex immobile del ministero della Difesa.

Invece, Maruotti ha prima accolto il suggerimento di Corradino di prendere tempo, poi cambiato idea e scelto di imprimere una accelerazione all’acquisto, che dovrebbe concludersi ormai in tempi rapidi.

Formalmente, infatti, il Consiglio di Stato ha già ottenuto l’atto dell’ufficio gestione della giustizia amministrativa che conferma la copertura finanziaria di bilancio dell’operazione e approvazione del Mef delle operazioni di acquisto, previste nei piani triennali di investimento 2023-2025, oltre al nulla osta della terza commissione del Consiglio di presidenza.

Uno scambio di lettere poi ha certificato la differenza di visioni: per Corradino i più di 60 milioni erano troppi, il presidente invece ha ritenuto di procedere con l’acquisto. Per questo è maturata la decisione di dimissioni di del segretario generale, arrivata il 5 maggio scorso.

La scelta ha provocato un piccolo terremoto: il magistrato, infatti, era stato nominato dallo stesso Maruotti in gennaio e non c’è memoria recente di dimissioni anticipate. Per prassi, il segretario generale segue la durata della presidenza che lo ha nominato e si dimette – anche prima del termine previsto per il ruolo, di cinque anni – quando si conclude il mandato del presidente. Uno strappo quindi non di poco conto, che internamente ha provocato non poco stupore.

Ora Corradino tornerà a presiedere una sezione del Consiglio di Stato, il presidente Maruotti invece dovrà nominare un nuovo segretario generale.

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