Mentre l’iter del ddl Nordio prosegue in commissione Giustizia al Senato, che ha già approvato l’articolo che abroga l’abuso d’ufficio, arrivano i primi avvertimenti dal fronte europeo.

Il portavoce della commissione europea per la Giustizia, Christian Wigand, ha infatti detto che la commissione è a conoscenza della proposta di legge italiana e che seguirà gli sviluppi. Tuttavia, ha avvertito, l'approvazione della norma potrebbe avere «un'impatto sulla lotta alla corruzione» e «la lotta alla corruzione è una priorità assoluta per la Commissione. Abbiamo adottato un pacchetto di misure anticorruzione a maggio per rafforzare la prevenzione e la lotta alla corruzione».

Poi ha concluso con una precisazione sulle iniziative europee: «Come spiegato nel nostro ultimo rapporto sullo stato di diritto a luglio 2023, queste modifiche proposte depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero avere un impatto sull'effettiva individuazione e lotta alla corruzione». 

Le parole arrivano come un avvisaglia chiara, che si somma al tentativo di moral suasion che anche il Quirinale aveva messo in atto nei confronti del governo, proprio quando il ddl Nordio aveva ottenuto il via libera in consiglio dei ministri.

Ma per la Lega le considerazioni delle istituzioni europee sono «l’ennesima intromissione in vicende che riguardano solo l’Italia e gli italiani», scrive il partito in una nota. E si difende: «Il governo è determinato a far lavorare sindaci e imprenditori: secondo il Ministero della Giustizia, dal 2019 al 2022 ci sono stati in totale 21.278 procedimenti con appena 202 condanne, lo 0,95 per cento».

I rilievi del Colle

I rilievi del Colle riguardavano eventuali profili di incostituzionalità del testo. 

L’abolizione del reato potrebbe essere in contrasto con le previsioni dei trattati internazionali e in particolare con la convenzione Onu di Merida, che l’Italia ha sottoscritto e che prevede gli strumenti di contrasto alla corruzione.

Proprio questo è il rilievo che il Colle ha evidenziato al governo in via informale e che rimane valido anche ora. Anche perché, viene fatto notare, l’articolo 117 della Costituzione dice che lo stato e le regioni devono rispettare la Carta, l’ordinamento comunitario e gli obblighi internazionali. E «spesso lo si dimentica». Farlo in questo caso, però, sarebbe un errore che è già stato evidenziato dalla presidenza della Repubblica e di cui palazzo Chigi non potrà non tener conto. Inoltre in Ue è in discussione una direttiva europea anticorruzione che prevede espressamente il reato di abuso d’ufficio per tutti gli stati membri.

Nordio stesso ha dato assicurazioni che, secondo la sua opinione di giurista, questo rischio di contrasto con la convenzione di Merida non esisterebbe, perché essa impone un obbligo di incriminazione per le sole fattispecie corruttive, mentre rimette alla scelta degli stati membri quella sull’abuso d’ufficio.

Il rischio politico, però, rimane assolutamente realistico: l’abrogazione del reato potrebbe non essere firmata dal Quirinale perché solleva dubbi di costituzionalità e quindi verrebbe rimandata alle camere, oltre a mettere sull’attenti l’Unione europea rispetto a una sottovalutazione in Italia del contrasto alla corruzione.

E ora arriva anche un altro segnale d’allarme dall’Unione europea. Bisognerà aspettare di vedere se verrà recepito a livello di maggioranza o se la decisione politica sia quello di tirare dritto.

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