Non ha mai fatto mistero di quel che pensa, il ministro della Giustizia Carlo Nordio: lo ha ripetuto sempre anche lui, in parlamento e nelle interviste. Come a dire, apparentemente rivolto alle opposizioni ma probabilmente più a beneficio della maggioranza che lo sostiene: «Sapevate da prima chi ero, non stupitevi ora».

In effetti, chi lo segue da tempo non si è stupito nell’ascoltare le sue dichiarazioni sulle intercettazioni, sulla separazione delle carriere, sull’abuso d’ufficio e più recentemente quelle sul concorso esterno in associazione mafiosa.

Del resto, per conoscerle basta acquistare uno dei suoi saggi editi da Guerini e associati, recuperare gli editoriali che scriveva sul Messaggero e leggere la relazione della commissione per la riforma del codice penale da lui presieduta nel 2002.

È altrettanto vero, però, quello che disse in gennaio il suo sottosegretario Andrea Delmastro, scelto dalla premier Giorgia Meloni proprio per tenerne a bada l’impeto: «Le stesse identiche giustissime parole pronunciate dal Nordio giurista in un convegno sono accolte in maniera diversa se le dice il Nordio ministro, in conferenza stampa».

Invece, più va avanti, meno il ministro sembra intenzionato a scindere il Nordio-editorialista dal Nordio-ministro. Incurante del fatto che ogni dichiarazione pesa e ogni ipotesi di riforma da lui avanzata – l’ultima quella di rimodulare il concorso esterno in associazione mafiosa – si riverbera sulla sua maggioranza, e soprattutto sui partiti che la compongono e che in tema di giustizia non hanno sempre una visione univoca.

Eppure, proprio perchè tutte le sue recenti proposte legislative sono effettivamente ritrovabili nei suoi scritti, proprio lì ci si può esercitare a individuare altre riforme vicine al cuore del guardasigilli.

Immunità parlamentare

Dell’immunità parlamentare «Si fece uso e abuso, talvolta ai limiti della vergogna, ma, visto retrospettivamente, fu una buona salvaguardia della volontà popolare», scriveva Nordio nel saggio del 2010 In attesa di giustizia, scritto a quattro mani con Giuliano Pisapia. Nel dirsi favorevole alla reintroduzione dell’immunità parlamentare soppressa nel 1993 in piena Tangentopoli, spiegava che questo strumento servirebbe a impedire alla maggioranza di redigere leggi ad personam e all’opposizione di servirsi delle sentenze per fare lotta politica.

La questione è tornata di dibattito anche recentemente, ripresa su questo giornale dal segretario generale di Magistratura indipendente, Angelo Piraino, come soluzione possibile dopo lo scontro di questi giorni tra governo e toghe intorno ai casi di Daniela Santanchè e Andrea Delmastro.

Eutanasia

Da liberale, uno dei temi che il ministro ha spesso affrontato è quello dell’eutanasia. Ne ha scritto sul Messaggero nel 2017, quando esplose il caso di dj Fabo. Ragionando sul reato che punisce il suicidio assistito, scriveva che «questa espropriazione del diritto all’autodeterminazione si è saldata con le due dottrine ispiratrici della costituzione, quella marxista e quella cattolica».

Nordio ha criticato «l’ipocrisia del nostro legislatore» che «continua a indugiare sulle varie proposte di riforma da tempo giacenti in parlamento» e, a fronte delle spese sostenute da chi è costretto ad andare all’estero, si chiede se «è possibile e logico che una persona mantenuta in vita contro la sua volontà e con forti spese di assistenza e cura debba anche faticare per trovare le risorse per porvi fine».

La magistratura

Sempre in In attesa di giustizia, Nordio spiega le tre urgenti riforme costituzionali: la separazione delle carriere (che ha già trovato l’accordo nel governo), ma anche il sorteggio temperato per l’elezione del Csm (proposta che ora è in commissione giustizia alla Camera, depositata da Pierantonio Zanettin di Forza Italia) con la riformulazione della sua struttura con due consigli separati in funzione delle carriere separate.

A questo, aggiunge la responsabilità dei pm, visto che «sono l’unico organismo al mondo che goda di un potere senza equivalente responsabilità».

L’azione penale

Alla riforma della magistratura, però, considera fondamentale affiancare anche una riforma del processo con «l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale».

In queste tre riforme insieme si articola, infatti, la visione del ministro di un modello accusatorio compiuto, come lo avrebbe voluto la riforma Vassalli del 1988. A questo, il ministro aggiunge anche un ulteriore istituto: la ritrattabilità, ovvero la rinuncia a continuare un processo che si riveli ingestibile e che rende ineseguibile una eventuale sentenza di condanna.

Nota di colore: una delle proposte forse più audaci di Nordio è quella di riscrivere completamente la Costituzione, a partire dal primo articolo: «I tempi sono maturi per una rivoluzione liberale» che «ci risparmi, anche lessicalmente, le petulati litanie di un marxismo defunto». A cominciare dall’articolo 1: «Non più una repubblica democratica fondata sul lavoro, ma una Patria fondata sulla libertà». Il concetto di Patria usato da Nordio in tempi non sospetti è nelle corde di Meloni, la riforma però sarebbe oggettivamente ostica.

Al netto delle iperboli saggistiche, la premier farebbe bene a rileggere il saggio del suo ministro per sapere in anticipo a quali nuove polemiche – con i magistrati o dentro la sua maggioranza – andrà incontro.

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